Il design, per sopravvivere e prosperare nell’era dell’AI deve compiere un salto evolutivo. Chi si occupa di design non può più limitarsi a creare interfacce o immaginare percorsi di esperienza per le persone. Il designer deve diventare un orchestratore, capace di gestire strumenti complessi e spesso opachi come le “scatole nere” dell’AI. È come passare da suonare uno strumento a dirigere un’intera orchestra di robot musicisti.
Il design esecutivo, fatto di operazioni ripetitive, sarà sempre più marginalizzato, mentre il design strategico, di astrazione e orchestrazione, assumerà un ruolo centrale. I designer dovranno sviluppare nuove competenze, come la comprensione dei principi di base del machine learning, la capacità di interpretare e utilizzare grandi quantità di dati, e l’abilità di collaborare efficacemente con sistemi AI.
Inoltre, i designer del futuro dovranno essere abili mediatori tra le capacità dell’AI e le esigenze umane. Dovranno essere in grado di tradurre concetti astratti in istruzioni comprensibili per l’AI, e allo stesso tempo interpretare e contestualizzare i risultati prodotti dall’AI in modo significativo per gli utenti umani. Questo richiederà una profonda comprensione sia della tecnologia che della psicologia umana.
Strumenti AI per designer
Prendiamo il Synthesis con GenAI, per esempio. È come avere un assistente che può leggere e riassumere per te migliaia di libri in poche ore. Ma attenzione: come quell’amico che ti fa sempre lo spoiler del film, potrebbe saltare le parti più importanti.
La GenAI può accelerare enormemente il processo di ricerca e analisi, permettendo ai designer di accedere e sintetizzare rapidamente grandi quantità di informazioni. Tuttavia, è cruciale che i designer mantengano un approccio critico, verificando le sintesi prodotte dall’AI e integrando queste informazioni con la propria esperienza e intuizione. L’AI qui è un potente strumento di supporto, ma non sostituisce il giudizio umano informato.
Oppure pensate alla documentazione sanitaria AI-assistita. Immaginate un dottore che, invece di passare ore a scrivere rapporti, può dedicarsi maggiormente ai pazienti, grazie a un assistente digitale che fa il lavoro di scrittura per lui. È come avere uno stenografo super intelligente, ma che capisce anche di medicina!
Questo esempio illustra perfettamente come l’AI possa liberare i professionisti da compiti ripetitivi e time-consuming, permettendo loro di concentrarsi su attività che richiedono empatia, creatività e giudizio umano. Nel contesto del design, strumenti simili potrebbero aiutare i designer a documentare più efficacemente i loro processi, liberando tempo per l’ideazione e la risoluzione creativa dei problemi.
Riflessioni e considerazioni da due conferenze sull’AI
Recentemente, ho partecipato a due conferenze che mi hanno fatto sentire come Neo in Matrix, cercando di capire quanto in profondità va la tana del coniglio dell’AI. Alla conferenza Designing with AI di Rosenfeld, il focus era su come allineare il potenziale dell’AI con l’umanesimo del design dell’esperienza utente (UX).
Qui, persone esperte del settore hanno esplorato come l’AI possa essere utilizzata non solo per automatizzare compiti ripetitivi, ma anche per migliorare l’interazione umana e creare esperienze utente più ricche e significative. Immaginate di avere un assistente super intelligente che vi aiuta a proporre esperienze alle persone, ma che ogni tanto ha bisogno di essere rimesso in riga perché non diventi troppo… beh, artificiale.
Le discussioni hanno sottolineato l’importanza di mantenere l’empatia e la comprensione umana al centro del processo di design, utilizzando l’AI come un potente strumento di supporto piuttosto che come un sostituto del pensiero creativo umano.
A Config 2024 di Figma, invece, sono stati introdotti in beta strumenti di AI che promettono di eliminare la sindrome da foglio bianco. È come avere un genio della lampada che, invece di concederti tre desideri, ti dà infinite idee di design. Ma attenzione: come nel caso del genio, bisogna stare attenti a cosa si chiede!
Questi strumenti, come “Make designs” e “Make prototype“, non solo aiutano a generare idee iniziali, ma facilitano anche il passaggio rapido da concetti astratti a prototipi funzionali. L’AI qui viene utilizzata per automatizzare processi tradizionalmente tediosi, come la riorganizzazione dei livelli o la creazione di presentazioni, permettendo ai designer di concentrarsi sugli aspetti più creativi e strategici del loro lavoro.
