L’applicazione delle tecnologie di riconoscimento facciale in ambito smart city

Finora il settore del riconoscimento biometrico è rimasto quasi del tutto privo di regolamentazione. Si sta lavorando a un “mercato unico europeo” dei dati industriali per imprese e governi

Pubblicato il 26 Giu 2020

Sebastiano Gadaleta

Progetto Impresa

Riconoscimento Facciale

Le cosiddette tecnologie biometriche, o più semplicemente il riconoscimento facciale o facial recognition, rappresentano una nuova sfida sia tecnologica sia normativa con implicazioni quotidiane nella nostra vita. Questo può sicuramente essere un elemento interessante nell’ottica della città intelligente, in quanto la capacità di raccogliere dati e sviluppare fabbisogni può incrementarsi enormemente.

Vediamo nell’ordine le applicazioni pratiche e lo stato attuale della normativa analizzando le opportuna di business che possono nascere. Tutte queste implicazioni risultano utili in un ecosistema quale quello delle smart city, ove sicuramente il riconoscimento facciale può essere insieme ai big data e machine learning un elemento di riferimento.

Riconoscimento facciale, le attuali applicazioni nel mondo

Le applicazioni di riconoscimento facciale, ovvero le tecnologie di riconoscimento biometrico, nel mondo, sono di varia natura con differenti livelli di sicurezza a seconda delle possibilità normative fornite da ogni singolo paese.

Basti pensare che, ad esempio, a Shenzhen, in Cina, gli anziani utilizzano gratuitamente la metro attraverso il riconoscimento facciale, consentendo l’apertura dei tornelli istantanea. Questo ha come effetto un enorme risparmio di tempo nell’ingresso e naturalmente delle relative code.

Nelle vendite on line, sempre nei paesi asiatici è possibile acquistare e caricare i dati di consegna attraverso il riconoscimento facciale.

Questi due casi sono collegati a una normativa estremamente permissiva relativamente alle tecnologie di riconoscimento biometrico.

Non solo i paesi del Sudest asiatico hanno applicazioni interessanti.

La compagnia Emirates ha sperimentato il riconoscimento facciale negli Stati Uniti (dopo l’approvazione ottenuta dalla U.S. Customs Border Protection) per i normali controlli di identità presenti al gate. Questa procedura evita code e consente in 2 secondi il controllo di identità ipotizzando anche l’assenza di carta di imbarco e passaporto. In un futuro immaginario l’obiettivo è sicuramente automatizzare tutti i controlli attraverso tecnologie biometriche o di riconoscimento facciale.

In periodi di distanziamento sociale, come quello ancora in corso, il riconoscimento facciale può essere utile per differenti applicazioni. Si pensi al tracciamento o al riconoscimento all’ingresso di ristoranti o centri commerciali.

Questi scenari appena descritti possono far paura, ma forse dobbiamo renderci conto quanto siamo già coinvolti in questo.

Oggi Facebook è un enorme database di dati biometrici, basti pensare a Faceapp.

FaceApp ha alla base un algoritmo complesso di intelligenza artificiale, che sicuramente va ben oltre la modifica del nostro viso come immagine.

Questo ci porta a considerare come forse la nostra privacy è già compromessa e magari il riconoscimento biometrico può ulteriormente semplificarci la vita di tutti i giorni.

Affidabilità della tecnologia

Se è vero che da un lato l’evoluzione possa essere necessaria per uno sviluppo in ottica smart city o comunque di miglioramento della vita quotidiana, dall’altro vi è un dato di sicurezza e accuratezza del riconoscimento che deve essere completo.

Con questo intendiamo dire che il margine di errore dovrebbe essere minimo ovvero non esserci. Perché se da domani si potranno fare innumerevoli attività attraverso il riconoscimento facciale è altrettanto vero che un minimo margine di errore nell’algoritmo di riferimento potrebbe avere effetti catastrofici. Questo argomento viene evidenziato, perché applicazioni precedenti rispetto alle tecnologie di riconoscimento facciale non hanno avuto un’affidabilità eccezionale.

