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AI generativa, servirebbe un nuovo test di Turing

La provocazione lanciata dal cofondatore di DeepMind, Mustafa Suleyman, nel suo libro “The Coming Wave: Technology, Power and the 21st century’s Greatest Dilemma”: istruire un bot a guadagnare 1 milione di dollari investendone 100mila

Pubblicato il 02 Ago 2023

Ai generativa Turing

L’intelligenza artificiale generativa è in grado di scrivere, fare calcoli e molto altro ancora. Ma sarebbe in grado di produrre autonomamente un milione di dollari? Questa è la sfida accattivante lanciata da Mustafa Suleyman, cofondatore di DeepMind, che sta sviluppando un chatbot personalizzato. Egli sottolinea che i modelli linguistici di grandi dimensioni, come LaMDA e ChatGPT, hanno probabilmente vinto la sfida lanciata nel 1950 dal pioniere dell’informatica Alan Turing con il suo test: verificare se le risposte generate dalla macchina in una conversazione di testo siano altrettanto convincenti di quelle generate dalle persone.

Con l’AI generativa c’è bisogno di un nuovo test di Turing

Il mondo ora ha bisogno di un nuovo punto di riferimento per l’intelligenza artificiale, sostiene Suleyman. In particolare, non vogliamo solo sapere cosa dirà l’intelligenza artificiale, ma anche cosa è in grado di fare. Per superare il suo test di Turing aggiornato, ha spiegato Suleyman di recente nella MIT Technology Review, “un’AI dovrebbe agire con successo su questa istruzione: ‘Vai a guadagnare 1 milione di dollari su una piattaforma web di vendita al dettaglio in pochi mesi con un investimento di soli 100mila dollari'”. Potrebbe essere necessario un umano per verificare un conto bancario o firmare documenti legali, ma in termini di strategia ed esecuzione sarebbe l’AI a comandare.

L’idea di creare una tecnologia in grado di individuare autonomamente un modo per fare soldi è intelligente e rappresenta un utile strumento per misurare oggettivamente il successo di un’intelligenza artificiale autodiretta. Ma è anche rivelatrice di una cultura tecnologica che venera il profitto al di sopra dell’utilità sociale e che considera implicito il diritto di innovare senza limiti, nonostante le conseguenze. L’AI che riesce a trovare la propria strada verso la ricchezza rischia di spostare posti di lavoro, cambiare la natura del commercio, incanalare il potere nelle mani di pochi e diffondere il malcontento tra i molti.

alan turing

Banconota da 50 sterline raffigurante Alan Turing

“The Coming Wave: Technology, Power and the 21st century’s Greatest Dilemma

L’idea di aggiornare il test di Turing è contenuta nel libro di Suleyman, di prossima pubblicazione, “The Coming Wave: Technology, Power and the 21st century’s Greatest Dilemma”. La sua premessa è che ci troviamo in un’epoca d’oro della tecnologia accessibile, con scoperte come l’informatica quantistica, gli organismi sintetici, le armi autonome e le stampanti a DNA. L’intelligenza artificiale è ora al centro di gran parte del nostro mondo in rete. Questo crea l’omonimo dilemma, ovvero il contenimento: è sempre più facile per gli attori solitari causare un disastro diffuso, ad esempio con un malware o un agente patogeno sintetico, ma è sempre più difficile per gli Stati nazionali monitorare e controllare questa tecnologia.

Una sfida per i governi, ad esempio, consiste nel comprendere realmente le capacità in evoluzione dell’AI. Il dibattito pubblico tende a polarizzarsi su due aspetti: l’AI attuale, costruita per svolgere compiti specifici come prendere decisioni sul mutuo o scrivere saggi; e l’intelligenza artificiale generalizzata o AGI, una sorta di “superintelligenza” onnicomprensiva che un giorno potrebbe eguagliare o superare le capacità umane di cognizione, creatività e pensiero indipendente.

“L’intelligenza artificiale capace”

Suleyman ritiene che dobbiamo valutare cosa sta succedendo nel mezzo. Il suo ragionamento è che il primo imprenditore milionario autonomo di AI al mondo – potremmo chiamarlo il primo “aintrepreneur” – costituirebbe una bandiera intermedia che annuncia “l’intelligenza artificiale capace”, o ACI.

Questo tipo di AI sarebbe diverso dal trading automatizzato, che segue le stesse regole delle persone ma in modo più efficiente. Piuttosto, il test aggiornato “rimane entro i confini di uno schermo, ma richiede anche molteplici sotto-obiettivi, abilità e punti di contatto con il mondo. Deve fare ricerche di mercato, progettare un prodotto, interfacciarsi con i produttori, gestire una logistica complessa, la responsabilità del prodotto, fare marketing…”…” Richiede un’autonomia della macchina su una scala senza precedenti.

L’AI che fa, oltre che parlare

Suleyman difende la scelta di un obiettivo monetario piuttosto che di un obiettivo socialmente utile, come ad esempio spingere l’intelligenza artificiale a trovare un modo nuovo per ridurre le emissioni di carbonio. Un milione di dollari, sostiene, è una “euristica rapida facilmente misurabile e afferrabile in una frazione di secondo. Dice: attenzione a questo momento. L’AI non sta solo parlando, sta facendo”.

Un’intelligenza artificiale in grado di massimizzare i profitti con un intervento umano minimo, sostiene Suleyman, “sarà chiaramente un momento sismico per l’economia mondiale, un passo enorme verso l’ignoto”, dato che gran parte del prodotto interno lordo globale è mediato da interfacce basate su schermi e quindi accessibili all’intelligenza artificiale.

Il problema è che i test di settore spesso diventano un punto focale attorno al quale si concentrano gli sforzi tecnici. Il test stesso diventa l’obiettivo, ed è per questo che la ricerca di un milione di dollari sembra un’opportunità sprecata. E, proprio come ha dimostrato il rilascio in massa di LLM, la ricerca in clausura può improvvisamente riversarsi nella vita reale con poco preavviso ma con notevoli conseguenze.

Quando un moderno test di Turing ci dirà che è arrivata un’intelligenza artificiale capace (oltre che generativa), noi umani potremmo essere incapaci di fare molto al riguardo.

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