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Come l’AI può cambiare competitività, sviluppo territoriale e sostenibilità economica



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Una analisi ragionata dei dati scaturiti dalla recente ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano. Sei grandi organizzazioni su dieci (61%) dichiarano di avere all’attivo – almeno a livello di sperimentazione – progetti di intelligenza artificiale, tasso che scende al 18%, però, tra le piccole e medie imprese

Pubblicato il 12 feb 2024
Camilla Sorrentino

ricercatrice Osservatorio AI Politecnico di Milano




generativa AI

Parlando di artificial intelligence (AI), il 2023 sarà ricordato sia dal grande pubblico che dagli specialisti come l’anno che ha segnato il confine tra due ere, quella del “prima” e quella del “dopo”, con l’evento spartiacque rappresentato dall’exploit commerciale della Generative AI (GenAI). Sebbene la più popolare tra le soluzioni di GenAI, ChatGPT, sia stata rilasciata nel novembre 2022, è stato il 2023 l’anno in cui si è compresa la portata del reale cambiamento indotto, sotto molteplici prospettive. Nel tumulto di grandi aspettative e moniti su una tecnologia che fa passi avanti verso abilità sempre più spiccatamente umane, il mandato per le istituzioni italiane ed europee appare chiaro.

“Noi oggi dobbiamo prendere una posizione. Dobbiamo decidere che partita giocare come Europa e come Italia”. Si esprime così il direttore generale dell’AGiD, Mario Nobile, in occasione del Convegno Finale dell’Osservatorio AI del Politecnico di Milano a proposito del ruolo centrale che l’intelligenza artificiale può e deve giocare per la competitività del sistema economico nazionale.

Un primo passo con il Programma Strategico Nazionale sull’Intelligenza artificiale

Un passo in questa direzione è già stato compiuto con la pubblicazione e implementazione del Programma Strategico Nazionale sull’Intelligenza Artificiale 2022-2024 che delinea tre principali aree di intervento per incentivare lo sviluppo dell’ecosistema nazionale: rafforzare le competenze e attrarre talenti; aumentare i finanziamenti per la ricerca avanzata; incentivare l’adozione dell’AI e delle sue applicazioni. Quasi volto al termine, nell’ultimo biennio il Programma ha permesso soprattutto di mettere a disposizione risorse necessarie per la creazione di talenti nostrani attraverso il finanziamento di nuove borse di dottorato e di posti da ricercatori in ambito AI. Investimenti che però non possono fermarsi qui perché per beneficiare davvero della potenza di cui la tecnologia è capace. “Dobbiamo formare l’elite dei creativi dell’AI sui modelli fondazionali e renderli più integrati in tutte le possibili applicazioni orizzontali”, come afferma Maria Chiara Carrozza, presidente del CNR.

Osservatorio AI 2024

Ricerca avanzata e imprese

Anche sullo sviluppo della ricerca avanzata – in aggiunta alla già citata creazione di borse PhD e per ricercatori – una menzione speciale spetta alla qualità delle pubblicazioni scientifiche in ambito AI da affiliazioni italiane, che si attesta sui valori medi dei top performer EU come Francia e Germania[1]. Si registrano segnali molto incoraggianti anche sul fronte delle imprese, in particolare se si considera la forte crescita del mercato dell’intelligenza artificiale italiano nel 2023 e la presenza di start-up innovative sul territorio. Il paese è quindi pronto a cogliere le opportunità di questa tecnologia tanto disruptive quanto strategica per la competitività e la produttività nazionale? Non proprio. Nonostante gli investimenti fatti, permane la criticità di attrarre talenti dall’estero e trattenere le risorse in Italia, principalmente per mancanza di opportunità di carriera e stabilità nel medio termine. Inoltre, come spesso accade nel nostro contesto, sono poche le grandissime organizzazioni e un ridotto sottoinsieme di piccole società innovative a rappresentare casi di eccellenza, mentre rimane quasi assente l’intelligenza artificiale nella grande maggioranza delle PMI.

I dati di mercato sull’intelligenza artificiale

In questo scenario di luci e ombre, il segnale positivo più inequivocabile è l’entusiasmo del mercato. Con un tasso di crescita record del +52%, il mercato dell’AI in Italia nel 2023 raggiunge i 760 milioni di euro[2]. Il 90% di questo valore è dovuto alle grandi imprese, mentre la quota restante si suddivide in modo sostanzialmente equilibrato tra piccole e medie imprese e Pubblica Amministrazione.

