Digital Transformation: come districarsi tra i nuovi paradigmi e trend tecnologici

L’innovazione digitale del business e la trasformazione tecnologica delle imprese oggi si delinea su paradigmi di agilità e flessibilità come quelli introdotti dal Cloud e con le potenzialità delle nuove tecnologie esponenziali, quelle che vanno dall’IoT ai Big Data Analytics arrivando fino all’Intelligenza Artificiale. Bisogna però capire quali scelte è più opportuno fare, sia in termini di soluzioni tecnologiche sia dal punto di vista dei partner in grado di accompagnare le imprese nei loro percorsi di trasformazione digitale

Pubblicato il 25 Set 2018

trasformazione digitale

La Digital Transformation, benché parola chiave orami abusata, racchiude in sé quello che per le aziende sta diventando un potenziale enorme: l’integrazione della tecnologia digitale in tutte le aree e gli ambiti aziendali, una trasformazione che cambia radicalmente il modo di lavorare (processi e persone) e le modalità con le quali l’azienda si relaziona con i propri shareholders e porta valore al mercato (partner, clienti, fornitori, azionisti, ecc.).

L’innovazione digitale prende forma attraverso la trasformazione tecnologica dell’IT e delle strutture organizzative e di processo aziendali ma richiede anche una disruption culturale: alle organizzazioni è richiesto di sfidare continuamente il proprio “status quo”, sperimentare, addirittura “sentirsi a proprio agio” con la cultura del fallimento tipico delle startup.

Perché si possa davvero parlare di  Digital Transformation è necessario che le aziende la vedano come un processo di cambiamento radicato nella gestione dei processi e delle modalità di lavoro (sempre più digitalizzati), prima ancora che una mera trasformazione tecnologica (senza la quale però, va detto, non potremmo nemmeno parlare oggi di Digital Transformation).

Quello che rende davvero compiuta una trasformazione digitale è, da un lato, la pervasività delle tecnologie digitali (in particolare oggi quelle cosiddette esponenziali che vanno dal Cloud all’IoT – Internet of Things, passando per i Big Data, gli Advanced Analyitics e l’Intelligenza Artificiale) in tutti livelli dell’organizzazione aziendale, dall’altro, la reddittività delle tecnologie in termini di innovazione digitale e di business e anche di efficienza.

Digital Transformation, andare oltre la “moda”

Come accennato, la Digital Transformation non può dirsi compiuta a seguito di una mera implementazione tecnologica, anche se dovesse trattarsi di una delle soluzioni attualmente più innovative e dirompenti del mercato. La parola chiave della trasformazione digitale è integrazione, vale a dire la fusione tra la tecnologia e il modo di lavorare delle persone e il modo di creare valore dell’azienda.

Ogni impresa deve trovare la propria “strada”, non esiste una ricetta univoca per tutti e non esistono tecnologie, soluzioni progettuali, servizi digitali in grado da soli di trasformare un’azienda in chiave digitale.

Interessante, a tal proposito, la definizione che ne dà il noto autore Greg Verdino: «La trasformazione digitale colma il divario tra ciò che i clienti digitali si aspettano e ciò che le aziende analogiche effettivamente offrono».

Che non si tratti di “moda” lo confermano i numeri degli analisti: secondo le ultime stime pubblicate da IDC, la spesa mondiale legata alle tecnologie che abilitano la Digital Transformation raggiungerà 1,3 trilioni di dollari già entro la fine di questo 2018, con un incremento del 16,8% rispetto ai 1,1 trilioni di dollari spesi nel 2017.

La società di analisi americana prevede che le spese nell’ambito della Digital Transformation possano mantenere un forte ritmo di crescita nel periodo di previsione 2018-2021 con un tasso di crescita annuale composto (CAGR) del 17,9%. Secondo IDC, infatti, nel 2021, la spesa complessiva sarà quasi il doppio di quella attuale raggiungendo oltre 2,1 trilioni di dollari.