Ricordiamo che a Londra tra il 2016 e il 2018 sono state effettuate sperimentazioni sulle immagini derivanti da telecamere che hanno portato nel 96% dei casi (cittadini) a identificare come criminali, comuni cittadini.

Con questo si ritiene che l’affidabilità del riconoscimento facciale è condizione necessaria per la sua applicabilità.

Normativa come driver di mercato

Come abbiamo visto in precedenza, in alcuni paesi asiatici la normativa consente un uso delle volte indiscriminato delle tecnologie di riconoscimento biometrico/ facciale. Tra questi la fanno da padroni i giganti tecnologici, come Alibaba ad esempio.

In termini di business, quindi, sperimentazioni e applicazioni, il dato normativo nell’ecosistema di riferimento è sicuramente un ostacolo (ovvero opportunità) del mercato di riferimento.

In Europa, la Commissione europea ipotizzava la possibilità di proibire il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici. La norma aveva quale interesse la salvaguardia e la privacy dei cittadini nei luoghi pubblici ostacolando un uso non funzionale del riconoscimento facciale. Allo stato attuale, invece, sembra che rimarrà una riserva di legge per i governi nazionali, partendo dal presupposto che l’uso di tecnologie di riconoscimento facciale è generalmente di difficile applicazione secondo il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati. Entro fine anno le norme saranno meglio definite e probabilmente il riconoscimento facciale rientrerà nella riserva di legge nazionale, con però necessità di applicazione della stessa solo in caso di eccezioni giustificate e proporzionate (come linee guida per i singoli paesi). Tutti i governi però allo stesso tempo dovranno testare e certificare gli algoritmi per comprendere il rispetto dei diritti fondamentali di privacy. Dalla Commissione europea verranno quindi gli obiettivi di regolamentazione di sistemi di intelligenza artificiale (AI) ad alto rischio, così come viene definito il riconoscimento facciale, che dovranno essere “trasparenti, tracciabili e garantire il controllo umano” in settori ‘sensibili’ come “salute, sicurezza e trasporti“.

Per ora, quindi, il settore del riconoscimento facciale, è quasi del tutto privo di regolamentazione. Si sta lavorando a un “mercato unico europeo” dei dati industriali per imprese e governi, capace – garantisce il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton – di “cambiare le nostre società ed economie” e mettersi al servizio di crescita, ambiente e infrastrutture.

Il riconoscimento biometrico, però può rappresentare anche in termini di marketing una fonte dati di analisi come targhettizzazione dei propri clienti. Si pensi, ad esempio, al mondo della medicina estetica. Per questo motivo vi sono stati diversi interventi, tra cui quello della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen che ha dichiarato come la UE debba fare le proprie scelte sulla tecnologia consapevole che le tecnologie devono servire ai cittadini e non il contrario.

Conclusioni

Per tutti gli operatori hi-tech che stanno lavorando su tecnologie di riconoscimento facciale, o biometrico, con successive applicazioni in termini di big data e machine learning, per ora non trovano terreno agevole in ambito comunitario, ma si può serenamente affermare che lo scenario è in piena evoluzione. In particolare in tutti i paesi in cui si sta pianificando una fase 2- post Covid 19 sicuramente di non semplice gestione.

A parere di chi scrive le forme di riconoscimento facciale possono rappresentare una semplificazione della vita di tutti i giorni in ottica città intelligente, ma allo stesso tempo rappresentare una semplice evoluzione dei dati già presenti nei vari database. Dobbiamo sempre ricordare quanto di noi stessi in termini di immagini e/o di dati è già presente sul web.

Pertanto bisognerebbe riflettere anche in termini di competitività per le nostre aziende, che con i limiti attuali sicuramente hanno maggiori difficoltà a sviluppare le loro attività di business sul tema tecnologie di riconoscimento biometrico in Europa rispetto ad altri paesi.

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