Sicurezza e salute dei lavoratori: dall’Università di Genova e Start 4.0 arriva un modello per valutare le potenzialità dell’intelligenza artificiale nella lotta al Covid-19.
Il modello propone un approccio e un metodo che si appoggiano su numeri, analisi dei dati e nuove tecnologie abilitanti, utilizzabile sia per riconoscere tempestivamente i nuovi casi di contagio e il loro successivo trattamento, sia per accompagnare fabbriche e filiere industriali verso una riapertura in sicurezza, secondo una logica di ‘co-produzione sanitaria’ del più ampio Sistema Sanitario Nazionale. Un percorso strategico a supporto delle politiche di sicurezza del lavoro delle imprese in grado di mettere insieme dieci infrastrutture strategiche del Paese, dieci linee di intervento e le loro potenziali interazioni in modo da costruire e valutare scenari di utilizzo per ogni settore industriale in termini di proiezione, tracciamento, test, trattamento, adeguamento.
È questo il modello realizzato da Flavio Tonelli e Andrea De Maria dell’Università di Genova, Agostino Banchi di Helpy srl e con la collaborazione di Poli MD S.r.l. di Elena Poli, impegnata nella ricerca e nello sviluppo sperimentale. Il sistema industriale, quindi, le fabbriche e i lavoratori possono diventare soggetti attivi nell’implementazione di un modello che non solo può esser loro di supporto per produrre e lavorare in sicurezza, ma essere “pratica emergente” sulla quale basare la ripartenza del paese durante la fase 2 (endemia estiva), contenere i danni e i disagi dell’autunno e rilanciare il paese nel 2021.
Dal punto di vista epidemiologico, al momento attuale si riscontra una sostenuta riduzione del numero dei casi nuovi giornalieri così come della letalità. Come anticipato in diverse pubblicazioni di fine aprile e inizi di maggio, azioni singole non sono sufficienti a garantire la ripartenza del paese in sicurezza (a meno della situazione meno grave per ragioni di natura virologica ed epidemiologica) così come risulta evidente che non è stato adottato, ancora, un approccio integrato che attraverso un complesso equilibrio di dati, tecnologia e processi operativi sanitari e logistici permetta di consolidare il riavvio graduale (e robusto) del paese. Ancora in questa ultima settimana ci sono regioni osservate speciali che presentano tassi di replicazione pari a quasi il doppio della media nazionale.
La situazione attuale rispetto all’infezione da Covid-19
I fatti salienti da considerare, osservare e mettere in opportuna prospettiva operativa sono i seguenti:
- dopo oltre 2 mesi di fermo (anche se parziale) delle attività produttive molte di queste sono state riavviate anche se con un 20% di operatori in smart working;
- malgrado la chiusura delle attività produttive si è assistito a una riduzione solo limitata dei contagi con R0 pari a 0,8-0,85 a fronte di livelli cinesi di 0,35 rilevati rispetto alla chiusura totale in Hubei;
- questo si può ipotizzare come persistente filtrazione di nuovi casi malgrado la chiusura delle attività produttive (almeno fino a fine aprile);
- non esistono indicazioni di una mutazione del virus scientificamente dimostrate (ciò è perfettamente in linea con la nozione che la mutazione che è rarissima se non impossibile per la natura stessa delle RpRd (RNA-dependent RNA-polymerase virale che ha attività di proofediting eccellente) anche se diversi esperti ipotizzano una ‘riduzione’ degli effetti del virus e altri una riduzione della carica virale a cui i soggetti vengono esposti;
- la trasmissione di SARS-CoV-2 avvenuta in contesti ‘familiari’ (o comunque non specificati e certamente non in relazione stretta con attività le attività produttive), a oggi è divenuta ‘endemica’ e potrebbe rimanere tale per tutto il periodo estivo;
- il grande perimetro di distribuzione nazionale europeo e mondiale del virus e la sua distribuzione geografica in periodo pandemico sia a climi freddi (Islanda-Europa) sia in climi caldi (Malesia, Southern Far East) induce a ritenere che:
- con l’estate non avremo uno spegnimento della sua diffusione ma solo una fase endemica,
- in periodo autunno-inverno avremo una ripresa epidemica possibile;
- la ripresa epidemica sarà alimentata dalla certezza che una grande parte della popolazione italiana non ha visto il virus alla prima ondata e quindi non ha immunità protettiva (sempre che questa sia presente e persistente dopo l’infezione naturale).