L’anno non si è ancora concluso ma stando alle stime IDC la maggior parte della spesa di quest’anno andrà verso tecnologie che supportano nuovi modelli operativi che aiutino le organizzazioni a rendere le loro operazioni più efficaci e reattive sfruttando prodotti/servizi digitalizzati (il modello del Cloud ha giocato fino ad oggi un importante ruolo in quest’area di trasformazione digitale).

La seconda area di investimento DX (l’acronimo con cui oggi si tende a “classificare” la Digital Transformation) sarà costituita da tecnologie che supportano innovazioni omni-experience che trasformano il modo in cui clienti, partner, dipendenti e cose comunicano tra loro. L’IoT, Internet of Things ha vissuto il suo “boom” proprio negli ultimi anni.

Infine, le informazioni rappresenteranno un’importante area di investimento poiché le organizzazioni cercano di ottenere e sfruttare al massimo i dati per ottenere conoscenza utile a raggiungere un vantaggio competitivo attraverso decisioni migliori, operazioni ottimizzate e nuovi prodotti e servizi, in altre parole, attraverso l’innovazione digitale. Big Data, Analytics e Intelligenza Artificiale stanno oggi esprimendo un potenziale elevatissimo per le aziende che intendono raggiungere quegli obiettivi.

Guardando invece al nostro mercato italiano, dai dati Istat emerge che le imprese si stanno muovendo verso la digitalizzazione (nell’ultimo triennio hanno investito nell’area della sicurezza informatica – 45% – e delle applicazioni web e mobili – 28%) ma con un divario sempre più netto tra grandi organizzazioni e PMI: il livello di digitalizzazione delle piccole e media imprese è ancora basso o molto basso nell’89% dei casi, mentre il 48% delle imprese di grandi dimensioni ha un livello di digitalizzazione alto o molto alto.

Guardando al bicchiere mezzo pieno, significa che c’è ancora tanto spazio di miglioramento e crescita  e che la Digital Transformation, guardata a livello più ampio di Paese, deve ancora esprimere il suo massimo potenziale.

I pilastri dell’innovazione digitale

Sebbene la Digital Transformation varia ampiamente in base alle sfide che ogni singola organizzazione deve superare e alle specifiche esigenze ed obiettivi che intende raggiungere, ci sono alcuni “elementi ricorsivi” che stanno accomunando le imprese che hanno già intrapreso un percorso di cambiamento:

  • miglioramento della customer experience
  • agilità operativa
  • più efficace decision making
  • forza lavoro più agile e collaborativa
  • integrazione delle tecnologie digitali esponenziali

Secondo quanto riportato in un articolo pubblicato da MIT Sloan Management Review (ancora attualissimo sebbene risalga al 2014) redatto da grandi nomi come George Westerman, Didier Bonnet, ed Andrew McAfee, il potenziale della Digital Transformation si esprime principalmente su tre grandi direttrici:

  1. Trasformazione della customer experience
  2. Trasformazione dei processi operativi
  3. Trasformazione dei modelli di business

Ciascuno di questi tre pilastri incide su tre differenti ambiti di intervento portando a nove quelli che potremmo identificare come gli “elementi costitutivi” per la trasformazione e l’innovazione digitale.

