etica e AI

Un appello all’uso etico dell’intelligenza artificiale



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Particolare attenzione va dedicata alle potenzialità della la tecnologia più abile a imitare le migliori o peggiori qualità dell’uomo, e su come essa possa essere impiegata per un bene superiore, riducendo il rischio che venga sfruttata in modo negativo

Pubblicato il 21 apr 2020



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di John E. Kelly III, executive vice president IBM

Come scienziato, ho sempre considerato la ricerca di nuove soluzioni tecnologiche una vocazione. Come cattolico, ho sempre prestato grande attenzione agli stimoli e agli appelli che arrivano dalla Chiesa.

Lo scorso anno, Papa Francesco ha espresso preoccupazione per le ripercussioni che la tecnologia ha e avrà sulla società e sulle famiglie di tutto il mondo e per la possibilità che la sua applicazione aumenti il divario tra ricchi e poveri. Particolare attenzione è stata dedicata alle potenzialità legate all’intelligenza artificiale, la tecnologia più abile a imitare le migliori o peggiori qualità dell’uomo, e su come essa possa essere impiegata per un bene superiore, riducendo il rischio che venga sfruttata in modo negativo.

La Pontificia Accademia per la Vita è stata invitata a concentrarsi sulla problematica e la nostra azienda, in forza del suo impegno, è stata chiamata a cominciare un percorso di studio comune. A seguito di questa riflessione, il 28 febbraio 2020 a Roma, sono stati presentati i risultati del nostro impegno comune: l’appello per un uso etico dell’intelligenza artificiale.

Si tratta di un’occasione unica nel suo genere, come unico è il momento storico in cui ci troviamo a operare nell’ambito dell’innovazione tecnologica.

La necessità di creare regole riguardo alle tecnologie

Nonostante i benefici che possono derivare da un uso responsabile dell’intelligenza artificiale – come il supporto alla scienza medica o la possibilità di rendere ogni tipo di attività umana meno faticosa, più efficiente e più rispettosa dell’ambiente – siamo stati tutti testimoni di cosa può accadere quando la tecnologia viene usata da chi ha cattive intenzioni. Ciò avviene quando una scorretta propaganda genera notizie false, difficili da distinguere da quelle reali. Oppure quando alcune aziende utilizzano i dati personali dei loro clienti a fini di lucro. O quando governi autoritari utilizzano il riconoscimento facciale, e altre forme di AI, per una sorveglianza stile “Grande Fratello”.

È per questo motivo che istituzioni pubbliche e private hanno urgente bisogno di creare delle regole riguardo a tecnologie come l’AI. Questo non comprende solo linee guida etiche, come quelle che il Vaticano chiede. Include anche norme giuridicamente vincolanti. O un impegno come quello descritto nel recente white paper dell’Unione Europea sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale.

Le macchine non sono di per sé buone o cattive, come non c’è nulla di intrinsecamente malvagio nell’AI. Le macchine che gli uomini creano, riflettono semplicemente quello che siamo come persone e come società. E proprio come le persone, le tecnologie di AI sono capaci di azioni sia positive sia negative. La questione è come le macchine vengono usate. E questa è una scelta umana, come lo è la programmazione degli algoritmi.

Il documento promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita richiede la cooperazione internazionale nella progettazione e pianificazione di sistemi di AI dei quali il mondo possa fidarsi, raggiungendo un consenso tra decisori pubblici, ricercatori, accademici e imprese sui principi etici alla base di queste tecnologie.

Ma questa chiamata all’azione non dovrà fermarsi qui. I leader di tutte le grandi religioni del mondo, così come tutte le aziende e le istituzioni dovrebbero unirsi in questo sforzo comune.

Conclusioni

Nel 1997 la nostra tecnologia era già talmente avanzata che il computer Deep Blue batté il grande maestro di scacchi Garry Kasparov. Dieci anni dopo, il nostro sistema Watson è stato in grado di accumulare, analizzare e imparare una tale vasta gamma di informazioni da vincere il quiz televisivo Jeopardy.

Oggi, l’AI ha raggiunto capacità impressionanti. Ecco perché la nostra società ritiene che ogni volta che un’azienda o un’organizzazione utilizza l’intelligenza artificiale, l’utente debba essere avvisato. È anche il motivo per cui, nonostante le capacità dell’AI siano simili a quelle umane, debba essere sempre un essere umano a prendere le decisioni finali. Questo sia quando si tratta di un medico che deve determinare il percorso di cura di un paziente, sia quando l’intelligenza artificiale viene utilizzata in ambiti quali quello militare.

In questo contesto tecnologico, lo scettico potrebbe chiedersi: qual è il valore di sottoscrivere un impegno a favore dell’uso etico dell’AI guidato dal Vaticano? Idealmente, ha il valore di qualsiasi professione pubblica di fede: un impegno a perseguire un bene comune superiore, anche se tutti sanno che gli esseri umani non sono infallibili. Per evitare che questo impegno si limiti però solo alla sfera morale, riteniamo debbano esserci anche norme vincolanti e regole specifiche, che non possano essere ignorate.

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