ANALISI

AI nelle aziende, ancora poche hanno un piano definito



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È la fotografia che emerge dal rapporto “Intelligenza artificiale in Italia”, realizzato da Minsait insieme all’Università LUISS Guido Carli. Il 25% delle aziende cerca di ottenere una maggiore efficienza nelle proprie operazioni come leva fondamentale per migliorare la propria competitività

Pubblicato il 18 giu 2024

Roberto Carrozzo

Head of Intelligence & Data Minsait



minsait rapporto AI

La maggior parte delle aziende non sa ancora come applicare l’intelligenza artificiale nello sviluppo del proprio business, né ha piani di implementazione di questa tecnologia allineati ai piani strategici. Infatti, solo il 22% dispone di un piano di intelligenza artificiale definito e allineato al piano strategico aziendale. In molti casi, non esiste nemmeno una solida base tecnologica a supporto di un’implementazione agile dell’AI. Questa è la fotografia che emerge dal rapporto “Intelligenza artificiale in Italia”, realizzato da Minsait insieme all’Università LUISS Guido Carli. Il rapporto si basa sulle informazioni fornite da oltre 500 aziende italiane appartenenti a 11 settori e fa parte di uno studio più ampio su oltre 900 aziende di tutto il mondo, integrato da interviste con manager specializzati in intelligenza artificiale.

Il ritardo dell’Italia nell’adozione dell’AI

Una situazione di ritardo che impedisce di sfruttare appieno il potenziale di questa tecnologia dirompente. L’intelligenza artificiale consente nuovi modelli di business e trasformazioni dell’esistente, moltiplicando la portata, l’agilità ed efficacia delle organizzazioni. Questi sono aspetti chiave per ottenere il massimo di competitività in un mercato sempre più esigente e mutevole.

Ecco perché l’intelligenza artificiale ha acquisito, vertiginosamente, una rilevanza che non può che aumentare. Aziende e organizzazioni dovranno integrare questa tecnologia come asse centrale del proprio business promuovendo una trasformazione culturale in grado di contrastare la resistenza naturale al cambiamento, che può rallentare e ridurre l’impatto dell’adozione dell’AI.

In quest’ottica, l’adozione dell’AI deve seguire un approccio duplice e complementare, combinando l’intelligenza artificiale applicata ai casi d’uso di impatto tangibile con un governo dell’AI che garantisce la gestione del cambiamento su solide basi operative e un uso tecnologico responsabile.

Tuttavia, secondo il nostro studio c’è ancora molta strada da fare…

Le motivazioni e gli ostacoli all’adozione

Il rapporto Minsait-Luiss rileva che le aziende di tutti i settori partono da un basso livello di adozione dell’AI, ma sono consapevoli della sfida di guidarne e sfruttarne il pieno valore con il progredire della tecnologia. Infatti, molte di esse (52%) si stanno già lanciando nell’implementazione di casi d’uso, in particolare per l’AI generativa, il che ha portato a un’esplosione di referenze in una fase molto più precoce rispetto a quanto accade di solito per altre tecnologie emergenti. Lungi dall’eclissare la versione tradizionale, dove c’è ancora molto valore da sfruttare, l’AI generativa è diventata anche il moltiplicatore per la diffusione dei casi d’uso e per accelerare il suo ingresso nelle aziende.

Tra le aziende che hanno già intrapreso questo percorso, le organizzazioni esprimono l’efficienza operativa come obiettivo principale: il 25% delle aziende cerca di ottenere una maggiore efficienza nelle proprie operazioni come leva fondamentale per migliorare la propria competitività. Un’altra motivazione frequentemente citata è quella di migliorare l’esperienza dei clienti e dei cittadini con cui interagiscono (20%).