  1. Trasformazione digitale della customer experience
  • Conoscenza e comprensione del cliente (attraverso CRM evoluti, Big Data, Analytics e Intelligenza Artificiale);
  • Utilizzo delle tecnologie per processi di vendita più efficaci (in questo caso Cloud e Mobility sono gli ambiti tecnologici di maggiore efficacia ma anche soluzioni intelligent di content management, eCommerce, CRM, ecc.);
  • Multichannel e Omnichannel touchpoint (ampliare e migliorare la gestione dei punti di contatto tra un’azienda ed i clienti richiese anche in questo caso investimenti in Cloud e Analytics).
  1. Trasformazione digitale dei processi operativi
  • Process Digitization, ossia automazione dei processi per renderli più agili ed efficienti
  • Virtualizzazione e Collaboration, ossia virtualizzazione dei sistemi di produttività ed utilizzo di infrastrutture Cloud a sostengo di un processo lavorativo più esteso e collaborativo; trasformazione che oggi esce anche dai confini aziendali con l’edge computing e l’IoT;
  • Performance Management, oltre all’efficienza dei processi la Digital Transformation sta effettivamente cambiando il processo decisionale strategico andando quindi a contribuire alle prestazioni di business (Cloud, Analytics, IoT ed Intelligenza Artificiale sono oggi gli ambiti tecnologico più efficaci per questo tipo di trasformazione e innovazione digitale).
  1. Trasformazione digitale dei modelli di business
  • business “modificati digitalmente”: molte aziende stanno cercando di costruire “involucri digitali” attorno ad un modello di business tradizionale, analogico. La sfida è riuscire ad integrare “vecchio” e “nuovo” in un modello sostenibile;
  • nuovi digital business: in questo caso si parla di “business paralleli”, modelli di innovazione che nascono quasi parallelamente al business tradizionale di un’azienda permettendole di trovare nuovi mercati o nuove modalità di proposta (per esempio passando dal prodotto al servizio);
  • globalizzazione digitale: la Digital Transformation consente alle aziende di passare da imprese locali o multinazionali a organismi “globali” pur operando localmente (in questo caso l’elemento disruptive è il Cloud).

Cloud, il paradigma che ha cambiato il mondo

Il Cloud è stato senza dubbio uno degli elementi di disruption più pervasivi dell’ultimo decennio che insieme alla Mobility ha generato l’App Economy. Un modello così globalmente dirompente da spingere le aziende, da un lato, a rivedere i propri sistemi It in chiave Cloud, dall’altro, a sfruttare il Cloud quale modello tecnologico abilitante nuovi servizi di business in chiave digitale.

Stiamo parlando di un mercato che, solo in Italia, ha raggiunto i 2 miliardi di Euro, secondo le ultime stime dell’Osservatorio Cloud Transformation, uno degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, trainato da una spesa sempre crescente sia sulla parte Paas (Platform as a Service che tra il 2016 ed il 2017 ha fatto registrare un + 45% di investimenti) sia su quella del software (Saas, Software as a service, cresciuto del 23% tra il 2016 ed il 2017), sia infine sulla componente infrastrutturale (Iaas, Infrastructure as a service) che ha visto incrementi di spesa nell’ordine del 20%.

Secondo il direttore dell’Osservatorio, Alessandro Piva, «con il progressivo affermarsi di nuovi trend dell’innovazione digitale e il loro forte impatto sui modelli di business aziendali, per il Cloud si profila una nuova sfida: essere la piattaforma abilitante per la trasformazione digitale».

Oggi le aziende chiedono di poter accogliere con “serenità” Big Data Analytics, Internet of Things e Intelligenza Artificiale, trend che sono ormai alla base della Digital Transformation delle imprese. «Il Cloud, fratello maggiore di queste portanti di innovazione, si posiziona in modo ortogonale, offrendo uno strato di abilitazione a nuovi modelli di creazione del valore. L’elemento che accomuna queste portanti è la centralità del dato, dagli strumenti orientati alla raccolta, fino al suo utilizzo, in contesti di supporto decisionale tradizionale o in algoritmi automatici in grado di auto apprendere», è la visione di Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio.

Tuttavia, accogliere al meglio il nuovo paradigma richiede una trasformazione tecnologica importante: l’evoluzione dei sistemi legacy o l’integrazione di soluzioni tradizionali con quelle Cloud sono passaggi “delicati” che richiedono non solo la giusta scelta tecnologica ma anche la definizione del percorso più efficace di migrazione, integrazione, trasformazione (percorsi che, per esempio, Blueit sviluppa anche attraverso alcune importanti partnership tecnologiche come quella stretta con IBM, in particolare nell’utilizzo di soluzioni quali IBM Watson ed IBM Cloud).

Non a caso, lo stesso Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano rivela che tra le criticità principali che frenano l’adozione di soluzioni Cloud ci sono ancora l’integrabilità degli applicativi con i Sistemi Informativi interni e le tematiche della sicurezza e della compliance dei servizi.

