Ben lungi dal rappresentare un futuro minaccioso, intelligenza artificiale e robot possono diventare i migliori amici dell’uomo, proprio come gli animali domestici. Negli Stati Uniti è già in via di sperimentazione su persone anziane la “pet robot therapy”, cioè la terapia con animali domestici artificiali, robotizzati.
L’efficacia della pet therapy, con animali in pelo e ossa, è ormai conosciuta da tempo. Vivere con un animale domestico mantiene la persona anziana in condizioni psicologiche migliori, allontanando sindromi depressive e contribuendo al benessere generale. Doversi prendere cura di un animale aiuta a vivere meglio e, forse, anche più a lungo. Ma è possibile ottenere gli stessi effetti, o magari anche maggiori, con un animale domestico artificiale, un piccolo robot? Secondo i ricercatori che se ne sono occupati la risposta è sì, anzi ci sono dei vantaggi.
Pet robot e Socially Assistive Robotics (SAR)
Occorre premettere che il ricorso ai robot non è limitato alla compagnia per gli anziani ma si estende alla cura e al sostegno di vari disturbi, presenti in età diverse, fra i quali l’autismo. Il robot, che abbia o no forma di animale, non può – almeno per ora – sostituirsi al terapeuta o al caregiver umano, ma può supportarlo efficacemente.
È stata coniata quindi l’espressione “Socially Assistive Robotics” (SAR), che definisce un tipo di assistenza in un ambiente sociale interattivo: un robot umanoide svolge il ruolo di trainer, monitorando al tempo stesso i progressi del trattamento impartito, in modo da poterlo modificare, se necessario, ricorrendo all’intelligenza artificiale.
La SAR deriva dalla “Assistive Robotics”, già utilizzata principalmente per riabilitare i pazienti con disabilità fisiche, ma include la modalità interattiva della “Socially Interactive Robotics”. Si tratta della capacità di attivare e mantenere un’interazione sociale, tipica dei robot giocattolo, che sono in grado di assumere espressioni facciali e movimenti gestuali, fino a imitare le espressioni e i movimenti della persona che sta giocando.
In più, la SAR include interazioni sociali, che hanno lo scopo di fornire assistenza riguardo non solo al movimento, come nella robotica interattiva, ma anche alla riabilitazione psicologica. La SAR è già stata impiegata in: riabilitazione post-traumatica, recupero di pazienti cardiopatici, programmi di allenamento, rieducazione del paziente dopo ictus o altre patologie neurologiche e anche nel campo della salute mentale.
I pet robot agiscono sempre in modo prevedibile
Come può un pet robot agire come un terapeuta? Il robot è usato come “compagno intelligente”; nel caso dei modelli che imitano nell’aspetto e nel comportamento gli animali domestici, a differenza di quelli reali il robot può essere programmato in base alle ricerche sull’efficacia delle terapie con animali domestici. La terapia assistita da robot, quindi, rispetto a quella “assistita da animali” (pet therapy), ha l’indubbio vantaggio che i robot sono controllabili più facilmente, rispetto agli animali, creano un ambiente prevedibile, senza imprevisti. Inoltre sono scevri da “effetti collaterali”, come ad esempio i fenomeni di allergia al pelo e possono operare 24 ore su 24, 7 giorni su 7. La solitudine è un problema rilevante per gli adulti di mezza età e gli anziani; un’indagine effettuata un paio di anni fa ha rilevato che circa un terzo degli over 45 si sente solo; oltre il 20% degli over 60 è affetto da disturbi neurologici e mentali, compresa la demenza, che può scatenare depressione e ansia insieme a problemi cognitivi. E il senso di solitudine e di isolamento sono aumentati nell’ultimo periodo a causa dell’emergenza Coronavirus.
Paro, il robot foca
Curiosamente, uno dei primi e più studiati modelli di robot con sembianze animali utilizzato per la terapia sugli anziani affetti da demenza non è un animale domestico bensì una foca. Si chiama Paro, ed è stato realizzato da Takanori Shibata, ricercatore dell’azienda giapponese Aist.
Paro è lunga 55 centimetri e pesa poco più di 2 chili e mezzo. È in grado di muovere gli occhi, la testa, le pinne e dispone di un gran numero di sensori che la rendono sensibile alla luce e al tatto su tutto il corpo, compresi i baffi. Tra le sue caratteristiche, grazie all’AI, può riconoscere la voce del paziente e apprende informazioni, come il nome della persona e le sue abitudini personali e comportamentali.
Paro è stato usato anche per restituire sicurezza agli anziani traumatizzati dall’incidente della centrale nucleare di Fukushima. Risponde ad abbracci e carezze, aiutando a migliorare lo stato d’animo delle persone anziane con un deficit cognitivo o soggetti a disturbi depressivi; ma l’efficacia nel ridurre lo stress e la solitudine è stata provata anche negli anziani senza gravi patologie.
