ANALISI

Big-tech AI, non tutte le bolle vengono per nuocere



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Le bolle finanziarie non sono sempre negative: negli ultimi anni, le grandi aziende tecnologiche hanno dimostrato la capacità di influenzare mercati e consumi su scala globale; il peso dei loro investimenti non si limita ai bilanci aziendali, ma si estende a interi ecosistemi economici, alimentando settori come i data center, i semiconduttori e le infrastrutture energetiche

Pubblicato il 13 gen 2025

Maurizio Carmignani

Management Consultant, Trainer, Startup Advisor



AI bolla

Nel cuore dell’era digitale, le grandi aziende tecnologiche, le cosiddette Big-tech, stanno affrontando una sfida senza precedenti. Da un lato, continuano a spingere i limiti dell’innovazione, investendo cifre colossali in tecnologie come l’intelligenza artificiale. Dall’altro, affrontano il rischio crescente che questi investimenti possano generare bolle speculative. Ma cosa significa realmente parlare di bolle? Perché, nonostante i rischi, potrebbero essere essenziali per il progresso?

Lo stato delle Big-tech: tra crescita e spese colossali

Società come Amazon, Meta, Microsoft, Google e Apple stanno accumulando spese in conto capitale (capex) a livelli impressionanti, principalmente per sostenere l’infrastruttura necessaria allo sviluppo dell’AI. Ad esempio, Meta e Microsoft spendono rispettivamente il 20% e il 19% dei loro ricavi in capex, mentre l’ammortamento di queste spese è ancora lontano dal riflettersi pienamente nei bilanci. Questo squilibrio suggerisce che, nel breve termine, gli utili potrebbero non crescere proporzionalmente agli investimenti, sollevando dubbi sulla sostenibilità di questa corsa agli armamenti tecnologici.

Un’analisi più dettagliata mostra che le spese in conto capitale sono indirizzate principalmente alla costruzione di data center, all’acquisto di chip avanzati e alla creazione di infrastrutture necessarie per supportare l’espansione dell’AI generativa. Amazon, ad esempio, ha investito miliardi nella sua infrastruttura AWS (Amazon Web Services), mentre Google ha aumentato significativamente le sue spese per migliorare i propri sistemi di intelligenza artificiale e cloud computing.

In termini percentuali, Alphabet ha visto crescere il proprio capex del 30% rispetto all’anno precedente, un segnale chiaro della sua volontà di dominare il mercato dell’AI. Parallelamente, l’entusiasmo per l’AI è ai massimi livelli, spingendo molti analisti a chiedersi se non ci troviamo già nel mezzo di una nuova bolla tecnologica.

Le bolle finanziarie hanno anche dei vantaggi

Eppure, la Storia insegna che le bolle non sono sempre negative. Negli ultimi anni, le Big-tech hanno anche dimostrato una capacità unica di influenzare mercati e consumi su scala globale. Il peso dei loro investimenti non si limita ai bilanci aziendali, ma si estende a interi ecosistemi economici, alimentando settori correlati come i data center, i semiconduttori e le infrastrutture energetiche. Questi investimenti massicci potrebbero contribuire a creare nuovi standard tecnologici e culturali, facendo aumentare, però, anche la vulnerabilità a oscillazioni improvvise del mercato. L’esuberanza del mercato tende a diffondersi. Le aspettative di crescita in un settore influenzano quelle in altri.

Gli investitori stanno già finanziando i data center e le infrastrutture immobiliari richieste dalle aziende di intelligenza artificiale in forte crescita. Più a lungo dura una frenesia e più grande diventa una bolla, maggiori saranno le implicazioni per altre parti dell’economia. Una bolla di lunga durata e grande portata, con valori degli asset in ascesa e un entusiasmo maniacale, finirebbe per attirare anche gli investitori più prudenti. Se l’entusiasmo per le nuove tecnologie spingesse gli investitori a credere maggiormente nella crescita economica globale, questo influenzerebbe tutti i mercati finanziari, inclusi i prestiti bancari. Gli apologeti delle bolle finanziarie hanno ragione a evidenziarne i possibili vantaggi.

AI bolla

C’è una naturale inclinazione a concentrarsi sugli effetti negativi delle bolle speculative, poiché i danni immediati – crolli di mercato, perdite finanziarie e conseguenze sociali – sono più visibili e tangibili rispetto ai benefici a lungo termine, che richiedono anni per emergere. Come osservava Keynes, “nel lungo periodo saremo tutti morti”, questo porta a privilegiare ciò che è immediato e concreto rispetto a ciò che è distante e incerto.

Le bolle sono un male necessario?

Tradizionalmente, le bolle sono considerate un fenomeno dannoso. Si verificano quando i prezzi degli asset salgono ben oltre i loro valori fondamentali, alimentati da un’esuberanza irrazionale, per poi crollare in modo devastante.