Ad onor del vero, al momento in cui scrivo, le hanno anche temporaneamente ritirate. Dopo un primo sospetto che sembrava legato a un allenamento su UI Kit di Apple e Google, che pure hanno presentato come inclusi, in realtà la AI di Figma si è dimostrata abbastanza acerba da aver creato 4 volte su 5 un’app meteo identica a quella di Apple. A proposito di bias…
Lavori a rischio estinzione
Se sei un front end developer che passa le giornate a copiare e incollare codice, forse è il momento di imparare qualcosa di nuovo. L’AI sta arrivando, e sta puntando proprio al tuo lavoro ripetitivo. Ma non disperare! È come quando le centrali automatiche hanno sostituito i centralinisti: ci siamo evoluti, e lo faremo di nuovo.
L’automazione guidata dall’AI sta già trasformando molti aspetti del lavoro di design e sviluppo. I ruoli che si concentrano principalmente su compiti ripetitivi o sulla produzione di output standardizzati sono particolarmente vulnerabili. Tuttavia, questa trasformazione apre anche nuove opportunità.
Per i front end developer, ad esempio, il focus si sposterà sempre più verso l’ottimizzazione, la personalizzazione e la gestione di sistemi complessi. Invece di scrivere codice da zero, potrebbero trovarsi a supervisionare e perfezionare il codice generato dall’AI, concentrandosi su aspetti come le prestazioni, l’accessibilità e l’esperienza utente avanzata.
Allo stesso modo, i designer UI potrebbero evolvere verso ruoli più strategici, concentrandosi sulla definizione di sistemi di design complessi e adattivi, piuttosto che sulla creazione di singole interfacce. L’AI potrebbe gestire gran parte del lavoro di implementazione, permettendo ai designer di concentrarsi sulla visione complessiva e sull’innovazione.
Per sopravvivere e prosperare in questo nuovo panorama, i professionisti dovranno sviluppare competenze in aree come l’interpretazione dei dati, la strategia di design, l’etica dell’AI e la facilitazione della collaborazione uomo-macchina. La chiave sarà rimanere flessibili, continuare ad apprendere e abbracciare il cambiamento come un’opportunità piuttosto che una minaccia.
AI e designer: il futuro è iper-personalizzato
Jakob Nielsen, il guru dell’usabilità, dice che il futuro del design sarà iper-personalizzato. Ma attenzione: non è che avremo 7 miliardi di versioni diverse di ogni sito web. Piuttosto, immaginate un cameriere super attento che sa esattamente come vi piace il caffè, ma che non vi segue in bagno per chiedervi se preferite la carta igienica a due o tre veli.
L’iper-personalizzazione guidata dall’AI promette di offrire esperienze su misura per ogni utente, basate su una profonda comprensione delle loro preferenze, comportamenti e contesti. Tuttavia, come sottolinea Nielsen, ci saranno sempre elementi comuni e linee guida generali che governano il design.
L’AI permetterà di creare interfacce e esperienze che si adattano dinamicamente all’utente, ma all’interno di un framework coerente e comprensibile. Potremmo vedere, ad esempio, sistemi che adattano il loro layout, il contenuto e persino le modalità di interazione in base alle preferenze dell’utente, al suo livello di competenza, o persino al suo stato emotivo attuale.
Tuttavia, i designer dovranno trovare il giusto equilibrio tra personalizzazione e coerenza. Un’esperienza troppo personalizzata potrebbe diventare disorientante o invasiva, o troppo condiscendente…
L’obiettivo sarà creare sistemi che siano sufficientemente adattivi da offrire un valore reale a ciascun utente, ma abbastanza consistenti da rimanere intuitivi e prevedibili.
Inoltre, i designer dovranno affrontare importanti questioni etiche legate alla privacy e al consenso, perché avranno meno a che fare con decisioni manuali o automatizzabili. Fino a che punto è accettabile raccogliere e utilizzare i dati degli utenti per personalizzare le loro esperienze? Come possiamo garantire la trasparenza e il controllo dell’utente in questi sistemi altamente personalizzati?
Design speculativo: come viaggiare nel tempo
Il design speculativo è come avere una macchina del tempo per il design, ma invece di 1.21 gigOwatt, usiamo la nostra immaginazione e analisi critica. Questo approccio ci permette di esplorare futuri possibili, probabili e preferibili, aiutandoci a prendere decisioni più informate nel presente.
