Il momento grave di gestione dell’epidemia Covid-19 fa riflettere sulle opportunità della sanità digitale, soprattutto considerando quanto sia determinante la diagnosi precoce in situazioni di emergenza come quella che viviamo.
Attualmente siamo pervasi da big data. Esistono aziende che hanno sviluppato algoritmi impiegando l’intelligenza artificiale per predire le epidemie, come la canadese Blue Dot la cui piattaforma di monitoraggio sanitario già a fine dicembre aveva avvisato del pericolo del Covid-19, dopo aver analizzato molteplici fonti di dati, fra cui quelli divulgati dalle autorità sanitarie, notizie da tutto il mondo, tradotte e analizzate grazie ad algoritmi di natural language processing.
L’impiego dell’AI si sta progressivamente diffondendo in ambito sanitario; gli algoritmi sfruttano dataset significativi, sia in termini quantitativi sia qualitativi e contribuiscono a rendere più efficiente tutto quello che regola la cura del paziente (i.e. esito delle terapie farmacologiche) e a ottimizzare i processi di logistica ospedaliera (i.e. realizzazione di un sistema di approvvigionamento di farmaci e materiale ospedaliero just in time basato totalmente su algoritmi predittivi).
La società di consulenza McKinsey & Company, nel report “Artificial Intelligence: the next Digital Frontier”, descrive la capacità dell’AI di estrarre informazioni e dedurre modelli predittivi da grandi volumi di dati, immagini mediche, statistiche epidemiologiche e altri elementi. Un potenziale enorme di dataset per supportare i medici nell’elaborare le diagnosi, nel prevedere la diffusione delle malattie e personalizzare il più possibile i percorsi di cura. Quindi, un’AI, combinata con la digitalizzazione dell’assistenza sanitaria, può consentire ai medici di monitorare i pazienti o effettuare le diagnosi a distanza e, al contempo, trasformare radicalmente il modo in cui vengono affrontate le cronicità.
Secondo uno studio pubblicato a fine 2019 da Mark&Mark, si prevede un tasso di crescita dell’utilizzo di AI del 50,2% da qui al 2025, passando dai 2,1 miliardi di dollari del 2018 a 36,1 miliardi di dollari, confermando la previsione secondo cui telemedicina, big data, intelligenza artificiale e competenze digitali saranno i temi centrali del 2020.
L’AI applicata alla sanità
All’inizio di quest’anno è stata pubblicata una ricerca dal titolo “L’effetto AI: come l’AI può rendere la sanità più umana”, condotta da MIT Technology Review Insight in collaborazione con GE Healthcare. La ricerca ha coinvolto più di 900 professionisti sanitari, tra cui medici, commerciali e amministrativi legati al processo di acquisto o implementazione dell’intelligenza artificiale, l’analisi dei big data, come le attrezzature e la tecnologia medica. Gli intervistati provenivano dagli Stati Uniti (70%) e dal Regno Unito (30%).
Oltre l’82% dei manager di strutture sanitare – oggetto della ricerca – ha dichiarato che l’impiego dell’AI può garantire agli addetti al servizio sanitario di svolgere la propria professione secondo le modalità che hanno sempre auspicato.
Inoltre, si stima che, complessivamente, l’AI abbia il potenziale di migliorare gli esiti delle cure del 30-40%, riducendone allo stesso tempo i costi fino al 50%. Si ipotizza infatti che entro il 2025 i sistemi di AI possano essere coinvolti in tutto, dalla gestione della salute della popolazione all’utilizzo di avatar digitali, in grado di rispondere a specifiche richieste dei pazienti.
C’è chi teme che le macchine sostituiranno gli umani nello svolgimento di talune attività. In realtà, le tecnologie che impiegano l’AI possono contribuire a “ri-umanizzare” l’assistenza sanitaria.
Secondo la ricerca, il 57% degli intervistati riferisce che l’AI permetterà loro di concentrarsi maggiormente sulla medicina preventiva, mentre per quasi la metà consentirà diagnosi più rapide e precise, fino ad arrivare a una comprensione basata sull’80% dei dati sanitari che non essendo strutturati non vengono intercettati dai sistemi.
