La formazione 4.0 secondo Google e le falle del sistema formativo

La big tech propone corsi di 6 mesi che equivarrebbero a una laurea. In Italia abbiamo un netto divario fra ciò che le aziende chiedono e ciò che il sistema universitario produce. Occorre un rapido balzo di aggiornamento nei programmi universitari, in linea con il veloce progresso tecnologico

Pubblicato il 09 Ott 2020

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È notizia recente la dichiarazione shock di Google: l’inizio di una campagna di corsi online della durata breve, mediamente 6 mesi, dal costo basso, circa 300 dollari e che a detta della società avranno lo stesso valore di una laurea. Per dare maggiore forza a questa dichiarazione Google dichiara che chi avrà questo “attestato” avrà identico trattamento economico di un laureato da parte della gestione del personale di Google stessa. Di fronte alla forza di una dichiarazione di questo tipo le reazioni sono state tra lo scetticismo, l’accusa di frasi a effetto per farsi pubblicità, la difesa totale del sistema formativo tradizionale. Eppure Google pone un problema di formazione.

Se la dichiarazione fosse stata fatta da un ente formativo nostrano avremmo potuto ritenere legittimo liquidare queste affermazioni come boutade pubblicitaria, ma stiamo parlando di Google. La capogruppo Alphabet è la quinta azienda al mondo per capitalizzazione. Ma soprattutto è una azienda know-how centrica pura, dove il 100% degli asset sono immateriali, dove il successo è dato dalle persone che ci lavorano dentro. Azienda in cui lavorano tra i migliori scienziati al mondo, che basa la sua forza sulla capacità di creare altissima tecnologia. Impegnata su progetti più complessi di quanto la maggior parte delle persone sia in grado di capire. Dai computer quantici, all’intelligenza artificiale, alla guida autonoma, che lo scorso anno ha speso in ricerca e sviluppo 17 mld di dollari, quando l’intera Italia settore pubblico più privato ne ha spesi 21. La credibilità sul tema dell’azienda era sicuramente meritevole di un approfondimento e di una discussione.

I tre fattori della formazione

Oggi il mondo e l’Italia in particolare si trovano in una situazione anomala nella storia: siamo di fronte a tre fattori apparentemente incompatibili.

  1. Abbiamo la generazione con il più elevato livello di formazione mai avuto nella storia, che ha dedicato allo studio un tempo quasi doppio rispetto ai propri genitori.
  2. Allo stesso tempo una disoccupazione giovanile tra le più alte della nostra storia recente. Uno skill mismatch (in italiano disallineamento delle competenze) elevatissimo sia perché abbiamo spesso lavoratori overskilled, e cioè che sono più competenti di quanto necessario per lavorare, sia undeskilled cioè non sono competenti per quello che fanno.
  3. Ma soprattutto un divario sempre maggiore tra ciò che è richiesto dal mercato e ciò che la formazione, specie universitaria, offre. Una situazione frustrante per tutti gli attori ma in particolare per chi entra nel mondo del lavoro, che da una parte non vede valorizzate le proprie competenze, dall’altra è cosciente di non essere in grado di fornire le risposte al mercato del lavoro. Con intere categorie di lavoratori che sono introvabili con milioni di posti vacanti in ambito continentale. Il tema è affrontato ogni anno nel report di Boston Consulting” Fixing the Global Skills Mismatch” che misura anche il calo di produttività delle imprese, per nazione, per questo problema. Questo per una serie di motivi ma alla base di tutto possiamo identificare l’obsolescenza e l’inadeguatezza dell’offerta formativa. Dove in alcuni casi l’obsolescenza arriva dopo 2-5 anni. Meno del tempo richiesto per la formazione.

Non stiamo dicendo che una laurea in ingegneria sia inutile anzi, sicuramente è in grado di fornire prospettive lavorative interessanti. Ma semplicemente non possiamo ignorare che c’è un problema oggettivo nella società.

La parte che però è più interessante valutare e se cerchiamo di valutare il problema dal punto di vista storico.

Excursus storico della formazione scientifica

Se nel 1700 le informazioni apprese erano utili per un paio di secoli, nel 1930 per almeno 50 anni oggi ci troviamo nella situazione in cui il progresso tecnologico e della conoscenza sono così veloci che le nozioni apprese durante un percorso formativo diventano obsolete mediamente in meno di un decennio. Se questo processo oltretutto è svolto in modo adeguato e aggiornato. Questo perché il progresso tecnologico segue un andamento esponenziale. Qualche esempio lo ci può avere se vediamo i tempi di adozioni dalla maggior parte della popolazione di una nuova tecnologia. Negli Usa, ci sono voluti 85 anni per il telefono, 65 per l’elettricità, 34 per il computer, 20 per internet, 15 per il cellulare, 13 per lo smartphone. Il fatto che il progresso sia esponenziale ci porta a un ulteriore problema. Se guardiamo verso il futuro il fenomeno è ancora più difficile da gestire. Con conoscenze che diventano obsolete sempre più velocemente. L’idea di un’unica tipologia di percorso formativo, lineare forse non è più sufficiente. Ci dobbiamo preparare ad un futuro in cui una persona dovrà dedicare lunghi periodi alla formazione ogni 3-6 anni. Magari possiamo immaginare una formazione in cui il ruolo di docente e di studente si inverte molte volte nel corso di una vita. L’idea di una costosa formazione universitaria come formazione di crescita culturale dell’uomo in quanto cittadino rischia di essere spesso inadeguata e pericolosa. Per assolvere a questo compito ci sono tutte le formazioni scolastiche fino alla maggiore età. Bisogna essere coscienti che investire decine se non centinaia di migliaia di euro in un percorso di laurea che non da gli strumenti per affrontare il mondo del lavoro, è oggi un investimento che molte famiglie non possono permettersi. È un lusso da ceti molto abbienti. Il compito di una formazione universitaria dovrebbe essere quello di dare un potente tool set da usare subito nel mondo del lavoro. La proposta di Google a questo punto è quella di fornire un perfetto skill match. Cioè le competenze che ti servono, nel momento giusto della tua vita, per fare il lavoro che ti troverai ad affrontare. E visto che si tratta di Google naturalmente le prime formazioni riguardano professioni digitali: Data Analyst, Project Manager e UX Designer. Naturalmente Google non sta sostenendo l’inutilità di una laurea, specie se STEM abbinata ad un percorso di dottorato post dottorato etc., semplicemente sta cercando una soluzione principalmente a un suo problema. La mancanza di personale qualificato, formato, che serve sia a lei che al mercato per continuare a crescere.

Conclusioni

Confrontiamo adesso questo pragmatismo con il mondo accademico nostrano. Abbiamo docenti che ancora oggi fanno i corsi con i lucidi e che quindi non aggiornano da almeno un ventennio le loro lezioni. Abbiamo studenti che magari hanno abbandonato gli studi e che oggi nel tentativo di riprenderli per recuperare un credito su un esame perdono sei mesi. Abbiamo giovani laureati che il mercato non assorbe. Forse il tema merita un approfondimento e una riflessione maggiore da parte di tutti gli attori che oggi governano la formazione piuttosto che liquidare un progetto di tale portata come trovata pubblicitaria.

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