Le soluzioni

Le classi di soluzioni con le quote più rilevanti sono Data Exploration & Prediction Systems e Decision Support & Optimization Systems (29%). Rientrano in queste voci applicazioni come sistemi di previsione della domanda o ottimizzazione della produzione in ambito manifatturiero, customer analytics e churn rate prediction. Seguono i progetti relativi all’interpretazione del linguaggio scritto, sotto il cappello di Text Analysis, Classification & Conversation Systems (27%). Queste iniziative spaziano da servizi di analisi e interpretazione dei testi per ricerca semantica, alla classificazione, sintesi e spiegazione di documenti fino agli agenti conversazionali tradizionali. Al momento, tali progettualità sono ancora distinte dalle applicazioni di Generative AI sul testo, ma certamente i prossimi anni porteranno ad una convergenza sempre più forte, in cui sarà pressoché impossibile distinguere il contributo delle diverse metodologie.

Le progettualità specificatamente realizzate tramite la Generative AI pesano oggi il 5% (ca. 38 milioni di euro). La principale area di applicazione è legata all’introduzione di assistenti virtuali (Generative Language, Conversation and Translation Systems), in prima battuta per finalità interne, di valorizzazione della knowledge base aziendale.

I settori

A livello settoriale, il comparto Energy, Resource & Utility si conferma il primo per quota di mercato seguito a pari merito da due settori caratterizzati da trend di adozione molto diversi: Banking e Manufacturing. Nel primo caso gli investimenti in AI sono sempre guidati da grandi gruppi e nuove realtà native digitali mentre gli altri attori continuano ad avere un’offerta più tradizionale. Il mondo manifatturiero, invece, ricopre una certa rilevanza nella quota complessiva, ma ciò è dovuto più alla numerosità delle aziende che all’ammontare degli investimenti, come dimostra la spesa per singola unità, che è tra le più contenute. Degno di nota è il settore Telco & Media, primo nel 2023 per tasso di crescita e caratterizzato da un’elevata spesa media per azienda, data la concentrazione del mercato. I casi d’uso principali riguardano sistemi di AI per rilevare anomalie di trasmissione, ottimizzare le reti e profilare i clienti.

Le imprese

Guardando invece allo scenario applicativo nelle imprese, circa 6 grandi organizzazioni su 10 (61%) dichiarano di avere all’attivo – almeno a livello di sperimentazione – progetti di intelligenza artificiale, tasso che scende al 18% tra le piccole e medie imprese. Le aziende che avevano già avviato almeno una sperimentazione proseguono e accelerano. Contrariamente alle aspettative, l’avvento della Generative AI non sembra aver influenzato il percorso di avvicinamento all’AI di quelle aziende che non hanno ancora adottato la tecnologia.

Il futuro è però ricco di aspettative; tra le grandi realtà che non hanno progetti all’attivo, il 37% ha intenzione di attivare progettualità di intelligenza artificiale nei prossimi 12 mesi e si moltiplicano le iniziative di workshop ispirazionali/formativi sul tema. Circa 2 grandi aziende su 3 hanno discusso internamente delle applicazioni delle Generative AI, tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale, dunque). D’altro canto, soltanto il 7% delle piccole e medie imprese sta riflettendo su potenziali applicazioni e solo il 2% ha concretamente attivato almeno una sperimentazione.

Il pubblico

L’effetto generativo ha investito anche il grande pubblico: nel 2023 la quasi totalità degli italiani[3] (98%) dichiara di aver sentito parlare di intelligenza artificiale e, soprattutto, circa 3 italiani su 4 hanno sentito parlare di ChatGPT pur non identificandolo con il termine Intelligenza Artificiale Generativa in quasi la metà dei casi. Segnale che lo strumento conversazionale lanciato da OpenAI non è percepito come parte di un’evoluzione tecnologica più ampia. Tra le fasce di popolazione più inclini alla tecnologia circa 4 italiani su 10 hanno anche interagito con ChatGPT almeno una volta (il dato medio si ferma al 25%).