Dan Hill, ad esempio, ci spinge a considerare come le tecnologie emergenti potrebbero trasformare radicalmente i nostri spazi urbani. Immaginate una città in cui ogni edificio è dotato di intelligenza artificiale, ogni strada è un sensore, e ogni cittadino è connesso a una rete urbana. Come cambierebbe la nostra esperienza quotidiana? Come gestiremmo la privacy? Come si evolverebbe il concetto stesso di comunità?
Il design speculativo non si limita a prevedere il futuro, ma ci invita a plasmarlo attivamente. È uno strumento potente per anticipare le conseguenze indesiderate delle nostre creazioni e per immaginare alternative più etiche e sostenibili. Per esempio, potremmo usare il design speculativo per esplorare come l’AI potrebbe influenzare le dinamiche di potere nella società, o come potrebbe cambiare il nostro rapporto con il lavoro e il tempo libero.
Questo approccio ci permette anche di affrontare le “zone d’ombra” del progresso tecnologico. Cosa succederebbe se l’AI diventasse così avanzata da poter prevedere i nostri desideri prima che ne siamo consapevoli? È questa la promessa di Neurons inc. che con il suo Predict permette di valutare l’impatto del pensiero veloce (D. Kahnemann) sulla percezione di un’inserzione o una landing page.
Come cambierebbe il concetto di libero arbitrio? Il design speculativo ci aiuta a navigare queste acque inesplorate, fornendoci una bussola etica per orientarci nel futuro.
Nel contesto dell’AI e del design, il design speculativo diventa uno strumento essenziale per anticipare e modellare l’impatto di queste tecnologie emergenti. Ci permette di esplorare scenari come un mondo in cui l’AI è perfettamente integrata in ogni aspetto del design, o uno in cui l’AI ha completamente sostituito i designer umani. Attraverso queste esplorazioni, possiamo identificare opportunità e rischi, e guidare lo sviluppo dell’AI nel design in una direzione che massimizzi i benefici e minimizzi i potenziali danni.
Etica nel design AI: perché non possiamo lasciare tutto in mano ai robot
L’etica nel design AI va ben oltre il semplice evitare di creare chatbot nazisti. È un campo complesso che richiede una riflessione profonda su questioni fondamentali di equità, trasparenza, responsabilità e autonomia umana.
Cennyd Bowles, nel suo libro “Future Ethics”, propone il concetto di “Design come Etica Applicata”. Secondo Bowles, i designer non sono semplici creatori di interfacce o esperienze, ma veri e propri architetti morali. Ogni decisione di design, dall’algoritmo di raccomandazione di un social media alla progettazione di un’auto a guida autonoma, ha implicazioni etiche profonde.
Prendiamo l’esempio dei sistemi di riconoscimento facciale. Da un lato, possono migliorare la sicurezza e l’efficienza in molti contesti. Dall’altro, sollevano gravi preoccupazioni sulla privacy e sul potenziale abuso da parte di governi o corporations. Come designer, dobbiamo chiederci: stiamo creando un mondo in cui la sorveglianza costante è la norma? Stiamo involontariamente rafforzando pregiudizi razziali o di genere nei nostri algoritmi?
L’etica nel design AI richiede anche una profonda comprensione del concetto di “allineamento dei valori”. Come possiamo assicurarci che i sistemi AI che creiamo siano allineati con i valori umani? E quali valori dovremmo privilegiare, considerando la diversità culturale globale?
La trasparenza algoritmica
Inoltre, dobbiamo affrontare la questione della trasparenza algoritmica. Molti sistemi AI sono “scatole nere”, il cui processo decisionale è opaco anche per i loro creatori. Come possiamo progettare sistemi che siano non solo efficaci, ma anche comprensibili e responsabili?
Il concetto di “design come etica applicata” ci sfida a considerare le ramificazioni a lungo termine delle nostre creazioni. Non si tratta solo di chiederci “Possiamo farlo?“, ma “Dovremmo farlo?, e se sì, come possiamo farlo in modo etico e responsabile?”
In questo contesto, i designer hanno la responsabilità di essere i guardiani etici dell’AI nel design. Devono assicurarsi che i sistemi AI siano progettati con considerazioni etiche incorporate fin dall’inizio, piuttosto che aggiunte come un ripensamento. Questo potrebbe includere la progettazione di sistemi con controlli di sicurezza incorporati, la creazione di interfacce che promuovano la trasparenza algoritmica, o lo sviluppo di processi di design che includano una valutazione dell’impatto etico ad ogni fase.
