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Come si realizza un’azienda AI-driven: struttura e percorso trasformativo (parte 1)

La transizione verso una struttura aziendale che sia guidata e supportata dall’AI non è un processo che avviene dall’oggi al domani, ma è il culmine di un percorso che passa per numerose fasi successive di maturità sempre crescente. In questo tipo di azienda, i dati sono considerati un asset di primaria importanza e grande attenzione è riservata al tema della data quality.

Pubblicato il 04 Mag 2022

Tommaso Bianchi

Project Manager - Senior AI Engineer AIRIC (AI Research and Innovation Center) - Politecnico di Milano

IFAB BI-Rex

Evolvere la struttura aziendale in modo che possa gestire progetti basati sull’intelligenza artificiale – fino ad arrivare a integrare l’AI nei propri prodotti e servizi -, diventando una azienda AI-driven non è una sfida facile, ed è un percorso fatto di diverse fasi successive di maturità. Le aziende che hanno intrapreso questo percorso e che sapranno portarlo a compimento e valorizzarne al meglio i risultati si riserveranno un ruolo di rilievo nella leadership del futuro.

Cosa distingue un’azienda AI-driven?

Quando osserviamo la struttura di un’azienda, la sua organizzazione interna e il modo in cui opera, ci sono diversi fattori che fanno emergere fin da un primo sguardo quelle aziende che hanno saputo integrare al meglio l’AI nei propri processi di business.

Un primo fattore è la cura per la raccolta sistematica, la documentazione e l’organizzazione dei dati, che permea la cultura aziendale a tutti i livelli. Le soluzioni di AI non sono mai in grado di fornire dei risultati di più alta qualità rispetto ai dati da cui hanno imparato e su cui sono state fatte lavorare; migliorare i dataset rappresentativi dei propri domini specifici di business (che lo si faccia ampliandoli, migliorandone la precisione delle annotazioni o rendendoli più bilanciati e rappresentativi di tutti i possibili corner case) ha sempre un effetto benefico sulle performance degli algoritmi che su tali dati operano. Inoltre, avere delle fonti di dati facilmente raggiungibili e ben documentate diminuisce anche il tempo in cui nuovi progetti possono raggiungere la fase di maturità, in quanto permette di condurre molto facilmente attività di analisi dati esplorativa.

In un’azienda AI-driven i dati sono considerati un asset aziendale di primaria importanza, e grande attenzione è riservata al tema della data quality: si stima1 che il costo di avere a che fare quotidianamente con dati di bassa qualità – e quindi di spendere tempo e risorse a correggerli e verificarli, e a gestire gli errori e i problemi che causano – sia nell’ordine del 20% del fatturato, la maggior parte del quale eliminabile semplicemente con una migliore gestione del dato alla fonte.

Un secondo fattore è dato dal fatto che la conoscenza di come – e fino a che punto – l’intelligenza artificiale può supportare e sostenere il business è radicata in profondità nella cultura aziendale, ed è presente a tutti i livelli dell’organizzazione. Questo fa sì che esperti di dominio (che maggiormente beneficerebbero dallo sviluppo di progetti basati su AI) e esperti di AI (che hanno le competenze necessarie) abbiano una sensibilità comune. Avere dei riferimenti condivisi rende possibile una comunicazione efficace e abilita una collaborazione proficua nel trovare use case di valore e nel realizzare sistemi AI in grado di supportarli al meglio. Inoltre, la propensione alla multidisciplinarietà permette anche una stretta collaborazione tra le figure professionali specializzate nei diversi aspetti tecnici legati alla gestione del ciclo di vita di un progetto AI.

Un altro fattore differenziante è l’applicazione di processi di sviluppo iterativi e agili alla gestione dei progetti innovativi e con componenti di intelligenza artificiale. Lavorare con tecnologie AI è un’attività che ha inerentemente bisogno di numerosi cicli di affinamento successivi, così da poter modellare sempre meglio il dominio applicativo specifico dell’azienda, e pertanto si presta poco a modelli di gestione progettuale troppo rigidi. In aggiunta, i progetti di AI sono frequentemente progetti ad alto rischio, sia per la loro natura fortemente innovativa (a volte anche sperimentale), che per le complessità derivanti dall’incertezza intrinseca nei dati raccolti nel mondo reale; a maggior ragione, quindi, è fondamentale adottare dei processi di sviluppo che permettano di ridurre al minimo il costo del fallimento e che possano avere delle prime validazioni già nelle fasi iniziali.

AI-driven

Fonte: Nvidia Blog

Una metodologia che sta ricevendo crescente attenzione, nata appositamente per affrontare queste problematiche, è quella del MLOps (unione di Machine Learning e Operations): il focus è sull’automazione e standardizzazione del ciclo di vita di progetti basati sui dati e sull’AI a tutti i livelli, dalla raccolta dei dati al monitoraggio degli ambienti di produzione, dalla progettazione, sviluppo e test di algoritmi alla gestione della scalabilità dell’infrastruttura.

Un ultimo fattore che testimonia la volontà di un’azienda di abbracciare pienamente la rivoluzione portata dall’AI, di diventare AI-drive, è la rilevanza delle tematiche relative all’AI nella strategia aziendale, che viene indirizzata attorno a questi temi. Nelle aziende AI-driven sono sempre presenti figure apicali e con potere decisionale in grado di affiancare ad ogni scelta di tipo strategico un’attenzione specifica per le tematiche legate all’AI. Esempi includono la presenza di un Chief Data Officer, responsabile della data governance e della definizione dei data asset, e di un Chief AI Scientist, responsabile dello sviluppo delle tecnologie legate all’AI. Queste figure generalmente gestiscono uno o più centri di competenza interni o dei core team di AI, a cui viene delegata l’attuazione operativa degli elementi della strategia aziendale legati ai temi dei dati e dell’AI.

