Come l’intelligenza artificiale può contribuire nella lotta al Covid-19: il caso del Baricitinib

Pubblicato il 12 Mag 2020

Domenico Marino

Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

AI scuola

L’intelligenza artificiale è la nuova arma che possiamo utilizzare per combattere efficacemente la pandemia nella fase 2. Un campo in cui le applicazioni dell’intelligenza artificiale hanno già dimostrato di poter avere ottimi risultati è quello delle previsioni epidemiologiche. Dopo il sostanziale flop di Google Flu Trends, un programma di intelligenza artificiale di Google che mirava a predire lo sviluppo delle epidemie influenzali che fu chiuso nel 2015 a seguito di previsioni molto lontane dalla realtà, anche riflettendo sulle cause di questo flop e su quella che è stata definita come trappola dei big data o anche come big data hubris, sono stati fatti notevoli passi avanti.

AI e big data nella predizione delle epidemie e nella ricerca dei vaccini

Tra i primi che hanno lanciato l’allarme per la pandemia di Covid 19 vi è stata una società canadese, la Bluedot, che analizzando soprattutto i social, i sistemi di trasporto e i notiziari ha riconosciuto l’emergere della pandemia, ha localizzato i focolai principali, individuato i focolai di diffusione al di fuori della Cina e l’evoluzione dei contagi. Queste informazioni sono utilissime sia per individuare tempestivamente il rischio di evoluzione dell’epidemia, sia per fare delle misure di contenimento mirate e, quindi, ridurre l’impatto delle misure di quarantena. Algoritmi di intelligenza artificiale possono anche essere utili per profilare i soggetti colpiti e, quindi, per individuare i soggetti che avranno una maggiore probabilità di essere colpiti, mettendo in grado i sanitari sia di intervenire preventivamente, sia di comprendere ancora meglio i comportamenti del virus patogeno per poterlo combattere in maniera più efficace.

Gli algoritmi di intelligenza artificiale sono anche usati per ottenere sequenze geniche che sono fondamentali nella ricerca di vaccini e di nuovi farmaci e la maggior parte dei colossi farmaceutici sta sviluppando programmi di intelligenza artificiale che vanno in questo senso. Attraverso meccanismi di machine learning si cerca fra i farmaci approvati quelli che possano avere una capacità terapeutica contro il virus SARS-COV2. In questo modo si possono sostituire lunghi e dispendiosi esperimenti in vivo e in vitro per studiare l’effetto di alcuni tipi di farmaci sull’infezione da Covid-19.

Come l’AI può aiutare nella ricerca del farmaco giusto

Una sperimentazione molto importante e con risultati straordinari e quelle che, alla fine di gennaio, è stata portata avanti da un gruppo di scienziati che ha usato degli algoritmi di intelligenza artificiale per testare le capacità antivirali e antinfiammatori di diversi farmaci e ha individuato in particolare una molecola, il Baricitinib, usata per curare l’artrite reumatoide, come potenzialmente in grado di contrastare con successo il SARS-CoV-2.

Come già pubblicato a febbraio 2020 da Agenda Digitale, il Baricitinib è un immunosoppressore che agisce bloccando l’azione di enzimi noti come Janus Chinasi e serve a evitare o a curare la tempesta citochinica, in più secondo l’intelligenza artificiale ha anche delle proprietà antivirali perché agisce sul meccanismo di legame del virus con i recettori bloccandolo. Gli scienziati di Benevolent AI che è un’innovativa start up che opera nel campo del machine learning hanno utilizzato una piattaforma di intelligenza artificiale che serviva per lo sviluppo di nuovi farmaci per cercare una cura per il Covid 19. Utilizzando il riconoscimento semantico, Benevolent AIi ha processato un enorme big data contenente tutti i dati conosciuti sul virus e sui farmaci. L’obiettivo dell’analisi era individuare i meccanismi attraverso i quali il virus penetra all’interno delle cellule, quali chiavi usa per entrare, quali sono i recettori a cui si lega. Fatto questo e identificati i recettori e i meccanismi di replicazione del virus, il farmaco esistente che aveva maggiori possibilità di essere efficace risultava esser il Baricitinib. Questo risultato venne conosciuto da un gruppo di studiosi americani che stava già studiando l’utilizzo del Baricitinib contro l’Hiv e contemporaneamente anche in Italia si era pensato di somministrare off label il farmaco per bloccare la tempesta citochinica. Il risultato prodotto dall’intelligenza artificiale è stato straordinario perché, prima ancora che fosse sviluppata la terapia sul campo, essa è riuscita a indicare un farmaco, il Baricitimib, che aveva sicuramente la possibilità di bloccare la principale complicazione del Covid 19 che è la tempesta citochinica e che in più, rispetto agli altri farmaci con la stessa indicazione terapeutica, ad esempio il Tocilizumab, ampiamente usato nella cura del Covid 19, aveva anche delle proprietà antivirali.

Diversi studi clinici sono in corso oggi nel mondo per valutare l’utilità di questo farmaco. Si tratta di sperimentazioni controllate randomizzate con gruppo di controllo che mirano a verificare l’effetto del farmaco somministrato a un gruppo di malati rispetto a un gruppo di controllo a cui viene somministrato un placebo. Alcune informazioni aneddotiche (esperienze di singoli ospedali in cui è stato somministrato il farmaco senza gruppo di controllo) indicano già un miglioramento della prognosi a seguito della somministrazione del Baricitinib. Un primo studio randomizzato, ma con un numero piccolo di pazienti (20) ha evidenziato un netto miglioramento della prognosi nel gruppo a cui veniva somministrato il farmaco, con miglioramento dell’ossigenazione del sangue e aumento del numero dei linfociti, fatto quest’ultimo che costituisce un elemento prognostico molto rilevante sull’esito della malattia. Altri trial sono in corso e, se i dati confermeranno queste prime impressioni, si potrà segnare questo come un grande successo nella lotta al Covid-19 da parte dell’intelligenza artificiale.

Conclusioni

Le potenzialità dell’intelligenza artificiale nella lotta al Covid 19 sono state poco utilizzate nella fase 1 e, forse, sarebbe opportuno cominciare a sfruttarle nella fase 2 in cui dovremo convivere con il virus fino alla scoperta del vaccino o di un farmaco specifico e risolutivo.

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