AI: Azione Intelligente o soltanto un bravo esecutore?
Luciano Floridi sostiene che l’intelligenza artificiale, almeno per ora, rappresenta principalmente un’azione intelligente piuttosto che un pensiero autonomo. Questa distinzione è cruciale per comprendere le reali capacità e i limiti dell’AI nella progettazione. Pensiamo all’AI come a un abilissimo assistente che esegue istruzioni complesse, ma non comprende il perché delle azioni che compie.
Questa visione si allinea con il pensiero di Joanna Maciejewska, un’artista e scrittrice polacca nota per le sue riflessioni sull’intersezione tra tecnologia e creatività. Maciejewska ha espresso una prospettiva interessante sulla direzione che l’AI dovrebbe prendere: “You know what the biggest problem with pushing all-things-AI is? Wrong direction. I want AI to do my laundry and dishes so that I can do art and writing, not for AI to do my art and writing so that I can do my laundry and dishes.”
(“Sapete qual è il problema più grande nel promuovere tutto ciò che è AI? La direzione sbagliata. Voglio che l’intelligenza artificiale faccia il bucato e i piatti in modo che io possa fare arte e scrivere, non che l’intelligenza artificiale faccia l’arte e la scrittura in modo che io possa fare il bucato e i piatti”.)
Questa citazione mette in luce un punto fondamentale: l’AI dovrebbe essere uno strumento per liberare il potenziale umano, non per sostituirlo. Maciejewska suggerisce che l’obiettivo dell’AI dovrebbe essere quello di automatizzare i compiti ripetitivi, permettendo alle persone di dedicarsi alle attività creative e intellettuali che sono intrinsecamente umane.
Questa prospettiva ci riporta al concetto di Floridi dell’AI come “azione intelligente”. L’AI eccelle nell’esecuzione di compiti ben definiti, ma manca ancora della comprensione profonda e della creatività che caratterizzano l’intelligenza umana. Come designer, il nostro ruolo è quello di sfruttare le capacità dell’AI per potenziare, non sostituire, la creatività umana. Dobbiamo progettare sistemi che utilizzino l’AI per gestire le attività di routine, liberando tempo e risorse mentali per gli esseri umani per concentrarsi su ciò che fanno meglio: pensare in modo creativo, empatizzare e innovare.
Design sistemico: salvare il pianeta un pixel alla volta
Per decenni, oramai secoli anzi, abbiamo ragionato in maniera locale alla soluzione di problemi. In un certo senso, in maniera tattica. Qui e ora, per affrontare tale problema, possiamo applicare tal’altra soluzione.
E ci siamo infilati in alcuni cul-de-sac interessanti: pur consapevole del problema dell’aumento della temperatura dei mari, per raffreddare dei data center, anche dedicati all’artificial intelligence, la specie umana si è ingegnata a immergere gli stessi sotto il mare. La spiegazione è che ci sarebbe stato un aumento locale della temperatura infinitesimo e irrilevante. Ma in effetti, è come osservare il primo minuto dei semi di mais dentro un microonde: non succede niente no?
L’effetto sistemico si fa fatica a osservarlo su scale estremamente più grandi del fenomeno preso in considerazione, anche impiegando l’intelligenza artificiale.
Eppure, se da designer saremo lì a orchestrare elementi più grandi, complessi e meno chiari per noi nel loro funzionamento, non potremo più ignorare gli effetti sistemici delle nostre scelte. È l’altra lezione di Dan Hill, come possiamo introdurre delle innovazioni disruptive senza provare a immaginare (probabilmente fallendo) alle possibili conseguenze, cercando di evitare le più nefaste? Questo approccio di design speculativo, unito al contesto sistemico, può darci una mano.
Il design sistemico, cos’è
Il design sistemico è molto più di un gioco di Tetris planetario. È un approccio olistico che riconosce l’interconnessione di tutti gli elementi in un sistema complesso, sia esso un ecosistema naturale, una città, o l’intera infrastruttura digitale globale.
Nel contesto dell’AI e del design, il pensiero sistemico diventa cruciale. Non possiamo più permetterci di considerare i nostri prodotti e servizi come entità isolate. Dobbiamo invece vederli come parte di un ecosistema più ampio, con implicazioni che si estendono ben oltre l’uso immediato.
