ANALISI

Verso una nuova definizione di plagio con l’AI copywriting



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Una ricerca recente condotta su centinaia di testi prodotti da ChatGPT evidenzia che i testi generati da AI, in media, mostrano percentuali di similitudine con contenuti preesistenti tra il 20% e il 30%, ma con un match con le singole fonti di circa l’1%

Pubblicato il 23 dic 2024

Angelica Eruli

Founder and CEO WeContent



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Con l’ascesa dell’AI copywriting, il concetto di originalità si trova al centro del dibattito per chi opera nel mondo del digitale. Da una parte, le capacità avanzate dell’intelligenza artificiale generativa stanno trasformando il mondo della scrittura online e, dall’altra, emergono importanti domande sul plagio e sull’effettivo valore di questi contenuti.

Cosa si intende per originalità di un testo online?

Il concetto di originalità di un testo online è stato più volte discusso e per un lungo periodo questo termine è stato ridotto a quanto un testo si discostasse dagli altri già online dal punto di vista semantico. In sostanza, non era una questione tanto di contenuto – nel senso di peso concettuale del testo – ma di come le parole potessero essere rimescolate e parafrasate rispetto a una fonte.

L’obiettivo dei copy era ovviamente generare testi che venissero giudicati dai tool come 100% originali perché, in fondo, questo numero riassumeva le potenzialità di posizionamento del testo in SERP.

Con il passare del tempo, l’originalità è andata ben oltre il significato tradizionale di “non copiato” e si riferisce oggi a contenuti che non siano una semplice riproduzione di materiale già esistente, ma che apportino un valore aggiunto all’esperienza dell’utente. Del resto, i motori di ricerca, e in particolare Google, utilizzano algoritmi avanzati per penalizzare i contenuti duplicati, considerati poco rilevanti, se non addirittura completamente identici ad altri online.

Non si tratta solo di evitare il copia-incolla, ma di garantire che il contenuto sia unico, informativo e adeguato alla query dell’utente: insomma, che risponda agli EEAT (Experience, Expertise, Authoritativeness, Trustworthiness – in italiano: Esperienza, Competenza, Autorevolezza, Affidabilità).

Tuttavia, con l’avvento dell’intelligenza artificiale, queste definizioni richiedono un aggiornamento alla luce di come lavora l’intelligenza artificiale generativa.

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Immagine generata da DALL-E di OpenAI

L’intelligenza artificiale genera contenuti originali?

L’AI genera testi che possono apparire originali, ma il processo generativo sottostante all’AI copywriting si basa su una mera riorganizzazione di dati e frasi già esistenti: gli algoritmi analizzano enormi quantità di informazioni, riconoscono schemi e producono contenuti riorganizzandoli secondo modelli probabilistici: questa metodologia, tuttavia, non implica una rielaborazione creativa, bensì una riproposizione di formule linguistiche consolidate.

Uno studio recente condotto su centinaia di testi prodotti da ChatGPT evidenzi che i testi generati da AI, in media, mostrano percentuali di similitudine con contenuti preesistenti tra il 20% e il 30%, ma con un match con le singole fonti di circa l’1%. Provando a semplificare, si può dire che l’AI effettua delle micro-copiature di brevissime frasi da diverse fonti a disposizione. Questa modalità creativa comporta un “plagio” sulla singola fonte molto basso, ma una percentuale complessivamente alta.

Le percentuali di plagio sui testi di AI copywriting sono più accentuate in contenuti di settori altamente competitivi, dove la varietà lessicale è ridotta: ne sono un esempio i siti di cucina (le ricette sono particolarmente esposte) e quelli medicali.

Nonostante ciò, è opportuno evidenziare come – ad oggi – non ci siano evidenze di penalizzazioni da parte di Google su contenuti in quanto generati da AI, ma il mancato posizionamento ricade su testi che sono privi di valore a prescindere dalla modalità attraverso la quale vengono prodotti. In sostanza, i testi di poco valore (che siano generati da copy in carne e ossa o da 100% AI) non performano in maniera adeguata alla qualità intrinseca del contenuto e il mancato rispetto dei principi di EEAT.

AI copywriting, perché una percentuale così alta di plagio?

Tra i fattori che incidono c’è, prima di tutto, la cosiddetta “cristallizzazione semantica del web”: la tendenza a replicare strutture linguistiche standardizzate presenti online. L’AI attinge a contenuti online che sono scritti in maniera standardizzata e non può fare altro che replicare – come una coazione a ripetere – frasi fatte e concetti generici che, spesso, compromettono l’unicità del testo. Insomma, dal punto di vista semantico, provando a semplificare, l’AI replica il susseguirsi di termini replicando sequenze di parole già esistenti, senza innovare.

Un secondo elemento che contribuisce a una percentuale di plagio strutturata in maniera così peculiare è da attribuire all’incapacità di pensare in modo divergente dell’AI: mentre un autore umano può sintetizzare, interpretare e creare contenuti nuovi, l’AI si limita a combinare informazioni esistenti.

Infine, è importante evidenziare come alcuni settori possano essere più esposti di altri: ad esempio i contenuti del settore medicale vengono spesso strutturati in maniera molto simile tra di loro. Le tradizionali schede sui sintomi, cause e rimedi sono una vera sfida per i copywriter in carne e ossa che devono parafrasare centinaia di pagine di risultati, senza cadere nel solito fraseggio “intervenire tempestivamente sui primi sintomi per evitare che…”.

Verso una nuova definizione di plagio con l’AI copywriting

L’avvento dell’intelligenza artificiale impone un ripensamento del concetto di plagio: non si tratta solo di individuare un copia-incolla diretto da una pagina già esistente, ma di analizzare il livello di rielaborazione creativa di un testo. L’AI, pur non copiando in modo diretto, può generare contenuti che riflettono un linguaggio standardizzato, suscitando interrogativi su un possibile “plagio involontario dell’AI”.

Bisogna quindi adattare la definizione di plagio alle nuove modalità creative dell’AI copywriting per distinguere tra contenuti generati meccanicamente e quelli frutto di una reale creatività. In questo senso ci sono già dei tool che possono individuare i contenuti generati da AI da quelli che invece sono scritti da copy: anche in questo caso non bisogna fare una caccia alle streghe, ma domandarsi come questo testo, al di là delle modalità di scrittura, possa creare valore aggiunto o meno.

Guardando alle pagine di risultati, l’originalità non ha più solo un valore etico, ma è un requisito strategico per la rilevanza dei contenuti e il loro posizionamento sui motori di ricerca. Se utilizzata consapevolmente, l’intelligenza artificiale può rappresentare uno strumento prezioso per affiancare la creatività umana, senza sostituirla.

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