È importante notare che, pur essendo una tecnologia innovativa, non viene attualmente applicata per scopi più dirompenti, come la trasformazione del modello di business dell’organizzazione o dell’offerta di prodotti e servizi (13%). Le principali barriere o fattori che rallentano questo percorso, secondo lo studio, sono la carenza di competenze e talenti di professionisti specializzati nell’intelligenza artificiale (19%), con le figure del ricercatore dell’AI e del Data scientist che sono tra le più ricercate nelle aziende (circa il 75%), e la mancanza di fattori tecnologici abilitanti (16%).

Un altro ostacolo all’adozione è la limitata maturità delle aziende italiane in termini di infrastruttura tecnologica: a prescindere dalla dimensione dell’azienda, la maggior parte di queste ancora non hanno un’infrastruttura abilitata (circa il 65%). Solo le banche da questo punto di vista sembrano più avanti nell’avere almeno un’abilitazione tecnologica (con circa l’80%).

Per chi invece un’infrastruttura la ha, si nota una preferenza importante nel tenere i dati “a casa”, limitandosi a infrastrutture “ibride” ma non completamente su cloud pubblico. Più del 95% delle aziende ha infrastrutture on-premise oppure ibride. Questo fa capire come sia rilevante per le aziende avere il controllo del proprio dato e forse anche una mancanza di fiducia nell’affidare dati a servizi esterni.

AI nelle PMI

Gli ambiti di applicazione dell’AI

L’intelligenza artificiale ha differenti ambiti di applicazione, ma purtroppo tante aziende sono ancora timide nel partire con casi d’uso effettivi.

Un interesse importante per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale riguarda l’area marketing e vendite verso i clienti, con circa il 45% delle risposte. Un altro ambito dove risulta essere molto applicata è quello legale, con oltre il 50% di interesse. Tale interesse risulta giustificato dal fatto che il settore legale è estremamente orientato alla gestione dei documenti, in termini di analisi di grosse moli documentali e produzione di documenti. Questi processi, al giorno d’oggi, possono essere del tutto o in parte automatizzati tramite l’AI.

Anche in ambito Information Tecnology (IT) ed Environmental, Social & Governance (ESG) la copertura è buona, con circa il 45% di use case ia utilizzati in entrambi i contesti, poiché oggi l’AI può supportare la funzione IT sia per quanto riguarda i tool di scrittura di codice sia per la gestione dell’infrastruttura e la sicurezza informatica, mentre nell’ESG può aiutare ad avere sistemi che permettano di migliorare gli aspetti correlati e il monitoraggio, evidenziando come sia importante il tema all’interno delle organizzazioni.

La preoccupazione per il quadro normativo

L’intelligenza artificiale, e in particolare l’AI generativa, richiede alle organizzazioni di essere costantemente aggiornate sulle normative applicabili e di stabilire linee guida e principi chiari per facilitarne lo sviluppo, l’utilizzo e l’implementazione. Tuttavia, il 13% delle aziende che hanno partecipato allo studio ha evidenziato l’instabilità del quadro normativo come uno dei principali ostacoli all’adozione dell’AI e circa il 60% delle aziende intervistate ancora non ha una corretta conoscenza del contesto normativo.

L’attuale quadro normativo, con l’iniziativa pioneristica dell’AI Act, è ancora agli inizi ed è limitato sia geograficamente che per quanto riguarda la portata. Inoltre, l’AI responsabile non è solo un compito del legislatore e delle istituzioni, né solo delle imprese. Realizzare un’AI etica, responsabile e sostenibile è un compito collettivo, una responsabilità comune che richiede un’alleanza tra tessuto produttivo, mondo accademico, società civile e istituzioni pubbliche.

Nei prossimi anni, si prevede che le iniziative di AI saranno protagoniste nel promuovere la trasformazione tecnologica nelle aziende e nelle amministrazioni. Bisogna accelerare il grado di adozione dell’intelligenza artificiale nelle nostre aziende, che oggi rappresenta un vantaggio competitivo ma domani sarà una necessità per rimanere competitivi sul mercato.

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