Nel corso delle ultime settimane si è assistito a una progressiva modificazione della presentazione clinica dei casi notificati:
- progressiva riduzione dei casi ricoverati per insufficienza respiratoria;
- drastica riduzione dell’afflusso di pazienti Covid-19+ (con addirittura alcune zone a contagio zero), ancorché vi siano delle discrepanze rispetto ad alcuni numeri comunicati a livello nazionale su regioni piccole come Molise, Umbria e Valle d’Aosta,
- aumento sostanziale dei casi ‘tenuti’ a casa e curati a domicilio;
- progressivo smantellamento parziale delle strutture Covid-19+ con previsione di chiusura parziale di alcune di esse;
- significativa riduzione dei ricoveri nuovi in UTI di Covid-19+,
- aumento della capacità di riconoscimento clinico, e trattamento domiciliare;
- comprensione migliore della patogenesi dell’insufficienza respiratoria con apprendimento dal mondo clinico della necessità di intervento precoce senza aspettare la manifestazione di insufficienza respiratoria che determina necessità di ricovero ospedaliero e successivo in UTI;
- percezione netta del mondo scientifico e clinico che la malattia da Covid, se affrontata precocemente alla prima manifestazione clinica, può essere trattata con scarsissima necessità di ricovero, pur in assenza, per il momento, di antivirali specifici che potrebbero comunque essere disponibili prima della fine dell’estate.
Quanto sinteticamente elencato ci porta a formulare un insieme di osservazioni specifiche in merito alla riapertura:
- la probabilità di ripresa di fiamma dell’epidemia persiste soprattutto in autunno;
- la presenza di nuovi eventuali casi ‘dichiarati o noti’ può costituire un efficace punto di origine per un approccio aggressivo di test e trattamento (TT – Test and Treat) che può condurre all’estinzione della sorgente di infezione sia nella fase estiva che in quella autunnale;
- il TTT (Trace, test and treat, ossia tracciamento, test e trattamento) necessita di uno strumento “mirato” e non può essere realisticamente esteso sull’intera popolazione o su di una larga parte di essa (almeno non nel breve);
- la ripresa progressiva, programmata delle attività lavorative, oltre che una necessità del paese, costituisce una grande opportunità di identificare nuovi casi (fabbriche e filiere come ‘co-produttori’ di informazioni per il sistema sanitario nazionale) e di eseguire una aggressiva ed efficace ricerca di tutte le sorgenti di virus, ottenendo numerosi punti di vantaggio quali:
- identificazione certa di casi incidenti in ambiente lavorativo e non più ‘ignoti’ presenti endemicamente sul territorio,
- identificazione di tutti i contatti contagianti,
- estinzione progressiva di tutte le sorgenti di contagio,
- sorveglianza attiva efficace anche in possibili futuri periodi epidemici,
- aumento dell’efficienza di sistema, perché l’attenzione alle ‘infezioni correlati al lavoro’ sono un indicatore efficace del livello di responsabilità aziendale e di sua efficienza nel rispondere all’emergenza Covid-19.
Per poter mantenere R0 a livelli di sostenibilità di medio termine (auspicabilmente intorno a 0,4) rimettere il paese in grado di ripartire riducendo al massimo rischi e incertezza, è necessario pertanto passare a una fase ‘attiva’ grazie alla quale attraverso tamponi e test strutturati, tracciatura dei potenziali contagi, identificazione degli immuni (seppure temporanei) si possano riunificare in una visione olistica ed efficace l’approccio sanitario a quello scientifico a razionale tecnologico che risulti correlato alle infrastrutture strategiche alla base del sistema.
Risulta pertanto possibile stilare un programma di rientro con controlli a questionario su base settimanale e scaglioni di rientro per caratteristiche geografiche anagrafiche e mediche integrato con un controllo attento e puntuale di tracciatura e test che permetta ogni 3 settimane di valutare il progresso delle aperture.