IoT: potenzialità e ambiti applicativi

Un mercato ancora più promettente è quello rappresentato dall’IoT – Internet of Things che in Italia vale 3,7 miliardi di euro (nel 2017, +32% rispetto al 2016, secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano) e sta esprimendo enormi potenzialità di Digital Transformation in ambiti che vanno dalle Smart City allo Smart Building passando per l’Industrial IoT, lo Smart Retail e lo Smart Agrifood (soprattutto grazie all’intersezione con il Cloud come paradigma tecnologico abilitante e l’Intelligenza Artificiale quale “boost” di innovazione nell’analisi dei dati e nei processi decisionali).

In tutto questo, il Cloud rappresenta oggi il crocevia centrale dei flussi IoT e Industrial IoT, quello che abilita la connessione e il “dialogo” tra dispositivi, l’hub dove far confluire i dati e l’elemento centrale da cui far partire non solo il controllo remoto dei dispositivi ma anche progetti di Advanced Analytics in grado, a titolo di esempio, di spingere le aziende verso Predictive Maintenance e, più in generale, Industrial Analytics (soluzioni di Big Data e Data Analytics per l’Industry 4.0).

Altri esempi concreti di utilizzo ormai efficace e consolidato dell’IoT si vedono nelle nuove forme di digital payment tramite oggetti, nei wearable device per il monitoraggio della salute degli animali, nello Sport per le performance degli atleti o per monitorare le traiettorie di un pallone o la resistenza di una vela, in tutti gli ambiti della sorveglianza e della sicurezza fino ad arrivare alla robotica collaborativa o alle auto a guida autonoma.

Un altro interessantissimo ambito di applicazione dell’Internet of Things viene dal cosiddetto Precision Farming o Smart Agriculture (ambito ormai noto più genericamente come Agrifood), uno dei settori con la più elevata opportunità di sviluppo anche per via della bassa penetrazione, ad oggi, di soluzioni digitalizzate. Eppure le potenzialità sono enormi, dalla sensoristica ambientale e territoriale alle applicazioni per il meteo, dall’automazione di apparati per la gestione sempre più precisa di acqua, fertilizzanti, concimi fino all’impiego specializzato e puntuale di agrofarmaci… seppure ancora poco digitalizzate le aziende del mondo agricolo che sfruttano IoT e sistemi cognitivi non mancano.

L’Agrifood è, per esempio, una delle aree che ha consentito prima di altre a b.digital (società posseduta al 100% da Blueit) di sperimentare le potenzialità in termini di Digital Transformation del settore lavorando, attraverso le tecnologie IBM, sull’utilizzo congiunto di Cloud, Cognitive Computing / Intelligenza Artificiale e IoT. La nostra realtà ha dato vita al progetto bioBotGuard, un’idea basata sulla convergenza di diverse tecnologie:

1) droni con fotocamere ad altissima risoluzione per effettuare mappatura e rilevazioni dei campi;

2) riconoscimento immagini tramite la tecnologia IBM Watson;

3) Cloud per raccogliere tutti i dati ed elaborarli in informazioni utili (consentendo interventi con fertilizzanti o azioni correttive solo se strettamente necessario e solo nelle aree del campo colpite da parassiti o malattie).

Dai Big Data all’Intelligenza Artificiale: uno sguardo al futuro

Molti degli esempi ed ambiti applicativi del Cloud e dell’IoT hanno in comune il dato, oggi elemento di valore primario per qualsiasi tipo di azienda. Ecco perché per parlare oggi di Digital Transformation non si può prescindere dal contemplare le cosiddette “tecnologie del dato”, dai Big Data agli Advanced Analytics fino all’Intelligenza Artificiale.

Se, come abbiamo visto, la Digital Transformation oggi può declinarsi su tre differenti pilatri di trasformazione della relazione con gli shareholders, trasformazione digitale dei processi operativi e innovazione digitale di business, è innegabile che questo possa avvenire solo mediante l’utilizzo di informazioni adeguate, utili e di valore per prendere decisioni (siano esse orientate alla ricerca di efficienza, siano invece più dirette alla ricerca di vantaggio competitivo).