La GenAI ha però reso più immediate e concrete le preoccupazioni legate all’impatto sociale e legale dell’intelligenza artificiale. Attualmente, il 77% degli italiani manifesta timori, tra cui si confermano al primo posto gli impatti sul mondo del lavoro.

Tra utopismo e pessimismo tecnologico, di che futuro del lavoro ci parlano i dati?

Il potenziale di automazione dell’AI

L’Osservatorio AI del Politecnico di Milano stima già ad oggi, il potenziale di automazione dell’AI in termini posti di lavoro equivalenti[4] sul territorio nazionale, considerando il presente stato dell’arte della tecnologia e la distribuzione settoriale della forza lavoro, pari al 50%. Un potenziale a dir poco strabiliante, soltanto in minima parte messo a terra nell’attuale sistema produttivo. Questo potenziale rimane infatti tale se, come doveroso, si considerano quegli elementi che determinano l’effettiva adozione della tecnologia: in primis, gli investimenti in infrastrutture tecnologiche, dati e competenze che permettano di esprimere il potenziale dell’AI nelle organizzazioni, investimenti che possono essere cospicui, e non tutti immediatamente sostenibili; in secondo luogo le normative che regolano l’utilizzo di questi sistemi, limitandone alcune tipologie; in terzo luogo, il costo operativo e di manutenzione di sistemi di AI, che in alcuni contesti è superiore al costo del fattore umano.

Infine, è d’obbligo considerare che nonostante l’AI possa oggi automatizzare alcune specifiche attività che fanno parte di un’occupazione, la capacità di un essere umano di orchestrare più capacità insieme e sviluppare sinergie tra le diverse mansioni è una proprietà che i sistemi di AI non contemplano e che porterà nel breve termine a una configurazione più probabile in cui AI sarà a supporto e in sostituzione dell’uomo (si parla apertamente di Job Augmentation). Riprendendo le parole di Giuliano Noci, professore del Politecnico di Milano “L’AI cambiando il modo di lavorare delle persone e delle imprese diventa un elemento quasi culturale trasversale alle diverse professioni”.

Alla luce di queste considerazioni, incrociando il potenziale di automazione con la distribuzione della popolazione lavorativa (Istat) e con la diffusione di applicazioni di AI nelle imprese italiane (Osservatorio AI, Politecnico di Milano 2023), è possibile stimare che circa 3,8 mln di posti di lavoro equivalenti potranno essere automatizzati, grazie alle nuove capacità delle macchine, entro il 2033. Ed è forse una buona notizia.

Da alcuni anni, a causa dell’invecchiamento della popolazione, assistiamo a un progressivo accentuarsi dello squilibrio tra popolazione attiva e inattiva, con forti ripercussioni sulla sostenibilità del sistema previdenziale. Questa nuova fonte di automazione sarà dunque indispensabile per ridurre il gap atteso al 2033 nell’offerta di lavoro, pari altrimenti a 5,6 milioni di posti di lavoro equivalenti. Se l’AI si conferma come una necessità per far fronte alle sfide demografiche del futuro, soltanto tramite un’attenzione alle nuove esigenze dei lavoratori, alla formazione e ad un’equa redistribuzione dei benefici si riuscirà a trarne valore come società nel suo complesso.

Conclusioni

Infine, nonostante molti tentativi fatti da esperti di tutto il mondo di prevedere cosa ci possa riservare il futuro (anche prossimo) dell’AI, quello che abbiamo osservato nello scorso 2023 ci scoraggia dal cimentarci in previsioni, tranne per una: il potenziale di cambiamento, che si è caricato negli anni scorsi, è ora drammaticamente pronto per essere rilasciato, generando un’accelerazione che richiederà le migliori capacità manageriali e una solida etica, perché dalle straordinarie nuove capacità delle macchine possa emergere un futuro fatto di prosperità ed equità.

Note

  1. Percentuale di pubblicazioni ad “alto impatto” sul totale delle pubblicazioni in ambito AI dei singoli paesi. Questo KPI è basato sui dati forniti dall’OCSE attraverso la piattaforma OECD.ai
  2. Osservatorio Artificial Intelligence, Politecnico di Milano
  3. Campione: popolazione italiana di utenti internet, dai 18 ai 74 anni.
  4. L’equivalente in posti di lavoro della somma del tempo impiegato in singoli task che potranno essere affidati alle macchine (robot o agenti SW).

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