Perché proprio un cucciolo di foca? La scelta si deve, naturalmente, al paese di origine, il Giappone, dove le foche sono molto popolari. Soprattutto, si è preferita la foca, al posto di un cane o un gatto, perché è un animale sconosciuto tanto da non generare aspettative nella persona durante l’interazione. Dal pelo molto soffice, il robot Paro è dotato di una serie di sensori: tattili, di luce (riconosce le fonti luminose), uditivi (individua la direzione di una fonte sonora ed è dotato di speech recognition) e di equilibrio. La realizzazione prevede attuatori per far muovere il collo verticalmente e orizzontalmente, oppure le palpebre, in modo indipendente l’una dall’altra, le pinne e la coda.
Paro, tre tipi di comportamento
È importante notare che Paro è in grado di assumere tre tipi di comportamento: reattivo, proattivo e fisiologico. Il comportamento reattivo è relativo ai pattern base per la risposta agli stimoli esterni, ad esempio girare la testa verso una fonte sonora di alto livello.
Il comportamento proattivo è generato grazie a una rete neurale, che memorizza stati interni, stimoli e addirittura un ciclo circadiano che determina, con il proseguire dell’interazione, anche il carattere del robot, il bisogno di dormire o di essere stimolato.
Il comportamento fisiologico si basa sul ritmo sonno-veglia, su una memoria a lungo termine in grado di tenere traccia delle modalità di interazione intercorse precedentemente e anche sullo stato delle batterie di alimentazione, per cui quando queste sono quasi esaurite Paro appare stanco e i suoi movimenti sono rallentati.
L’utilizzo di una rete neurale consente a Paro, di fatto, l’apprendimento artificiale; quindi, se i comportamenti base che il robot può esibire sono un numero finito, grazie alla rete neurale se ne possono generare un numero potenzialmente infinito.
Non solo terapia, anche assistenza
La Siasun Robot & Automation, uno dei maggiori costruttori di automi della Cina, ha annunciato di aver sviluppato una serie di robot capaci di fornire assistenza agli anziani nella vita quotidiana.
La Siasun ha già sviluppato una ventina di diversi generi di prodotti nel settore dell’automazione, compresi robot intelligenti per la cura quotidiana, letti intelligenti, poltrone-letto semiautomatiche e ausili per la deambulazione già in uso in istituti di cura, strutture mediche e ospedali per gli anziani.
Robotic pet therapy per i malati di Alzheimer
In una residenza per anziani di Cesano Boscone si praticano la robotic pet therapy e la doll therapy. L’iniziativa è dell’Uneba Lombardia – Fondazione Sacra Famiglia e si rivolge a persone affette da demenza ospiti del Centro Multiservizi Villa Sormani.
Il ricorso ai robot per curare questo genere di malattie degenerative viene visto come cura non farmacologica, ed è utile a rievocare nei pazienti una memoria retrograda che va a stimolare la riabilitazione e il mantenimento delle capacità bio-psicosociali.
Oltre alla terapia con animali domestici artificiali (si utilizza un robot con le sembianze di un gatto), Fondazione Sacra Famiglia ha realizzato degli ambienti nei quali si pratica la doll therapy, una terapia che fa uso di un robot-bambola con le sembianze di un neonato, con una zona fasciatoio, vestitini da neonato, passeggino e altro.
Gli ospiti della residenza possono interagire con la bambola e il robotic pet in tre modalità: in base a una loro scelta autonoma, come intervento assistenziale in situazioni di disagio emotivo, infine durante il trattamento riabilitativo in terapia occupazionale, per migliorare e mantenere le capacità che vanno riacquisendo.
Tombot, pet robot a soli 500 dollari
Negli Usa la Tombot, una società di Santa Clarita, in California ha creato un prototipo di robot-cucciolo da compagnia. La Tombot è una delle poche aziende che lavorano sulla prossima generazione di robot sociali, progettati per le esigenze e le capacità di acquisto degli anziani. A differenza di Aibo, il robot cane della Sony, che costa circa 2.900 dollari, e di Paro, ancora più costosa (oltre 6mila dollari), i robot-cuccioli della Tombot costeranno intorno ai 500 dollari.
I pet robot presentano l’ulteriore vantaggio, rispetto agli animali veri, di non avere bisogno di essere portati fuori per i bisogni, e questo li rende utilizzabili anche da anziani affetti da patologie che impediscono loro di prendersi cura di un animale.
Sull’efficacia della pet therapy sui malati di demenza si è espressa negli Usa anche l’Alzheimer’s Association: “La ricerca sugli animali domestici e sulle persone con demenza è alquanto limitata e tutt’altro che conclusiva, ma ci sono prove aneddotiche che suggeriscono che questo tipo di interazione può aiutare alcune persone che vivono con Alzheimer da moderata a grave o con altre forme di demenza”.
Lo Stato di New York ha ordinato e distribuito 1.100 animali da compagnia dopo che uno studio condotto su anziani che vivono soli, durato 30 giorni, ha rilevato che questi possono alleviare la solitudine e l’isolamento. E se funziona con gli animali, può funzionare anche con i robot animaloidi.