I risultati del sondaggio sono quanto mai importanti, soprattutto considerando il fatto che la somministrazione e l’amministrazione dell’assistenza sanitaria stanno diventando sempre più complesse e costose; inoltre gli skill professionali e tecnologici sono sempre più importanti per i medici in un’ottica di ottimizzazione della gestione del loro carico di lavoro e delle pratiche amministrative-burocratiche che penalizzano l’attività di interazione con i pazienti.
Nel corso dei prossimi 10 anni assisteremo – grazie all’impiego dell’AI – a una semplificazione radicale dei processi di erogazione dell’assistenza sanitaria tramite piattaforme collaborative che permetteranno a pazienti e a professionisti di sfruttare, condividere e agire su insights molto più accurati.
L’AI sta consentendo ai pazienti e ai professionisti di gestire in modo più proattivo i regimi sanitari e, grazie alle informazioni raccolte tramite la tecnologia AI-enhanced è possibile alleviare ai medici il carico di lavoro dell’inserimento dei dati, fornire loro analisi dettagliate di supporto al processo di diagnosi e alle decisioni cliniche.
Inoltre, si sta prendendo maggior consapevolezza del fatto che le apparecchiature che utilizzano l’AI rappresentano un’estensione, e non l’estinzione della capacità professionale degli operatori sanitari. Nel caso di risonanza magnetica, ad esempio, l’interpretazione di base, grazie al machine learning e l’AI, potrà essere standardizzata e sarà relegata all’apparecchiatura intelligente, mentre l’intervento umano si concentrerà nell’attuare decisioni più mirate grazie alla tecnologia che fungerà da supporto alla diagnosi e renderà più performanti le prestazioni degli operatori sanitari.
Strutture sanitarie più “lean” grazie all’AI
L’ecosistema dei servizi sanitari, la gestione dei pazienti, le operazioni e le pratiche amministrative/gestionali, la diagnosi e le cure, implicano per i professionisti del settore sanitario una serie di complessità da gestire. Il valore dell’AI risiede nella capacità di ridurre queste complessità, automatizzare e semplificare il flusso di lavoro, consentendo in questo modo ai professionisti della sanità di sfruttare la ricchezza di conoscenze/dati che il settore sta generando, evitando il rischio di esserne sopraffatti. Gli intervistati ritengono che, oggi più che mai, la sfida principale consista nella gestione dei crescenti volumi di carico di lavoro e del backlog, oltre che nell’affaticamento del personale, la pianificazione delle visite, i.e. tutti aspetti che possono essere ottimizzati attraverso l’uso dell’IA, che, da un lato, consentirà ai medici di programmare più visite di pazienti, di abbinare più efficacemente le visite con specialisti e di interpretare al meglio le condizioni sanitarie del paziente, identificando quelli più critici e dando priorità a essi, rispetto a chi non necessità di cure urgenti; dall’altro lato, al personale amministrativo e al management sanitario di individuare ed eliminare gli sprechi, ricercare e potenziare il valore.
L’applicazione dell’AI nella sanità in Italia
Nel 2019, la società Deloitte ha svolto un’indagine per comprendere lo stato dell’arte della diffusione dell’AI all’interno del settore sanitario italiano.
I risultati confermano le potenzialità di sviluppo dell’AI anche nel nostro Paese e le tendenze già evidenziate dal rapporto di Technology Review Insight in collaborazione con GE Healthcare.
Si segnalano alcune barriere che rischiano di limitare o rallentare la diffusione su larga scala dell’AI all’interno del settore sanitario ascrivibili a: l’assenza o la bassa qualità dei dati clinici oggi esistenti (data awareness); la bassa disponibilità/qualità dei dati è legata al ritardo della digitalizzazione del settore che presenta, ancora oggi, una scarsa diffusione e adozione della Cartella clinica elettronica (CCE).
La mancata digitalizzazione del Sistema sanitario implica, di fatto, una limitata fruibilità del dato clinico conseguente alla mancanza di database di qualità su cui innestare sistemi basati sugli algoritmi tipici dell’AI. Inoltre, la resistenza al cambiamento (AI acceptance) è determinata dalla percezione non positiva degli impatti dell’AI sui processi e sulle modalità organizzative da parte della forza lavoro.
Il futuro dell’AI nella sanità italiana
Secondo il report di Deloitte, i medici saranno sempre più propensi all’utilizzo dell’AI per effetto di evidenze scientifiche (risultanti dal numero crescente di studi e pubblicazioni), per condizioni favorevoli dell’assetto regolatorio e per diminuzione del numero di medici.
