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Entro cinque anni, l’AI impatterà il 57% delle aziende italiane



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Attraverso l’indagine di otto settori produttivi dell’economia italiana, questo studio commissionato da Fastweb presenta un’analisi dell’impatto trasformativo dell’intelligenza artificiale sulle organizzazioni pubbliche e private, con l’obiettivo di identificare le condizioni che permettono di massimizzare i vantaggi offerti dall’uso delle tecnologie intelligenti

Pubblicato il 25 ott 2024



EY AI aziende italiane

Entro i prossimi cinque anni, l’AI impatterà il 57% dei processi core delle aziende italiane, con picchi del 70% nel settore ICT e del 75% in quello assicurativo. Lo afferma lo studio “Intelligenza Artificiale e trasformazione delle organizzazioni e del lavoro”, condotto da EY per Fastweb. Attraverso l’indagine di otto settori produttivi dell’economia italiana, questo studio presenta un’analisi dell’impatto trasformativo dell’intelligenza artificiale sulle organizzazioni pubbliche e private, con l’obiettivo di identificare le condizioni che permettono di massimizzare i vantaggi offerti dall’uso delle tecnologie intelligenti.

L’impatto dell’AI sulle organizzazioni e sul lavoro

Questo impatto si traduce in un aumento significativo dell’efficienza operativa e della produttività: si stima che l’adozione dell’AI comporterà un aumento del PIL mondiale del 7% nei prossimi dieci anni. In Italia, il 61% delle grandi imprese e una PMI su cinque hanno già avviato progetti di AI, con un potenziale di generare fino a 40 miliardi di valore aggiunto. L’effetto trasformativo dell’AI si associa a un aumento di produttività ed efficienza operativa notevole: si prevede un miglioramento medio della performance dei lavoratori del 40% per diversi profili professionali, con picchi del +20% per gli addetti al servizio clienti, +38% per i consulenti e +45% per i programmatori.

Questi incrementi di produttività sono possibili grazie all’automazione di compiti ripetitivi e alla facilitazione di task complessi.

Ad esempio, nel settore manifatturiero, l’AI viene impiegata per la manutenzione predittiva, analizzando i dati provenienti dai sensori per prevedere quando una macchina potrebbe guastarsi, consentendo interventi preventivi che riducono i tempi di inattività e aumentano l’efficienza operativa.

Nel retail, robot dotati di AI scansionano gli scaffali dei negozi per identificare prodotti in esaurimento, fuori posto o con prezzi errati, riducendo il carico di lavoro per i dipendenti e migliorando l’accuratezza della gestione degli inventari.

Nel settore bancario, l’AI viene utilizzata per automatizzare il processo di data entry, estraendo e processando dati da documenti cartacei e digitali con maggiore velocità e precisione, riducendo gli errori di trascrizione.

Questi esempi illustrano come l’AI stia trasformando radicalmente i processi operativi in diversi settori, portando a un aumento dell’efficienza, della qualità e della produttività.

EY AI aziende italiane
Immagine: EY

Evoluzione delle professioni e delle competenze nell’era dell’AI

L’introduzione dell’AI sta provocando una profonda trasformazione nel panorama delle professioni e delle competenze richieste. Contrariamente ai timori iniziali di una sostituzione massiva della forza lavoro, le stime indicano che la domanda di lavoro in Italia continuerà a crescere fino al 2030, con incrementi più marcati nei settori a maggiore maturità digitale come quello bancario-assicurativo (+5,8%) e ICT (+5,1%).

Questo scenario di crescita occupazionale si accompagna però a una significativa evoluzione dei profili professionali e delle competenze richieste. Si prevede che fino al 75% dei profili professionali italiani richiederanno interventi di upskilling o reskilling entro il 2030. Le competenze tecniche più richieste includono il machine learning e deep learning, la data literacy, i principi di AI, la data security e la cybersecurity.

