Qualcuno lo chiama il nuovo triumvirato. IoT, Intelligenza Artificiale, Cloud non possono che andare di pari passo, in una sorta di interdipendenza che si alimenta in continuazione. In effetti, laddove l’Internet of Things connette molteplici dispositivi e sensori che raccolgono dati eterogenei, Analytics, Machine Learning e Intelligenza Artificiale sono gli strumenti con i quali questi dati vengono analizzati e trasformati in informazioni utili, a supporto di decisioni strategiche e di business. È l’essenza di quella che oggi chiamiamo data driven economy, vale a dire una economia guidata dall’intelligenza dei dati e dall’intelligenza sui dati.
Il cloud per la data driven economy
Ma perché di data driven economy si possa davvero parlare, è necessario che la visione di business trovi riscontro in una visione tecnologica coerente, in grado di supportare il cambiamento in atto. Non v’è dubbio che il cloud rappresenti la risposta alle nuove richieste, per almeno quattro buone ragioni: riduzione dei costi, elasticità delle risorse, con la possibilità di scalare verso l’alto o verso il basso in base alle effettive necessità, logica pay per use, gestione self service.
Ma è evidente che dire cloud non basta. L’unione ideale tra IoT e Intelligenza Artificiale non è possibile senza una piattaforma e una architettura abilitanti. Ed è proprio qui che entra in gioco il cosiddetto hybrid multicloud, che garantisce una flessibilità tale da rispondere a necessità critiche in tutte le fasi di gestione dei dati, dall’archiviazione alla gestione delle informazioni, dall’enrichment alle correlazioni.
Perché l’ideale connubio tra IoT e Intelligenza Artificiale possa compiersi, è necessario poter contare su una infrastruttura IT ibrida, che garantisca la massima efficienza in tutte le fasi di generazione, gestione e analisi dei dati e su architetture in grado di rispondere a precise esigenze.
Così, quando parliamo di Internet of Things, non è sufficiente avere sensori e dispositivi che raccolgono grandi quantità di dati: spesso è necessario che questi dati vengano analizzati e distribuiti velocemente, riducendo il più possibile le latenze. In questo caso, la risposta viene dall’edge computing, che consente una prima elaborazione del dato in prossimità del punto di generazione. In cloud viene inviato il dato freddo, per ulteriori analisi, storicizzazioni, correlazioni, rese possibili solo da un attento utilizzo di machine learning e AI.
Uno sguardo ai numeri
Per capire la portata dei fenomeni di cui stiamo parlando, e ancor di più per comprendere perché il cloud rappresenti non “una risposta”, bensì “la risposta” ai nuovi bisogni, è sufficiente fare riferimento a un numero divenuto da tempo un mantra: 21 miliardi.
Tanti saranno, secondo Gartner, gli oggetti connessi a livello globale entro i prossimi 2 anni. Una crescita esponenziale che richiederà una crescita altrettanto esponenziale nelle risorse necessarie sia a mantenere i livelli di connettività, sia a gestire il numero di dati raccolti.
Ed è qui che entra in gioco il cloud. L’unica architettura in grado di velocizzare le fasi di deployment, di gestire in modalità efficiente e cost-effective tutte le fasi di memorizzazione, gestione e accesso ai dati, di garantire gli adeguati livelli di sicurezza su tutti i dispositivi e su tutte le comunicazioni.
Hybrid è meglio
Se dunque è vero che il cloud funge da abilitatore e da leva strategica per i percorsi di trasformazione e di innovazione delle imprese, è altrettanto vero che è nelle architetture ibride e nelle piattaforme integrate, nelle quali trovano spazio sia istanze di public e private cloud, sia architetture IT tradizionali e bare metal, che l’innovazione riesce a trovare piena realizzazione, grazie a un corretto bilanciamento tra tutte le risorse disponibili.
È nell’hybrid cloud, infatti, che si realizza quel modello di data integration che consente di unire ciò che continua a risiedere sulle architetture legacy, ciò che viene portato in cloud e tutto quanto arriva dai dispositivi IoT e dalle operational technologies.
Ed è sempre l’hybrid cloud che può garantire quell’agilità, quella scalabilità e quella leggerezza che i nuovi business richiedono.
È una visione che trova conforto anche in questo caso nei numeri e nei numeri che riguardano direttamente il nostro Paese. Secondo gli ultimi dati presentati dall’Osservatorio Cloud Transformation della School of Management del Politecnico di Milano, il mercato del cloud in Italia arriva alla soglia dei 2 miliardi di euro, con una crescita del 18% rispetto all’anno precedente. La componente Public & Hybrid Cloud mostra a sua volta tassi di crescita ancora più interessanti, con un +24% a 978 milioni di euro, mentre ormai il 90% delle imprese del nostro Paese sta utilizzando, a diverso titolo e con differente intensità, qualche forma di servizio cloud.
La visione di IBM e di Blueit
Da tempo IBM ha sposato in pieno questa visione di un mondo ibrido e multicloud. È nel multicloud che i dati e le conoscenze presenti nelle imprese possono essere messi al lavoro ed esprimere il loro pieno valore con l’aiuto dei visione di un mondo ibrido e multicloud.
Strumenti che IBM mette a disposizione dei propri partner, come Blueit, che possono così seguire i percorsi di trasformazione dei loro clienti in tutte le loro fasi, dalla definizione strategica fino a tutto il deployment e il mantenimento in esercizio.
Ed è proprio basandosi sulle tecnologie IBM che BlueIt si presenta al mercato come partner in grado di supportare i propri clienti in tutto il percorso di trasformazione, dal semplice refresh tecnologico fino ai più complessi percorsi di digital adoption.