L’innovazione influirà su tutte le fasi del processo clinico-assistenziale, dalla prevenzione alla diagnosi fino alla cura e la presa in carico nel tempo e l’AI si affermerà in un’ottica di miglioramento della produttività dei medici e della qualità delle loro attività.
Anche secondo il libro bianco “Digital Health & Pharma” pubblicato da Netcomm a ottobre 2019, il digitale può dare un importante contributo in termini di qualità e di efficienza dei servizi sanitari e farmaceutici; inoltre, la possibilità di gestire in remoto molte fasi della patient experience, è il fenomeno di cambiamento più rilevante dell’utilizzo della tecnologia digitale.
I pazienti saranno meno scettici nei confronti dell’AI grazie al miglioramento dell’accesso alla sanità introdotto dai sistemi digitali in termini di semplicità, velocità ed efficienza (es. gestione autonoma dell’accesso a prime visite o visite di follow-up tramite la telemedicina). Il paziente si sentirà maggiormente coinvolto in tutte le fasi di cura e prenderà consapevolezza dell’importanza della qualità dei propri dati clinici digitalizzati in relazione ai processi di cura.
Tuttavia, senza un’adeguata implementazione di standard del settore, si assisterà a una situazione di incertezza nel contesto regolatorio, che potrerebbe comportare una mancata fiducia nell’AI da parte dei medici che, conseguentemente, non contribuiranno allo sviluppo di questa tecnologia, considerandola come antagonista o ingerente.
Sarà determinante garantire la qualità dei dati generati, in caso contrario se ne comprometterebbe l’utilizzo e le capacità di elaborazione dal momento che i medici, per primi, non si fideranno dell’AI a fronte di risposte non soddisfacenti, derivanti dalla non qualità dei dati con cui sono stati addestrati e istruiti i sistemi.
Le attuali problematiche legate alla sicurezza e alla protezione dei dati sensibili, se non risolte aumenteranno la vulnerabilità dei sistemi ai cyber attack e, di conseguenza, i pazienti saranno meno propensi a mettere a disposizione i propri dati personali ed a contribuire alla loro qualità.
Secondo il Ministero della Salute le opportunità della sanità digitale potrebbero generare una diminuzione del 5% delle giornate di ricovero dei pazienti acuti, oltre a ridurre del 10% il tempo trascorso in strutture di lungodegenza, con importanti risparmi economici.
Esempi virtuosi e progetti pilota in Italia
Nell’Ospedale Valduce di Como viene utilizzato un medico-automa: attraverso un sistema di tele-visita che utilizza un robot InTouch gli specialisti possono comunicare in diretta e in tempo reale a distanza con i pazienti colpiti da ictus o traumi ed iniziare una terapia salvavita a distanza, molto prima dell’arrivo in ospedale, valutarne il decorso ospedaliero o la riabilitazione.
L’app ESH – nata da un’intuizione del professor Gianfranco Parati, ordinario di cardiologia all’Università Bicocca di Milano e direttore scientifico dell’Ospedale Auxologico S. Luca – permette di monitorare, attraverso lo smartphone, pressione e peso delle persone ipertese. L’app registra ed elabora i dati che poi vengono inviati al medico curante per il monitoraggio globale della patologia. Consideriamo che, se l’app fosse estesa a tutte le strutture sanitarie d’Europa, potrebbe evitare circa duecentomila morti premature per complicanze derivate dall’ipertensione.
In quest’ottica di ottimizzazione delle prestazioni preventive, va concepito l’avvio, ad inizio 2020, del progetto pilota dell’Ospedale di Mede (Pavia), il più piccolo ospedale della Lombardia. Attraverso un dispositivo prodotto da una società di Tel Aviv, una sorta di campanello del terzo millennio, è possibile conoscere lo stato di salute dei pazienti senza toccarli né vederli. Ovvero, medici e infermieri potranno monitorare le persone ricoverate direttamente da una sala di controllo o sui dispositivi mobili. Grazie ai sensori posti sotto la rete del letto si è in grado di rilevare cambiamenti nei parametri del paziente. Per esempio, quando il paziente si sta alzando dal letto oppure se non rientra entro un margine di tempo (molto utile in caso di pazienti affetti da Alzheimer), gli operatori sanitari ricevono un alert sul computer o sui dispositivi mobili che monitorano, secondo per secondo, il paziente. Il servizio potrà essere esteso anche a domicilio (tramite una rete wi-fi chiusa) e permetterà al medico di monitorare il paziente e intervenire all’occorrenza, migliorando e facilitando il lavoro di medici e infermieri. Grazie alla capacità del software di raccogliere i dati ed elaborarli, impostando alcuni parametri personalizzati per ogni paziente, a seconda dello stato di salute, il dispositivo può avvisare immediatamente quando i limiti vengono superati, permettendo di intervenire in modo mirato.
