L’intelligenza artificiale generativa potrebbe portare un incremento di 50 miliardi di euro al Pil italiano, secondo un report di Accenture. Se si tiene conto dell’effetto derivante dall’innovazione tecnologica del made in Italy, la cifra potrebbe salire a 80 miliardi. Tuttavia, l’Istat evidenzia che le aziende italiane sono ferme a causa di costi elevati e mancanza di competenze. Queste sono alcune delle principali conclusioni emerse dallo studio “Strategie per la valorizzazione del brand Italia e del Sistema Paese” condotto da Accenture.
Solo il 5% delle imprese ha iniziato progetti concreti di AI
Nonostante l’80% delle imprese riconosca le potenzialità dell’intelligenza artificiale, solo il 5% ha intrapreso azioni concrete, rispetto all’11% in Germania e all’8% della media Ue. La tecnologia innovativa, con l’AI generativa in testa, può portare a un notevole aumento della produttività delle aziende italiane lungo tutta la catena del valore, generando un valore aggiunto incrementale stimato in circa 50 miliardi di euro entro il 2030. Altri 30 miliardi potrebbero provenire dal rafforzamento e dall’ampliamento del “brand Made in Italy” a nuovi settori. L’impatto sull’occupazione nei settori manifatturieri interessati si tradurrebbe nella creazione di circa 300 mila nuovi posti di lavoro.
Innovazione tecnologica e politiche di branding
L’analisi parte dalla constatazione che i settori tipici del Made in Italy (tessile-abbigliamento, alimentari-bevande, legno-arredo, nautica, ceramica, oreficeria) sono da sempre fortemente orientati all’export, con oltre il 50% della produzione totale, rispetto al 35% degli altri settori manifatturieri. Il prestigio sintetizzato nel “brand Made in Italy” permette all’Italia di posizionarsi come leader nell’export globale complessivo, incontrando la domanda delle nicchie di alto consumo internazionali.
Secondo la ricerca, i diversi settori del Made in Italy possono rafforzare la propria competitività implementando strategie industriali basate su due linee d’azione principali: l’adozione su larga scala dell’innovazione tecnologica e il rafforzamento delle politiche globali di branding con l’estensione del “brand Made in Italy” a settori economici eccellenti non tradizionalmente inclusi nella definizione (come la meccatronica, la farmaceutica, la chimica etc) con adeguate politiche di comunicazione e marketing sistemiche.
Queste strategie comporterebbero un aumento della produttività e un ampliamento dell’export grazie a una rinnovata competitività estera.
Un “gioco” da 80 miliardi di euro
Secondo il report, complessivamente, il potenziale aggiuntivo del PIL dei settori “estesi” del Made in Italy è di circa 80 miliardi di euro entro il 2030. Di questi, 50 miliardi sarebbero conseguenza dell’aumento del valore aggiunto prodotto dall’applicazione dell’AI Generativa nel Made in Italy, supportata da adeguate politiche di potenziamento delle competenze necessarie. Di questi 50, 15 miliardi sarebbero legati ai settori tradizionali del Made in Italy e 35 ad altri settori che potrebbero beneficiare del brand. Gli ulteriori circa 30 miliardi – di cui 20 attribuibili ai “nuovi” settori – sarebbero generati dall’ampliamento e rafforzamento del “brand Made in Italy” con adeguate politiche sistemiche, che potrebbero portare a una maggiore penetrazione sia nei Paesi dove le imprese italiane sono già presenti, sia nelle aree geografiche emergenti.
Investimenti in AI per colmare i gap
Gli investimenti in tecnologia – conclude lo studio – e in particolare in AI, saranno fondamentali per colmare i gap accumulati in alcuni settori e potenziare il “genio italico” in ogni fase della catena del valore: dal design delle collezioni e dei prodotti (dove la Gen-AI può facilitare enormemente il lavoro creativo grazie alla capacità di aggregare e combinare dati per la creazione e l’adattamento continuo di contenuti) alla produzione pianificata e ottimizzata grazie ai “gemelli digitali”, che possono creare una rappresentazione live dello stato dei macchinari per monitorare in tempo reale la linea produttiva e il suo funzionamento, fino alla capacità di aumentare l’efficacia della forza vendita grazie agli assistenti virtuali basati sulla Gen-AI.
L’applicazione di soluzioni tecnologiche come il “digital twin” sulle linee produttive potrebbe portare grandi benefici alle PMI italiane: in media, l’Oee – Overall Equipment Efficency (indice di qualità e velocità del macchinario) aumenta del 15-20%, mentre i costi industriali diminuiscono di circa il 30% grazie alla maggiore efficienza.
Italia “ferma” sull’AI: il verdetto dell’Istat
Nel frattempo, l’ultimo rapporto annuale dell’Istat rivela che l’Italia sembra navigare in acque agitate nel suo percorso verso la completa digitalizzazione: solo il 5% delle imprese italiane ha integrato tecnologie di intelligenza artificiale nei propri processi, un dato che è al di sotto della media europea dell’8% e ben lontano dall’11% della Germania. Questa realtà emerge nonostante l’ampio riconoscimento, da parte di oltre l’80% delle imprese nazionali, delle potenzialità che l’AI può offrire. Tra le principali barriere alla sua adozione, spiccano la mancanza di competenze specifiche e gli alti costi di implementazione.