Il modello “10 x 10 x P-3T-A”
Secondo Flavio Tonelli, advisor strategico di Start 4.0 e uno degli accademici che ha sviluppato il concetto, il modello “10 x 10 x P-3T-A” è un’idea d’avanguardia organizzativa, perché si propone di contestualizzare per ogni settore industriale di interesse quali siano le migliori pratiche da adottare per rendere sicura ed efficace la fase 2 in azienda, in tutto il Paese nel pieno della sua estensione e delle sue interazioni tra infrastrutture correlate. Lavorando in parte con dati sperimentali e in parte con dati reali il modello consente di elaborare scenari di riapertura graduale e progressiva e di stimare alcune grandezze soglia da non oltrepassare oltreché l’eventualità di identificare la corretta sequenza temporale di controlli per prevenire nuovi focolai epidemici attraverso una integrata e strutturata implementazione delle 3T.
Il modello vuole essere allo stesso tempo anche un richiamo alle istituzioni per incidere sull’approccio decisionale.
ll modello sviluppato e proposto si viene a delineare quindi come organico, strutturale, in altre parole pianificabile, poiché basato sulla interazione potenziale e programmata tra le 10 infrastrutture strategiche individuate nella linea del tempo come identificato dalle 10 linee di intervento; esso rappresenta la dinamica di un sistema complesso dove non esistono soluzioni puntuali ottimali ma solo equilibri bilanciati e tempo variabili che necessitano di una fase di preparazione, programmazione, verifica, adeguamento al fine di determinare, in modo efficiente, un punto efficace di incontro tra prudenza e rientro indiscriminato. Il modello proposto permette sottende allo sviluppo di un razionale tecnologico-sanitario-relazionale in grado di ridurre e gestire la complessità caratterizzante la situazione corrente e indirizzare tutti gli ‘stakeholder’ verso un processo di analisi organizzato e convergente siano essi espressione del governo centrale che di quello regionale.
In questo contesto, per evitare una seconda devastante ondata di contagi, diventa essenziale la sostenibilità nel medio termine delle riaperture, da monitorare attraverso controlli a questionario massimo ogni 14 giorni e scaglioni di rientro per caratteristiche geografiche anagrafiche e mediche e integrato con un controllo attento e puntuale di tracciatura e test che permetta ogni 3 settimane di valutare il progresso delle aperture. Lo sviluppo tecnologico (la linea di intervento temporale n.9), cioè la razionalizzazione di strumenti e tecnologie offerti, come App, sistemi di video sorveglianza e controllo termografico, braccialetti intelligenti, tecnologie cloud, droni, sistemi di intelligenza artificiale, rappresenta inoltre un passaggio moderno e fondamentale, una evoluzione di come una pandemia possa essere tenuta sotto controllo nei tempi moderni.
Un passaggio ‘epocale’ che tuttavia non si realizza grazie alla sola presenza della tecnologia bensì grazie a una precisa strategia di valutazione e adozione che segue lo sviluppo di società ed economia.