AI nella sanità, sfide e rischi
L’implementazione dell’IA nelle operazioni di assistenza sanitaria, come qualsiasi trasformazione organizzativa tecnologica e significativa, presenta molteplici sfide.
Le più impegnative consistono nel gestire l’impatto dirompente che l’AI è destinata ad avere sui processi esistenti e nella capacità delle organizzazioni di integrare le applicazioni di AI nei sistemi utilizzati, oltre che nel reperimento di personale con skill digitali adeguati a gestire i nuovi macchinari e applicazioni.
Tuttavia, dobbiamo riflettere non solo sulle opportunità, ma anche sui rischi connessi ai più recenti sviluppi tecnico-scientifici nella ricerca, diagnosi e cura delle malattie. Sarà necessario un programma di formazione per tutti gli operatori sanitari, dai medici, agli infermieri e paramedici in generale, che dovranno essere affiancati da esperti informatici, in modo da garantire la continuità operativa, la gestione dei rischi informatici e la resilienza delle strutture. Inoltre, con la crescente attenzione in termini di protezione dei dati personali e la necessità di compliance a normative come il GDPR, le aziende sanitarie dovranno garantire sempre più la riservatezza dei dati del paziente.
Pertanto, a fronte del diffondersi dell’impiego dell’AI in campo sanitario, bisognerà garantire un calibrato equilibrio tra i potenziali offerti dall’innovazione, dalla convergenza tecnologica e dall’accettazione di queste nuove tecnologie da parte del settore sanitario in tutte le sue articolazioni (workforce, provider tradizionali, payor e regulatory). Saranno fattori importanti la fiducia dei cittadini in un nuovo modello di sanità paziente-consumatore; l’uso e la creazione di modelli operativi e di business.
Conclusioni
L’AI ha bisogno di lavorare per i professionisti della salute, diventare parte di un ecosistema robusto e integrato. Il tutto non deve tradursi in una mera implementazione della tecnologia, bensì deve garantire una applicazione umanizzata dell’AI, basata su un rapporto win-win tra tecnologia-medico-paziente: tanto più sarà adottata, maggiori saranno i risultati positivi, migliore sarà il patient journey e, maggiore, sarà il ritorno sull’investimento.
Inoltre, l’intersezione tra ricerca scientifica, le nuove tecnologie e il ruolo attivo dei pazienti nelle decisioni sanitarie si tradurrà in una collaborazione e in una connessione maggiore in tutto il settore, in modo da attuare un modello olistico di assistenza sanitaria che è destinato a cambiare il settore heathcare negli anni a venire.
Come afferma il dottor Bertelan Mesko – noto come “the medical futurist” e docente universitario ungherese, una delle voci più autorevoli in tema di tecnologie sanitarie digitali – “che si tratti di oculisti, neurologi, medici di base, dentisti, infermieri, amministratori, tutti dovranno trovare il modo di convivere con l’AI, visto che la collaborazione fra esseri umani e tecnologia offre le migliori risposte alle sfide della sanità. I medici non verranno rimpiazzati dall’intelligenza artificiale; ma i medici che la usano rimpiazzeranno quelli che non lo faranno”.
Tuttavia, ricordiamoci il monito di Stephen Hawking, uno dei più autorevoli e conosciuti fisici teorici al mondo, “in teoria i computer possono emulare l’intelligenza umana e perfino superarla. Il successo nella creazione dell’AI potrebbe essere il più grande evento nella storia della nostra civiltà”. Dobbiamo però essere preparati a gestirla per evitarne i rischi; sarà necessario adottare buone pratiche e capacità manageriali. Dobbiamo essere consapevoli dei pericoli, identificarli, impiegare i migliori esempi e il miglior management e prepararci per tempo alle conseguenze e trarne i maggiori benefici.