Per Luca Valsecchi, amministratore delegato e co-fondatore di Vidiemme, l’Artificial Intelligence è prima tutto un tema di analisi, assessment e strategia di sviluppo ed è adesso alla portata di sviluppatori e imprese. Il mercato inizia ad essere pronto: banche, finanza, assicurazioni e telco sono all’opera e la robotica collaborativa apre nuove prospettive nell’Industria 4.0
L’Intelligenza Artificiale è davanti a noi, è nella realtà delle imprese e dei consumatori. Ancora non lo stiamo percependo in modo chiaro, ancora non ne siamo pienamente consapevoli, ma l’AI è alla nostra portata e la misura di questa straordinaria opportunità è data ancora una volta, nel digitale, dal ruolo fondamentale degli sviluppatori. Sono queste imprese che sono chiamate a tenere un piane nel nuovo e uno nella realtà delle imprese clienti e del business corrente che sono chiamate a sviluppare le applicazioni che rendono “reale” l’Intelligenza Artificiale. Per questo abbiamo voluto sentire un imprenditore che con l’Intelligenza Artificiale ha un rapporto di lunga data, dal tempo in cui ancora non solo non era “di moda” ma quando muoveva i “primi passi” con la denominazione un po’ più generica di “Sistemi Esperti“. Luca Valsecchi, amministratore delegato e co-fondatore di Vidiemme, ha visto nascere la passione per l’Intelligenza Artificiale già all’Università, nel 1988, complice una tesi legata alla progettazione di un sistema esperto per l’analisi tecnica in Borsa.
«In questo progetto lo studio – ci racconta – si concentrava sulla identificazione e creazione di pattern ricorrenti per la definizione di modelli di calcolo» Una esperienza entusiasmante, ma che era forse troppo in anticipo sui tempi e sulla disponibilità di risorse di calcolo. All’epoca «non c’erano i Big Data – ricorda -, non c’era il Machine Learning, anche se già si pensava a sviluppare forme di auto-apprendimento per le macchine». E il grande limite, evidente, era che per procedere con questi progetti era necessario disporre di una enorme capacità di calcolo che ancora aveva costi proibitivi. «Dovevi avere un “Cray” in casa – ironizza, ricordando uno dei più famosi brand di supercomputer – e ovviamente il tema dei costi rendeva inaccessibile anche la sperimentazione». All’epoca l’Intelligenza Artificiale è rimasta in capo a pochi e lontana dal mercato. Ma il contesto è cambiato e arriviamo quasi ai giorni nostri. «Qualche tempo fa – racconta Valsecchi – di ritorno da un viaggio di lavoro a San Francisco (dalla sede dei VDM Labs, la branch Vidiemme dedicata alla R&D ndr) ho ripreso in considerazione l’AI con molto scetticismo. «Lo giudicavo un fenomeno prevalentemente mediatico – confessa – , ma mi sono presto ricreduto, prima di tutto e soprattutto perché molte delle idee e delle soluzioni alle quali si è lavorato in questi anni erano diventate non più solo “possibili”, ma realmente accessibili, “sostenibili” in termini di costi e di accesso per gli sviluppatori».
Intelligenza Artificiale e Computing As a Service
Per quanto attiene alla potenza di calcolo necessaria per questi progetti non solo non è più indispensabile avere dei supercomputer, ma coloro che hanno idee e voglia di investire possono trovare le risorse necessarie in modalità As a Service, pagando solo quello che serve. E soprattutto, osserva ancora Valsecchi: «E’ radicalmente cambiato il concetto di canale e di relazione con gli “utenti”. Grazie ad esempio alla messaggistica, l’Intelligenza Artificiale ha visto un cambiamento radicale, qualitativo e quantitativo, nel numero di possibilità, nel numero di applicazioni e nel numero di relazioni attivabili».
Ma nel momento in cui l’AI sta conquistando questa attenzione a livello mediatico aaoer importante definire esattamente cosa si intende con questa tecnologia. Spesso l’Intelligenza Artificiale è associata alle Chatbot, ma queste applicazioni sono una delle tante possibili declinazioni. Grazie all’esplosione della messaggistica e alla maggiore precisione e sostenbilità delle Interfacce Conversazionali si possono creare soluzioni per gestire in modo sempre più facile e intuitivo il rapporto e la relazione con gli utenti.
«Le Chatbot possono essere considerate come un modo per entrare nel mondo dell’Artificial Intelligence e nella realtà delle imprese. Sono un fenomeno trainante perché efficace e accessibile, e perché permette di sviluppare applicazioni i cui risultati sono immediatamente e concretamente misurabili».