Le fasi della trasformazione in azienda AI-driven

La transizione verso una struttura aziendale che sia guidata e supportata dall’AI, una azienda AI-driven, non è un processo che avviene dall’oggi al domani, ma è il culmine di un percorso che passa per numerose fasi successive di maturità sempre crescente, ciascuna progressivamente in grado di sbloccare sempre più dei vantaggi che l’AI può portare nel business aziendale. Il modo in cui questo percorso viene affrontato non è mai esattamente uguale da un’azienda all’altra, ma la struttura generale è ben esemplificata dal framework sviluppato dall’Osservatorio Big Data Analytics del Politecnico di Milano (basato su una serie di interviste condotte con numerose aziende italiane). Tale framework si struttura in quattro fasi successive.

La prima fase è quella della cosiddetta awareness, nella quale l’azienda inizia a rendersi conto – spesso con l’aiuto di partner esterni – delle potenzialità che l’AI può portare all’interno del proprio business, ma anche delle sfide che è necessario affrontare per poter predisporre la propria organizzazione e i propri processi a questa trasformazione. Per fare un esempio, è in genere in questa fase che ci si rende conto dei cambiamenti che è indispensabile apportare alle procedure di raccolta e catalogazione dei dati e della conoscenza aziendale, per far sì che siano di facile accesso e manipolazione da parte di algoritmi automatizzati (e non più soltanto da parte di operatori umani).

La fase successiva è quella del development, durante la quale vengono individuati i primi use case e progetti pilota da sviluppare, prioritizzando e incentivando la sperimentazione. Dal punto di vista organizzativo, in genere viene formato un primo piccolo gruppo – trasversale rispetto alla struttura aziendale – coordinato da una singola persona di riferimento, che ha anche il compito da fare da evangelista all’interno dell’azienda e di stabilire relazioni di collaborazione con le diverse strutture funzionali, così da poter orientare gli sforzi verso risultati che abbiano un chiaro valore di business.

AI-driven

Fonte: Osservatorio Big Data Analytics del Politecnico di Milano

La terza fase è quella dello scaling, che vede un sostanziale aumento del numero di iniziative e progetti a tema AI, parallelamente ad un incremento del numero stakeholders e di personale operativo coinvolti. Organizzativamente, iniziano ad aumentare le complessità di gestione del team responsabile di questi progetti – che potrebbe anche diventare più di uno – ed emerge la necessità di ottimizzare il lavoro e di misurare le performance del team e i risultati raggiunti. Le modalità di collaborazione tra le aree di business tradizionali e il core team di AI si stabilizzano e si standardizzano, mentre il rischio di fallimento dei progetti cala in parallelo alla crescita dell’esperienza delle persone coinvolte.

La fase finale è l’implementation, che segna il raggiungimento della maturità nel gestire progetti che includono componenti basati su AI. In questa fase aumenta il numero di progetti – alcuni dei quali potrebbero anche diventare prodotti e/o servizi – che hanno raggiunto ambienti di produzione, e l’effort da dedicare si sposta sempre di più dallo studio e sviluppo di nuove soluzioni al supporto e alla manutenzione dei sistemi in funzione. Questo porta alla necessità di incrementare la presenza nel team – già di grande valore anche nella fase precedente, ma meno imprescindibile – di profili con competenze tecniche meno legate all’analisi dati e all’ideazione di algoritmi e più indirizzate verso l’ingegnerizzazione e l’operazionalizzazione di applicazioni software, nonché verso le tematiche dell’infrastruttura IT e, laddove necessario, delle architetture cloud.

Tipicamente, durante questa fase il modello organizzativo si evolve verso un modello ibrido, caratterizzato dalla presenza di uno o più centri di eccellenza (che consolidano le competenze e l’esperienza verticali ottenute nelle prime fasi), affiancati da numerosi team spoke inseriti nelle varie linee di business. Le priorità in questa fase sono dettate dalla necessità di valutare il coinvolgimento degli stakeholder e la soddisfazione degli utenti interni e dei clienti esterni.

AI revolution: da opportunità a necessità

Integrare l’AI nei propri processi aziendali è alla portata di ogni azienda, a patto di seguire la strada giusta e di essere disposti a investire per rendere l’AI un punto cardine della strategia aziendale, ovvero di diventare una azienda AI-driven. Oggi questa trasformazione è una grandissima opportunità, che ha il potenziale di rivoluzionare le leadership di mercato e di generare spazi di business completamente nuovi. Domani potrebbe invece diventare una necessità, e le aziende che non si sono mosse per tempo per costruire delle basi solide e un’integrazione forte tra le tecnologie di AI e i propri processi produttivi, nel segno dell’AI-driven, correranno il rischio di non riuscire più a essere competitive.

La rivoluzione dell’intelligenza artificiale ha la potenzialità di annullare completamente i rapporti di forza esistenti in ogni settore e di riscrivere il modo di fare impresa: affrontare delle trasformazioni sarà inevitabile, e farsi trovare preparati farà la differenza.

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