A mettere un freno ai timori che da mesi spopolano via web e social sulla responsabilità dell’Intelligenza Artificiale nel “distruggere” posti di lavoro ci pensa lo studio di Capgemini intitolato “Turning AI into concrete value: the successful implementers’ toolkit”: l’83% delle imprese intervistate conferma la creazione di nuove posizioni all’interno dell’azienda, inoltre, i tre quarti delle società intervistate hanno registrato un aumento delle vendite del 10% proprio in seguito all’implementazione dell’Intelligenza Artificiale.
L’analisi di Capgemini deriva da uno studio condotto tra marzo e giugno 2017 interpellando quasi mille manager provenienti da nove Paesi: Australia, Francia, Germania, India, Italia, Olanda, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti [tra i partecipanti allo studio ci sono manager di multinazionali che operano in aree specifiche dedicate all’Intelligenza Artificiale, startup e vendor di sette diversi settori industriali: Automotive, Banking, Assicurazioni, Manifatturiero, Telecomunicazioni, Retail e Utility – ndr].
L’Intelligenza Artificiale crea nuovi posti di lavoro
La ricerca ha evidenziato che grazie all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, 4 imprese su 5 (pari a circa l’83%) hanno creato nuovi posti di lavoro, in particolare di posizioni di livello senior (i due terzi delle nuove assunzioni sono a livello manageriale o di livello superiore). E per neutralizzare le paure che da mesi alimentano i dibattiti online, oltre i tre quinti delle imprese (il 63%) che hanno implementato su larga scala l’Intelligenza Artificiale in azienda affermano che non vi è stata alcuna perdita di posti di lavoro.
Entrando nell’analisi di dettaglio delle tipologie di lavoro e mansioni, dallo studio si evince che per molte imprese l’Artificial Intelligence (AI) rappresenta una via efficace per ottimizzare lo svolgimento di attività ripetitive o le mansioni amministrative (accelerando i processi, rendendoli più efficienti ed eliminando gli sprechi). Tra le realtà che hanno implementato l’AI su larga scale prevale inoltre la convinzione che l’Intelligenza Artificiale semplificherà i lavori più complessi (89%) e che le macchine intelligenti coesisteranno con la forza lavoro all’interno dell’azienda (88%).
L’Intelligenza Artificiale a servizio della customer experience
Una interessante prospettiva che emerge dallo studio targato Capgemini riguarda le società con particolare esperienza in ambito tecnologico che stanno utilizzando l’Intelligenza Artificiale per incrementare le vendite, potenziare l’operatività, facilitare l’engagement dei clienti e generare nuove idee di business.
Ciò che appare indubbiamente evidente è il focus delle imprese che utilizzano l’AI che si conferma essere la customer experience: il 73% ritiene che l’Intelligenza Artificiale possa incrementare il grado di soddisfazione del cliente, mentre il 65% afferma che queste tecnologie possano ridurre il tasso futuro di abbandono da parte della clientela.
L’Italia è tra i più “coraggiosi” del mondo per l’adozione dell’AI
Forse un po’ a sorpresa, i settori tradizionali e quelli altamente regolamentati sono i più attivi nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale: il 49% delle Telco, il 41% degli operatori del Retail e il 36% delle aziende del mondo Banking sono tra le realtà che fanno registrare il maggior grado di implementazione dell’Intelligenza Artificiale su larga scala, mentre il settore Automotive (26%) e quello Manifatturiero registrano attualmente il livello più basso di implementazione.
Questo forte contrasto si registra poi anche a livello geografico, facendo l’analisi tra paesi: l’India e l’Australia sembrano essere le due nazioni più mature (oltre la metà delle società indiane – 58%- sta già utilizzano l’Intelligenza Artificiale su larga scala, con l’Australia che segue con un 49% di aziende che stanno facendo un ampio uso dell’AI).
La buona notizia è che nei paesi europei, Spagna (31%), Olanda (24%) e Francia (21%) sono le nazioni che ricoprono le posizioni più basse nella classifica di impiego, mentre l’Italia sale sul podio posizionandosi al terzo posto (44%) subito dopo l’Australia, seguita poi al quarto posto della classifica dalla Germania (42%), in controtendenza quindi rispetto ai mercati limitrofi che si rivelano ancora impreparati ad utilizzare questo tipo di tecnologia.