Oggi è possibile raccogliere una quantità quasi illimitata di dati, grazie alle innumerevoli opportunità di Internet e di qualsiasi cosa necessiti di Internet (dalle applicazioni ai siti web, dai social network alle App fino alle “cose connesse”, cioè all’IoT). Ma avere a disposizione grandi moli di dati strutturati e non strutturati (come vide, immagini, messaggi vocali, ecc.), i Big Data, non rappresenta di per sé un valore ma solo un buon punto di partenza. Senza la capacità di estrarre da questi dati le informazioni corrette o quelle più utili ai propri obiettivi o in linea con le proprie esigenze, non servono a nulla.

Ormai ci siamo abituati ad associare il termine Digital Transformation anche al concetto di azienda data-driven nella consapevolezza che sia il dato l’elemento di valore primario per un’azienda, ma i percorsi di trasformazione digitale (nell’accezione in questo caso di trasformazione tecnologica) e di innovazione digitale (nell’accezione di modelli di business digitali data-driven) sono tutt’altro che compiuti.

Dal punto di vista degli Advanced Analytics, per esempio, la maggior parte delle aziende si “ferma” alle analisi descrittive (analisi che consentono di descrivere anche in modo grafico la realtà di determinate situazioni o processi) o predittive (analisi che permettono di disegnare scenari di sviluppo nel futuro come i modelli predittivi o il forecasting); ancora poche le realtà che sfruttano le cosiddette Prescriptive Analytics, analisi avanzate dalle quali è possibile dedurre suggerimenti strategici o azioni da intraprendere, o addirittura le Automated Analytics, quelle analisi che consentono di avviare anche azioni correttive in modo autonomo.

Tuttavia, negli ultimi anni abbiamo assistito ad una sferzata importante nella direzione della data-drive enterprise grazie ad una importantissima triangolazione: Cloud, IoT e Cognitive Computing (cui si aggiunge l’Intelligenza Artificiale, in particolare il Machine Learning). 

L’IoT di fatto rappresenta un’area “critica” nella generazione di grandi volumi di dati provenienti da fonti differenti (oggetti connessi che hanno funzionalità differenti a seconda del contesto in cui vengono impiegati); solo recentemente se ne è compresa la ricchezza come patrimonio per progetti più ampi che vadano ben oltre la connessione delle cose e la loro automazione. L’esempio fatto nel mondo Agrifood con il progetto bioBotGuard ne è un chiaro modello: i droni e le fotocamere rappresentano solo uno degli ingredienti.

I sistemi cognitivi come IBM Watson e le più avanzate tecnologie di Machine Learning ed Intelligenza Artificiale rappresentano quel “boost” di cui l’IoT ha bisogno per andare oltre il concetto di “oggetti connessi” ed arrivare a quello che era il vero disegno iniziale dell’Internet of Things, ossia avere nel mondo “oggetti intelligenti”. Un risultato che, a nostro avviso, solo attraverso il Cloud quale hub dove far convogliare i dati e dove “ospitare” i sistemi più avanzati di analisi potrà dirsi compito.

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* Paolo Mazza è CEO di b.digital e Marketing&Innovation Director di Blueit

Blueit è un system integrator e service provider italiano noto anche all’estero per la sua proposta a valore nell’ambito dello Strategic Sourcing ICT. Oggi Blueit eroga servizi infrastrutturali complessi per i suoi clienti e partner in svariati settori, dall’Industrial al Finance al Luxury con attività progettuali tecnologiche e servizi gestiti. Blueit ha scelto di basare la sua Strategia sull’Innovazione Digitale e sulla trasformazione legata agli ambiti di Digital Business Solutions, Cloud Computing, Enterprise Mobility e Digital Security.

b.digital nasce per esplorare e costruire valore a partire dalle opportunità legate ai nuovi trend innovativi, dal Cognitive Computing all’Industrial IoT, dai Big Data alla Digital Journey.

IBM è uno dei partner strategici di Blueit e b.digital nell’ambito del Cloud, del Cognitive Computing e degli Analytics.

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