Le 10 infrastrutture strategiche (IS) coinvolte | Le 10 linee di intervento (LI) temporale |
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Approccio P-3T-A (Proiezione-Tracciamento-Test-Trattamento-Adeguamento) | |
Tecnologie Abilitanti (TA-IA) IMPLEMENTATE | |
Tecnologie Abilitanti (TA-IA) DISPONIBILI |
Tabella 1 – Il modello “10 x 10 x P-3T-A” per il posizionamento e l’impatto di tecnologie abilitanti basate su intelligenza artificiale
Il ruolo dell’intelligenza artificiale
Quale può essere il ruolo dell’intelligenza artificiale rispetto alla pratica implementazione di un modello di questo tipo? Quali le applicazioni a supporto della proiezione, del tracciamento o del trattamento? Quali altre applicazioni che risultassero di utilità stanno emergendo? Di seguito alcune possibili risposte ed esempi:
Nuovi paradigmi di osservazione e predizione (IS 1-10 e LI 4-5-7-10)
Diverse aziende nel mondo (i.e. BlueDot) hanno tentato di individuare precocemente l’insorgere dell’infezione rivedere continuamente numerosi insiemi di dati come notizie, vendite di biglietti aerei, dati demografici, dati climatici e popolazioni animali. Sulla base di queste correlazioni è stato possibile per BlueDot prevedere, a partire dal focolaio a Wuhan il 31 dicembre 2019, le città che più probabilmente avrebbero sperimentato conseguenze. Un altro sistema, HealthMap, integra i dati delle ricerche di Google, dei social media e dei blog, oltre ai forum di discussione per identificare i primi segni di un’epidemia e valutare la risposta pubblica. In Slovenia, il centro internazionale di ricerca per l’intelligenza artificiale (IRCAI) ha lanciato, in collaborazione con l’Unesco, un’allerta “intelligente” sul coronavirus che fornisce aggiornamenti sulle notizie globali e nazionali sulla base di una selezione di media e informazioni online, utile fonte di informazioni per i responsabili politici, i media e il pubblico circa tendenze emergenti relative a Covid-19.
Ricerca di una cura o vaccino (IS 1-3-8)
L’assistenza ai ricercatori per progettare un vaccino, attraverso la biomedicina, dove tecniche di informatica e statistica danno già da tempo il loro contributo. Le previsioni sulla struttura del virus generato dall’IA hanno già risparmiato agli scienziati mesi di sperimentazione con un supporto significativo anche se limitato a causa delle regole ‘continue’ e della combinatoria infinita per lo studio dello sviluppo delle proteine. Il ruolo dell’IA nella riduzione dei tempi per sviluppare un prototipo di vaccino testabile sull’uomo grazie al supporto della bioinformatica.
Condivisione strutturata della conoscenza (IS 8-9-10 e LI 8-9)
Nelle settimane successive alla comparsa del nuovo coronavirus a Wuhan, in Cina, nel dicembre 2019, sono stati pubblicati quasi 2.000 articoli di ricerca sugli effetti di questo nuovo virus, sui possibili trattamenti e sulle dinamiche della pandemia. Microsoft Research, la National Library of Medicine e l’Allen Institute for AI (AI2) hanno presentato il 16 marzo 2020 il loro lavoro, che consisteva nel raccogliere e preparare più di 29.000 documenti relativi al nuovo virus e alla più ampia famiglia dei coronavirus, 13.000 dei quali sono stati elaborati in modo che i computer potessero leggere i principali dati bibliografici.
Su tali temi è stato anche creato un insieme di dati aperto (Open Reasearch Dataset) e lanciata una sfida specifica su Kaggle (COVID-19 Open Research Dataset Challenge – CORD 19) che ha coinvolto anche NIH, White House AI2, CZI ed MSR.
Assistenza al personale sanitario (IS 3 e LI 9)
L’impiego dell’AI si ritrova anche nel software di diagnostica coronavirus per rilevare i problemi polmonari utilizzando la tomografia computerizzata, anche se originariamente utilizzato per diagnosticare il cancro ai polmoni. Sembra che almeno 34 ospedali cinesi abbiano utilizzato la tecnologia per aiutarli a esaminare 32.000 casi sospetti. L’Accademia Alibaba DAMO ha anche addestrato un sistema di IA per riconoscere i coronavirus con una presunta precisione del 96% e la potenzialità di elaborare le 300-400 scansioni necessarie per diagnosticare un coronavirus in 20-30 secondi, contro i 10-15 minuti a un medico esperto. Dalla Corea del Sud perviene un contributo per ridurre a poche settimane la progettazione di kit di test basati sul corredo genetico del virus, quando normalmente ci vorrebbero dai due ai tre mesi, dall’Azienda biotecnologica Seegene che ha utilizzato il suo sistema di sviluppo di test automatizzati per sviluppare il kit di test e distribuirlo su larga scala. Aspetto di assoluto rilievo è che la possibilità di effettuare test su larga scala potrebbe consentire un potenziamento rilevante della infrastruttura sanitaria consentendo un controllo efficace della pandemia. La Corea del sud, per esempio, ha equipaggiato 118 strutture mediche con questo dispositivo e testato più di 230.000 persone. Anche in Italia abbiamo avuto un progetto interessante, con l’IRCCS San Raffele che in collaborazione con Microsoft ed NVIDIA ha generato il progetto AI-SCoRE che consente, analizzando la mole di dati pregressa sul virus, di identificare i pazienti più fragili sui quali concentrare le attività del personale sanitario.