Prendiamo l’esempio dei data center di Google che hanno consumato 12,7 miliardi di litri d’acqua nel 2021 solo per il raffreddamento. Questo dato non è solo un numero impressionante, ma un segnale d’allarme che ci costringe a ripensare l’intera infrastruttura su cui si basa la nostra vita digitale.
Il design sistemico ci spinge a considerare l’intero ciclo di vita dei nostri prodotti e servizi. Come possiamo progettare sistemi AI che siano non solo efficienti in termini di prestazioni, ma anche in termini di consumo energetico? Come possiamo creare data center che non prosciughino le risorse idriche locali? Come possiamo progettare dispositivi che siano facilmente riparabili e riciclabili?
Sembra si arrivi a un paradosso: per risolvere il problema del consumo di acqua, utilizzando l’intelligenza artificiale, consumeremo energia e un sacco d’acqua…
Questo però non ci deve condurre a nuove pratiche luddiste, ma a un uso ragionato e commisurato delle nostre capacità progettuali, centellinando l’uso delle risorse, come è sempre stato, dagli artigiani in poi.
Inoltre, il design sistemico ci invita a considerare le interazioni inaspettate tra diversi sistemi. Per esempio, come l’aumento dell’uso dell’AI nel trading finanziario potrebbe influenzare la stabilità economica globale? Come l’automazione basata sull’AI in agricoltura potrebbe influenzare la biodiversità e la sicurezza alimentare?
In un mondo sempre più interconnesso, il design sistemico diventa uno strumento essenziale per navigare la complessità e creare soluzioni che siano veramente sostenibili nel lungo termine. Ci sfida a pensare non solo in termini di prodotti o servizi individuali, ma in termini di ecosistemi interi, considerando gli impatti ambientali, sociali ed economici delle nostre creazioni.
Il design nell’era dell’AI, tra panico e opportunità
In conclusione, l’era dell’AI nel design è come trovarsi all’inizio di una montagna russa: un mix di eccitazione e terrore. Ma ricordate: siamo noi, i designer, a progettare questa montagna russa. Sta a noi assicurarci che sia un viaggio emozionante e sicuro per tutti.
L’AI non sostituirà il design, ma lo trasformerà profondamente. Come designer, dobbiamo essere pronti ad abbracciare queste nuove tecnologie, ma anche a guidarne lo sviluppo in una direzione che sia etica, sostenibile e centrata sull’uomo. Dobbiamo diventare orchestratori di sistemi complessi, mediatori tra l’intelligenza artificiale e quella umana, e guardiani etici delle tecnologie che creiamo.
Il futuro del design nell’era dell’AI richiederà una combinazione unica di competenze tecniche, pensiero critico, empatia e immaginazione. Dovremo essere in grado di sfruttare la potenza dell’AI per automatizzare i compiti ripetitivi, liberando tempo e risorse per la creatività e l’innovazione. Allo stesso tempo, dovremo rimanere vigili sulle implicazioni etiche e sociali delle nostre creazioni, usando strumenti come il design speculativo per anticipare e modellare il futuro che desideriamo.
In questo nuovo panorama, il ruolo del designer diventa più importante che mai. Non siamo solo creatori di interfacce o esperienze, ma architetti del futuro. Con l’AI come nostro potente alleato, abbiamo l’opportunità di ridefinire il modo in cui interagiamo con la tecnologia, di creare soluzioni che affrontino le sfide globali, e di plasmare un futuro che sia più equo, sostenibile e profondamente umano.
Conclusioni
Per chi ha avuto lo stomaco di leggere fin qui, grazie. Perché questo articolo potrebbe essere stato scritto, oppure orchestrato utilizzando ChatGPT 4o + Claude.ai 3.5 Sonnet. Oppure entrambe le cose mischiate.
Potrei averlo scritto di mio pugno, oppure solo orchestrato, istruendo uno o più LLM con i miei prompt e rivedendo il risultato. Potrei anche aver usato solo uno degli LLM per generare il testo e un altro per editarlo.
Magari potrei chiudere io, o far chiudere a un LLM, citando Philip Kotler:
“Le persone non vogliono un trapano, vuole un buco nel muro”.
O meglio ancora, vogliono appendere un quadro o fissare una libreria…
Forse c’è troppo romanticismo sugli strumenti che utilizziamo e troppo poco sul risultato. E questa potrebbe una malattia di noi designer…
N.B.: tutte le illustrazioni sono state generate da ChatGPT 4o.