L’Annual Global CEO Survey di PwC, giunta quest’anno alla sua 27ima edizione, ha evidenziato chiaramente che la maggioranza dei 4.702 CEO intervistati ritiene che la GenAI sia il principale elemento catalizzatore della trasformazione aziendale dei prossimi anni, con implicazioni significative sul modo in cui le imprese creano e attraggono valore. In questo contesto, il tema delle competenze è nodale: oltre i due terzi degli intervistati, infatti, sono convinti che la diffusione e l’adozione di sistemi basati sull’AI richiederanno nuove competenze (67% in Italia e 69% Global).
In Italia, in particolare, il tema assume dimensioni eccezionali a causa dell’ampio mismatch di competenze tra domanda e offerta di lavoro: il 25% dei CEO italiani ritiene che la mancanza di alcune competenze dei professionisti rappresenti il principale ostacolo al cambiamento, più ancora della carenza di capacità tecnologiche, della limitatezza delle risorse finanziarie, dell’instabilità nella supply chain e delle problematiche infrastrutturali.
Upskilling e reskilling per i professionisti
I dati evidenziati uniti alla progressiva automazione di competenze meccaniche, analitiche e cognitive di base ad opera dell’AI, mettono sempre più in evidenza la necessità delle imprese di lavorare su due fronti paralleli: da un lato l’avvio di programmi tecnici di upskilling e reskilling per i professionisti e, dall’altro, il supporto allo sviluppo di tutte quelle competenze tipicamente definite «trasversali» o «soft» o «power», ovvero quell’insieme di abilità sociali, interazionali ed emotive, squisitamente umane e non automatizzabili, che saranno sempre più determinanti per gestire con successo la trasformazione in atto.
Per quanto attiene, in particolare, i programmi di upskilling e reskilling in Italia, le imprese privilegiano ancora una formazione di natura strettamente tecnica e orientata al settore Stem. Tale approccio, però, nel contesto attuale rischia di non essere sempre il più efficace. Se, infatti, è vero che le competenze tecniche sono essenziali, è altrettanto vero che la diffusione delle nuove tecnologie digitali e dell’AI ha accelerato la velocità con cui le competenze diventano obsolete e necessitano di essere aggiornate. Da qui la necessità delle imprese di poter contare su risorse tanto competenti, quanto predisposte all’apprendimento continuo.
Risulta, quindi, determinante affiancare ai programmi di upskilling e reskilling, un’attività mirata a rafforzare alcune competenze trasversali strategiche per le professioni del futuro. Tra queste saranno sempre più rilevanti la capacità di gestire progettualità complesse, l’abilità di identificare possibili criticità di progetto e proporre multipli approcci alla loro gestione e la capacità di valutare diverse soluzioni possibili di natura tecnologica o meno. Oltre a trovare le soluzioni ai problemi sarà anche fondamentale monitorare efficacemente l’implementazione della soluzione scelta, risolvendo tempestivamente eventuali imprevisti e comunicando in modo regolare avanzamenti. La capacità di comunicare sarà sempre infatti più importante, per valorizzare i risultati positivi dei progetti gestiti e garantire la giusta visibilità del contributo del team di lavoro alle performance aziendali.
Il report “L’intelligenza artificiale e le competenze del futuro” di PwC Italia
Solo la combinazione di competenze tecniche e character skills, cioè tutte le competenze caratteriali che rendono le persone flessibili, innovative e in grado di continuare a imparare, permetteranno di massimizzare le opportunità offerte dalla trasformazione tecnologica.
Come evidenziato nel report “L’intelligenza artificiale e le competenze del futuro” elaborato dall’Ufficio Studi di PwC Italia, infatti, ogni transizione tecnologica ha comportato un cambiamento del paradigma occupazionale, ovvero un’evoluzione delle competenze richieste per allinearsi alle nuove esigenze del mercato. Quella in atto è una vera e propria rivoluzione della natura dei modelli di business, dei processi produttivi e dei servizi offerti e che riguarda innanzitutto la gestione e la formazione del capitale umano, riconosciuto come fattore critico per mantenere la competitività della propria azienda.
Il ruolo determinante di scuole e università
In questo contesto emerge il ruolo determinante di scuole e università. È necessario, infatti, che alla classica formazione nozionistica sia affiancato un approccio formativo legato alle necessità del mondo professionale e improntato alla flessibilità, caratteristica indispensabile per l’apprendimento continuo. Sia le competenze tecniche di cui necessitano le imprese, sia lo sviluppo delle soft skill necessarie per affrontare al meglio i cambiamenti in corso, infatti, non possono essere frutto solo di percorsi formativi aziendali.
La capacità degli individui di pensare “out of the box” potrà concretamente aiutare le imprese nell’avvalersi delle strategie adatte a produrre nel tempo effettiva “innovazione” e sviluppo del business e dell’identità aziendale. Formare il capitale umano per il futuro non significa solo incentivare la digitalizzazione della popolazione ma anche sostenere ed educare volontà, responsabilità, flessibilità, autonomia, intelligenza sociale ed emotiva, e quindi promuovere lo sviluppo pieno della persona che determina il successo delle organizzazioni che sono e saranno in continua trasformazione.