Valsecchi sottolinea poi che «nelle Chatbot la componente tecnologica di base è generalmente di un livello accessibile, la soglia di ingresso per queste soluzioni è a sua volta bassa ed è alla portata di molte imprese»
Customer care e Customer service
Se si guarda ai mercati si vede che queste applicazioni sono una delle risposte più gettonate per quei business case che richiedono servizi di tipo H24. E non a caso il primissimo business case di riferimento è nel customer service e nel customer care. I driver sono da leggere nella capacità di risposta alle richieste degli utenti e nell’efficienza in termini di costi. Gli obiettivi dell’assistenza al cliente e della vendita di nuovi servizi possono essere strutturati in forma di Chatbot con soluzioni che partono da modelli di Intelligenza Artificiale e che vengono poi appunto applicati ai Bot. Banche, assicurazioni, Telco hanno da tempo impostato soluzioni di customer care che hanno alla base principi o modelli di Intelligenza Artificiale.
Più cresce il livello di esigenze dei clienti, più aumenta la necessità di “Precisione” più appare necessario disporre di nuove competenze, sempre più raffinate e specializzate. Laddove poi il terreno è rappresentato dalla Custom Artificial intelligence, ecco che servono figure come gli AI Architect e dove lo sviluppo è in un mix tra delivery e consulenza pura, in cui è necessario permettere alle aziende clienti di sperimentare e grazie a cui cresceranno altre figure professionali nuove come ad esempio i Chatbot designer, ovvero figure con competenze chiamate a disegnare e costruire l’anima del Bot con una fortissima attenzione e competenza sui linguaggi e sui comportamenti e con un la capacità di aggiungere costantemente dati e informazioni in modo da automatizzare ogni processo in tutte le sue fasi.
Le frontiere del Bot-to-Bot
Questo approccio e queste competenze abilitano il passaggio verso soluzioni più complesse e verso nuovi casi d’uso, come ad esempio quelli legati al mondo manifatturiero e all’Industria 4.0. Stiamo parlando della frontiera del Bot-to-Bot della comunicazione tra Bot e a questo punto di soluzioni di Intelligenza Artificiale che abilitano da una parte la comunicazione tra macchine e la comunicazione uomo-macchina con soluzioni pensate per sviluppare forme di apprendimento continuativo in modalità Machine Learning.
In questi casi più che mai il progetto ha bisogno di assessment, inteso come base di lavoro per lo sviluppo della Chatbot e come conoscenza di tutti i possibili contesti nei quali si sviluppano le azioni e le possibili misure da adottare per rispondere alla domanda chiave di ogni progetto di AI: è l’utente che guida il sistema o è l’Intelligenza Artificiale che sa gestire i processi interpretando la libera iniziativa dell’utente?
Lo sviluppo del progetto può seguire diverse strade: può adottare una logica ad alberatura, in modo da definire a priori dei percorsi che guidano il cliente o l’utente, oppure il cliente è “libero” di esprimere le sue necessità e il Bot deve essere in grado di riconoscere tutto ciò che attiene al suo linguaggio con soluzioni di Natural Language Processing per identificare dei pattern, recuperare le risposte più adeguate e restituire un percorso coerente con le aspettative dell’utente e con gli obiettivi dell’azienda.
«Il presupposto – spiega Valsecchi – sta nella disponibilità di Chatbot fortemente specializzate, con la capacità di accompagnare il cliente/utente nel maggior numero di passaggi permettendo la soluzione del maggior numero di problematiche. E con la capacità di disporre di quella intelligenza che permette al Bot di capire quando è necessario passare a un diverso livello, gestito da un altro bot in modo trasparente per l’utente».
L’importanza di conoscere la tecnologie e – soprattutto – le persone
La risposta a questo tema secondo Valsecchi è prima di tutto nella destinazione finale del Bot: se ad uso interno in una azienda o se aperto all’esterno e in questo secondo caso, ancora una volta, occorre capire con attenzione a quale tipo di pubblico si rivolge e per quale tipo di supporto.
Nel caso ad esempio del mondo Industry 4.0, l’ingresso di soluzioni di Intelligenza Artificiale sono alla base delle soluzioni di robotica collaborativa e per queste soluzioni, ancora una volta, il fattore critico di successo è da individuare nelle interfacce conversazionali, ovvero nelle soluzioni che partendo dal presupposto fondamentale, – il vero requirement dell’Industria 4.0 – di garantire all’operatore la possibilità di avere le “mani libere”, consente di agire sui device, sulle macchine e con l’ambiente. E’ qui che entra in gioco il Machine Learning perché, nei contesti interni, l’Intelligenza Artificiale permette di costruire dei veri e propri percorsi di autoapprendimento nei quali inserire il rapporto tra uomo e macchina con un apprendimento progressivo.
L’AI un approccio consulenziale. «Oggi più che mai – osserva Valsecchi – è necessario procedere con la sperimentazione, e allo stesso tempo occorre mostrare alle aziende cosa concretamente si può fare e cosa vuol dire gestire queste soluzioni a livello di organizzazione. Siamo in uno scenario dove non ci sono soluzioni standardizzate – conclude – e dove la differenza si fa con la capacità di analisi, di assessment, di sperimentare e misurare gli obiettivi direttamente con le imprese utenti».