Premesse e problemi sul controllo della popolazione (IS 4,5,10 e LI 1, 2, 9, 10) e l’applicazione dell’AI
A Singapore il supporto della tecnologia per il controllo epidemico ha utilizzato emissione di un ordine di contenimento per le popolazioni a rischio, verifica del rispetto delle misure tramite cellulare e geolocalizzazione, controlli casuali a domicilio (che tuttavia sarebbero inapplicabili in Italia) a causa dell’accettazione sociale di misure di sicurezza restrittive. Tuttavia, l’AI può essere utilizzata a sostegno delle politiche di sorveglianza di massa come in Cina, dove sono stati utilizzati dispositivi per misurare la temperatura e riconoscere gli individui o per dotare le forze dell’ordine di caschi “intelligenti” in grado di segnalare gli individui con un’alta temperatura corporea anche in presenza della mascherina protettiva grazie a un dispositivo per aumentare al 95% il tasso di riconoscimento di chi indossa maschere chirurgiche. Israele ha sviluppato un piano di controllo dei dispositivi mobili personali per ridurre il rischio di contatto con persone potenzialmente portatrici del virus. Sempre in Corea del Sud, violazioni di prossimità e assembramento possono essere rilevate e inviate alle autorità sanitarie. A Taiwan, alle persone infette, viene fornito un telefono cellulare che registra la loro posizione GPS in modo che la polizia possa rintracciare i loro movimenti e assicurarsi che non si allontanino dal luogo di confinamento. In Italia, probabilmente la APP Immuni potrà essere utilizzata per tracciare i contatti delle ultime ore/giorni di una persona che risulta infetta. In Lombardia, gli operatori telefonici hanno messo a disposizione i dati riguardanti il passaggio di un telefono portatile da una cella telefonica all’altra anche se si possono rilevare esclusivamente i flussi e non gli individui. Richieste simili sono state fatte anche dal governo degli Stati Uniti che ha quindi chiesto ad alcune aziende di avere accesso a dati aggregati e anonimi, soprattutto sui telefoni cellulari, per combattere la diffusione del virus, aziende che in generali hanno risposto con estrema prudenza in considerazione del rischio legale e del potenziale danno d’immagine, come in altri paesi. Appare evidente che una revisione della regolamentazione dei dati potrebbe contribuire meglio definire l’interazione pubblico-privata in caso di pandemia e a determinare quali tipi di emergenze debbano essere oggetto di un interesse collettivo sui diritti individuali. In quest’ambito la computer vision può assistere sia nel controllare e segnalare l’efficacia del distanziamento fisico (tramite telecamere fisse o mobili), che rilevando in maniera proattiva assembramenti sociali che possono aumentare i rischi di contagio, sia in contesti pubblici che, soprattutto, aziendali.
Conclusioni
Le tecnologie abilitanti digitali, e in particolare l’AI, si vengono a determinare quindi come strumenti cruciali per contribuire a costruire una risposta coordinata rispetto a un fenomeno epidemiche di rilevante portata. I molteplici utilizzi riportati evidenziano anche i limiti implementativi e quindi non possiamo aspettarci senza uno schema di integrazione sofisticato possano compensare le difficoltà strutturali delle infrastrutture sanitarie. Risulta fondamentale quindi la valutazione delle misure di emergenza adottate durante la crisi, per individuare i benefici e le problematiche insite nell’impiego delle tecnologie abilitanti digitali e dell’intelligenza artificiale comporta. In particolare, come sostiene Flavio Tonelli, è importante considerare strumenti come modello 10x10xP-3T-A per un’attenta analisi delle interrelazioni delle misure temporanee di controllo e di monitoraggio di massa della popolazione.