ANALISI

Come l’AI sta impattando la narrazione d’impresa



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L’analisi dei dati e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale possono essere interpretati come un’occasione per arricchire il lavoro di esperti di comunicazione, storyteller, creativi e designer, che lavorano fianco a fianco con data analyst e data scientist nell’affrontare progetti al passo con l’innovazione e portare valore reputazionale ai clienti

Pubblicato il 26 giu 2024

Salvatore Ippolito

AD BEA – Be a media company



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La narrazione d’impresa sta diventando un asset strategico sempre più significativo che trascende i confini della comunicazione in senso stretto per incidere in maniera rilevante sull’azienda e sui suoi aspetti decisionali. È in questo contesto che l’intelligenza artificiale si inserisce, permeata da grandi potenzialità ma anche innumerevoli rischi, con cui ogni agenzia in questo momento si sta confrontando, sperimentando e creando. Si può considerare l’avvento dell’AI, senza ombra di dubbio, come la terza fase della rivoluzione digitale, iniziata con il decollo di Internet negli anni ‘90, seguita dalla diffusione dei social network e degli smartphone che hanno cambiato il tessuto sociale, abbattendo barriere e portando al concetto di villaggio globale, per arrivare oggi all’AI che ci porterà oltre, costruendo percorsi sulla base di quello che è avvenuto nei 30 anni passati.

L’AI generativa come un secondo pilota

In poco più di un anno, l’AI è passata dall’essere un tema per nerd e nicchie di addetti ai lavori, a diventare il concetto sulla bocca di tutti, il tool quotidiano utilizzato per lavoro o svago, e le imprese stanno esplorando a poco a poco ciò a cui l’AI può condurre, in termine di creazione di valore, innovazione e comunicazione. Se la narrazione d’impresa fosse un aereo, a noi piacerebbe pensare all’AI generativa come al secondo pilota: è una garanzia, un supporto, che ci permette di affidare le parti più di routine del lavoro a un software affidabile, per lasciarci le mani libere e dedicarci alla creatività.

L’analisi dei dati e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale possono essere interpretati, infatti, come un’occasione per arricchire il lavoro di esperti di comunicazione, storyteller, creativi e designer, che lavorano fianco a fianco con data analyst e data scientist nell’affrontare progetti al passo con l’innovazione e portare valore reputazionale ai clienti. L’AI ci aiuterà ad avere più idee e a valutare più scenari, confrontare moltissimi input per avere un quadro della situazione più chiaro, analizzare il comportamento e i percorsi dei clienti, fornendo informazioni utili per le strategie.

L’AI, opportunità di arricchire l’offerta

Non bisogna però mai perdere di vista il fatto che il nostro punto di forza e la nostra cifra distintiva – e penso questo valga per le agenzie di comunicazione in generale – resta sempre la creatività delle persone, un approccio sartoriale e non standardizzato alle esigenze di comunicazione dei clienti, vivendo così in questa fase l’AI come un’opportunità di arricchire ancora di più la nostra offerta.

Si aprono prospettive importanti, nuove strade da percorrere, ma nella comunicazione bisogna sempre mettere al centro un approccio fatto di autenticità, creatività e coerenza con l’identità aziendale: le persone, soprattutto le nuove generazioni molto diverse da quelle passate, vogliono e prediligono brand e storie autentiche che non si nascondono dietro campagne autocelebrative e retoriche, ma campagne vere in grado di ispirare e la creatività, pur supportata da strumenti esterni, rimane appannaggio dell’uomo e non può essere sostituita da nessuna macchina, essendo un segno umano distintivo imprescindibile. Inoltre, oggi i brand non vendono solamente servizi o prodotti, ma sono oggetto di fiducia, per i consumatori e la società in generale: le aziende costruiscono nel tempo non solo la loro storia e la loro reputazione, ma anche la fiducia, un credito che va preservato e salvaguardato in modo oculato.

Alla luce di questo, uno dei principali rischi connessi alla diffusione dell’intelligenza artificiale, sia nel campo della comunicazione e dell’informazione, sia per quanto riguarda brand e imprese, è sicuramente la perdita di fiducia e credibilità.

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L’AI nella narrazione strategica di impresa

Le ricerche internazionali, come il Trust Barometer di Edelman, ci dicono che in questa fase storica c’è ancora più che in passato un altissimo livello di fiducia nel business da parte dei vari stakeholder, ci si fida di più delle imprese che non dei governi, dei media o delle organizzazioni non governative. Mantenere la propria credibilità e la propria fiducia è una responsabilità e un rischio dell’AI è quello di cadere nella tentazione di provare a raccontarsi utilizzando solo le potenzialità della tecnologia, lasciando fuori la creatività e l’autenticità. La narrazione strategica d’impresa e la reputazione a cui è collegata sono territori delicati, poiché ci vuole un duro lavoro a costruire l’identità di un brand e la sua credibilità agli occhi dei consumatori e, al contrario, basta una sola azione, come un’immagine creata con AI, accreditata come vera, per defraudare un’azienda dei suoi valori identitari e trovarsi in un grosso guaio reputazionale. C’è ancora molta strada da fare e ci sono ancora tantissimi aspetti da esplorare, ma è necessario muoversi con cautela.

Conclusioni

L’approccio adottato di fronte a questa tecnologia è stato ambiguo per lungo tempo, sia da parte di istituzioni che privati: all’inizio, infatti, questa ondata tecnologica è stata caratterizzata da una basilare assenza di regole, una libertà di innovare senza controlli; tuttavia è subentrata presto la necessità di intervenire e porre dei limiti da parte degli organismi di regolamentazione (privacy, gestione dei dati, antitrust).

Negli ultimi mesi però è accaduto qualcosa di diverso: il Parlamento Europeo ha approvato l’AI Act e il governo italiano ha comunicato una serie di nuove iniziative (un Disegno di legge) e finanziamenti in favore dell’AI: non si può ancora dire con certezza cosa accadrà, sicuramente nei prossimi anni questo dovrebbe portare a una crescita esponenziale dell’AI generativa, ma in una cornice, si spera, più ordinata che in passato.

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