Tra i dibattiti più vivaci sull’AI generativa c’è anche quello relativo alla tutela del diritto d’autore di un’opera generata dall’intelligenza artificiale, a fornire lumi è il Copyright Office statunitense (USCO) con una guida in quattro sezioni.
La decisione del Copyright Office – USCO
Alla domanda se le opere generate da modelli di intelligenza artificiale (AI) generativa siano coperte o no dal diritto d’autore, l’ufficio del copyright degli Stati Uniti – USCO ha dato risposta negativa, confermando la tesi “antropocentrica” del diritto d’autore.
L’USCO lo ha poi precisato in una guida in cui sottolinea sostanzialmente l’importanza della creatività umana quale elemento essenziale per determinare se un’opera possa o meno ottenere la protezione del diritto d’autore.
Cosa dice la Guida dell’USCO
Lo scorso 16 marzo 2023, il Copyright Office, cd USCO, l’agenzia federale Usa incaricata di amministrare il sistema di registrazione del copyright, per rafforzare la sua opinione ha prodotto una guida in cui il messaggio è chiaro: “…human authorship is a prerequisite to copyright protection in the United States and that the Work therefore cannot be registered”.
In pratica, il must have è: per poter registrare un’opera la stessa deve essere creata da un essere umano.
D’altra parte, la legge sul diritto d’autore protegge a oggi solo “i frutti del lavoro intellettuale” che “si fondano sui poteri creativi della mente”.
Occorre, in altri termini, che gli utenti/esseri umani esercitino un totale controllo sui sistemi e sulle loro implicazioni/istruzioni necessarie per generare materiale.
Per questi motivi, dunque, gli attuali modelli di intelligenza artificiale non sono in grado di generare opere protette da copyright; o almeno, per ora.
La struttura
Nella struttura la Guida si compone di quattro sezioni.
Il requisito della “paternità umana” è al centro della seconda sezione in cui si cita, come esempio, il caso dello scimpanzé Naruto a cui rifiutò la registrazione di un selfie poiché il Copyright Act si riferisce a “figli”, “vedova”, “nipoti” e “vedovi” di un autore, non anche gli animali, evidentemente esclusi.
La terza sezione si interroga invece “…se l’opera” sia fondamentalmente una paternità umana, con il computer [o altro dispositivo] che è semplicemente uno strumento di assistenza, o se gli elementi tradizionali della paternità nell’opera (espressione letteraria, artistica o musicale o elementi di selezione, arrangiamento, ecc.) siano stati in realtà concepiti ed eseguiti, non dall’uomo, ma da una macchina.’’
L’ultima sezione si occupa di chi fa richiesta del diritto d’autore, specificando come questi abbia il dovere di rendere nota l’inclusione di contenuti generati dall’intelligenza artificiale in un’opera presentata per la registrazione, fornendo anche una breve spiegazione dei contributi d’autore.
In pratica, occorre compilare il campo ‘’Creato dall’autore’’ e dichiarare: ‘”Selezione, coordinamento e disposizione di [descrivendo il contenuto creato dall’uomo] creato dall’autore e [descrivendo il contenuto AI] generato da artificiale intelligence.”
Il caso Thaler
Nel 2018, Stephen Thaler, noto sostenitore della paternità algoritmica della proprietà intellettuale su più fronti, specialmente quello brevettuale, aveva presentato la domanda al Copyright Office per registrare l’opera figurativa intitolata “Creativity Machine’s A Recent Entrance to Paradise” attribuendone l’origine all’algoritmo dal nome Creativity Machine e la titolarità al medesimo in quanto proprietario, invocando la work-for-hire doctrine.
La tesi non ha tuttavia retto e l’USCO, lo scorso febbraio 2023, ha respinto la domanda affermando (prima di editare la Guida in commento) che la work-for-hire doctrine, sebbene permetta di attribuire la paternità di un’opera dell’ingegno anche a entità diverse dalle persone fisiche, non possiede capacità giuridica come per esempio hanno le società.
Ulteriori interrogativi sulla protezione dell’arte digitale
Se un’opera generata dall’intelligenza artificiale per gli Stati Uniti non merita una tutela autorale in difetto dell’intervento della creatività umana, ci chiediamo: cosa succede in Italia? Ad oggi, è escluso che la macchina o l’AI generativa possa essere identificata come autrice dell’opera.
Tale questione si inserisce nel più ampio tema della protezione dell’arte digitale, nota altresì come digital art o computer art quale pratica artistica che utilizza la tecnologia digitale come mezzo del processo creativo o di presentazione espositiva.
Il vero problema della digital art riguarda la possibilità di tutelarne il prodotto attraverso il diritto d’autore o, in alternativa, di individuare ulteriori strumenti idonei a garantire la protezione all’autore dell’opera creativa. Il nodo della questione, là dove l’opera venga realizzata interamente da una AI generativa, risiede nella possibilità di qualificare la stessa (AI) come “autore”, ponendo attenzione alla misura e alla qualità dell’intervento umano rispetto all’operatività del software.
AI generativa, tra copyright e privacy
È ormai nota la questione di ChatGPT e il momentaneo blocco richiesto/imposto dal nostro Garante Privacy; tralasciando le questioni e il dibattito annesso in punto di data protection, per quanto qui ci interessa, è bene ribadire che le macchine e gli algoritmi di intelligenza artificiale generativa non possono essere (ancora) considerati come autori e i loro risultati non possono essere protetti da copyright, ad oggi.
Sull’onda di questo principio, l’USCO è tanto netto quanto drastico nell’affermare che “…se gli elementi tradizionali di paternità di un’opera saranno prodotti solo dalla macchina, l’opera mancherà di paternità umana e l’Ufficio non la potrà registrare”. Il copyright, quindi, non è applicabile alle opere dell’AI generativa.
In definitiva, tutto dipenderà dalle circostanze, caso per caso, monitorando costantemente il funzionamento dell’AI e il suo utilizzo.
Conclusioni
È probabile che, come ci sono già stati, vi saranno altri di tentativi di aprire una breccia per ampliare il perimetro del diritto d’autore alle creazioni automatizzate dell’intelligenza artificiale, pur auspicando che la teoria personalistica/umana del diritto d’autore regga ancora a lungo.