Nel loro recente libro Boom: Bubbles and the End of Stagnation, Byrne Hobart e Tobias Huber offrono una prospettiva diversa. Gli autori sostengono che le bolle possono essere utili per stimolare l’innovazione e creare infrastrutture durature. Durante la mania britannica delle ferrovie. nella prima metà dell’800, molti investitori persero grandi somme di denaro, ma il risultato fu una rete ferroviaria nazionale che trasformò il trasporto e il commercio nel Regno Unito.

La bolla delle dotcom negli anni ’90 vide il crollo di molte aziende, ma lasciò dietro di sé l’infrastruttura di internet, che oggi è alla base dell’economia digitale globale.

Un altro esempio è rappresentato dalla corsa all’oro in California del XIX secolo, spesso considerata una forma di bolla. Sebbene molti cercatori d’oro abbiano fallito, le città e le infrastrutture costruite durante quel periodo hanno permesso a regioni come San Francisco di emergere come centri economici.

Un caso più recente è l’adozione delle criptovalute. Sebbene molte iniziative siano fallite o siano state etichettate come speculative, la tecnologia blockchain ha guadagnato una posizione solida come strumento innovativo per la gestione decentralizzata dei dati. Senza l’entusiasmo e la speculazione iniziale, lo sviluppo di queste tecnologie avrebbe probabilmente subito rallentamenti significativi.

Perché le bolle non sono sempre negative

Uno dei concetti centrali del libro è quello di energia di attivazione. Le bolle, sostengono gli autori, funzionano come un “calcio iniziale” per settori che altrimenti non si svilupperebbero. Un esempio è quello delle aziende con effetti di rete: il valore di un prodotto è proporzionale al numero di persone che lo utilizzano. All’inizio, adottare un nuovo prodotto può sembrare irrazionale, ma una volta raggiunta una massa critica, il suo valore esplode. Un altro fenomeno cruciale è il progresso parallelo: molte tecnologie richiedono che diverse innovazioni si sviluppino simultaneamente.

Ad esempio, non avrebbe senso costruire stazioni di servizio senza auto e viceversa. Le bolle possono creare le condizioni per far decollare interi ecosistemi tecnologici. Infine, le bolle possono favorire il clustering temporale, concentrando investimenti e risorse in brevi periodi di tempo. Questo fenomeno accelera l’adozione di nuove tecnologie e stimola una competizione virtuosa tra aziende, che cercano di emergere in mercati ancora inesplorati.

Il paradosso dell’avversione al rischio e la crisi dell’impegno

Oltre agli aspetti economici, Hobart e Huber esplorano le radici culturali della nostra stagnazione. Sostengono che l’invecchiamento della popolazione e una crescente avversione al rischio abbiano reso la società meno incline a scommettere sul futuro. Questo fenomeno non si limita alle decisioni finanziarie: si riflette anche nella paura di impegnarsi, che gli autori paragonano alla fobia del matrimonio. Come le bolle finanziarie, anche l’innamoramento è una sorta di “bolla emotiva”, che fornisce l’energia necessaria per costruire un progetto di vita comune.

Questa analogia suggerisce che la nostra civiltà potrebbe non soffrire tanto di avversione al rischio quanto di una più ampia fobia dell’impegno. Le bolle, quindi, potrebbero essere un modo per superare questa paralisi, spingendo individui e società a investire in grandi progetti collettivi. L’impatto psicologico delle bolle non deve essere sottovalutato. Esse creano entusiasmo, fiducia e senso di urgenza, ingredienti fondamentali per mobilitare risorse e talenti su larga scala. Anche se alcune bolle finiscono per scoppiare, lasciano spesso dietro di sé un patrimonio di conoscenze e infrastrutture che possono essere utilizzate per il progresso futuro.

Conclusioni

Nonostante i rischi e le perdite associate, le bolle possono essere motori di progresso e innovazione. Generano infrastrutture, stimolano investimenti e creano le condizioni per cambiamenti epocali. Nel contesto delle Big-tech e dell’AI, è essenziale comprendere che non tutte le bolle sono uguali: quelle con un forte stimolo tecnologico, se ben gestite, possono lasciare un’eredità positiva. La vera sfida è trovare un equilibrio tra l’entusiasmo e la cautela, tra la razionalità e la follia creativa. In fondo, come dimostra la storia, ogni grande rivoluzione è nata da un pizzico di irrazionalità.

Forse, allora, la prossima volta che sentiamo parlare di una bolla, invece di temerla, dovremmo chiederci: cosa possiamo costruire con questa energia? Come individui e come società, possiamo scegliere di accogliere l’incertezza come un’opportunità per crescere, sperimentare e trasformare il mondo intorno a noi. Le bolle, in definitiva, non sono altro che un riflesso dell’infinito potenziale umano di sognare e creare.

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