Ad esempio, nel settore ICT, si prevede una crescita della domanda del +13,3% per competenze di programmazione avanzata in Python e del +13,2% per competenze in sicurezza informatica e privacy. Parallelamente, assumono crescente importanza le competenze trasversali come la collaborazione, l’adattabilità, la comunicazione efficace, il pensiero critico e la creatività.

Nel settore retail, ad esempio, si stima una crescita dell’8,3% per competenze di adattabilità e del 7,1% per la creatività.

Questa evoluzione riflette la necessità di una forza lavoro capace di interagire efficacemente con i sistemi di AI, interpretarne gli output e applicarli in modo critico e creativo.

Nuove figure professionali specializzate

Emergono inoltre nuove figure professionali specializzate: nel settore sanitario, ad esempio, si prevede una crescita del 9,3% per gli Healthcare Cybersecurity Specialist e del 7,9% per i Neurotechnology engineer.

Nel manufacturing, crescono figure come l’Automation/Robotic engineer (+9,3%) e il Data scientist (+9,3%). Questi cambiamenti sottolineano come l’AI stia non solo trasformando le professioni esistenti, ma creando anche nuove opportunità di lavoro in ambiti altamente specializzati.

La sfida per le organizzazioni e i lavoratori sarà quella di adattarsi rapidamente a questo nuovo scenario, investendo in formazione continua e sviluppo di competenze sia tecniche che trasversali per rimanere competitivi nel mercato del lavoro in rapida evoluzione.

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Variazione % della domanda di lavoro per settore attesa – Immagine EY

Sfide e opportunità dell’adozione dell’AI nei settori chiave

L’adozione dell’AI nei settori chiave dell’economia italiana presenta sia sfide significative che opportunità di trasformazione.

  1. Nel settore manifatturiero, l’AI sta rivoluzionando i processi produttivi attraverso l’automazione avanzata e l’ottimizzazione operativa. Si prevede che entro 5 anni, l’AI impatterà circa il 49% dei processi delle aziende del settore, in particolare quelli relativi alla manutenzione dei macchinari, al controllo qualità, alla personalizzazione della produzione di beni, alla gestione della supply chain e all’efficientamento energetico. Tuttavia, la sfida principale consiste nel bilanciare l’adozione dell’AI e la conseguente automazione dei processi con il bisogno di riqualificazione della forza lavoro.

2. Nel settore bancario e assicurativo, l’impatto dell’AI è ancora più marcato: si stima che entro 5 anni, circa il 65% dei processi delle aziende bancarie e il 75% di quelle assicurative saranno impattati dall’AI. Qui, le sfide principali riguardano la gestione dei rischi legati alla privacy dei dati e la necessità di garantire la compliance con le normative vigenti, specialmente in aree sensibili come l’accesso al credito.

3. Nel settore della sanità, l’AI promette di migliorare significativamente la qualità delle cure attraverso la diagnostica avanzata, la medicina preventiva e la gestione personalizzata dei pazienti. Tuttavia, l’implementazione di soluzioni di AI in questo settore è rallentata da barriere normative ed etiche, come il GDPR, che pongono limiti all’uso dei dati dei pazienti per la ricerca e l’applicazione dell’AI.

4. Nel settore dell’istruzione e formazione, l’AI offre opportunità per personalizzare l’apprendimento e automatizzare compiti amministrativi, ma si scontra con la necessità di garantire un’interazione umana significativa nel processo educativo e con le preoccupazioni sulla privacy dei dati degli studenti.

5. Nel retail, l’AI sta trasformando l’esperienza di acquisto e la gestione della supply chain, ma richiede investimenti significativi in infrastrutture e formazione del personale.

6. Nel settore ICT, l’AI sta accelerando lo sviluppo di software e migliorando la sicurezza informatica, ma pone sfide in termini di consumo energetico e necessità di competenze altamente specializzate.

7. L’adozione dell’AI nel settore della comunicazione e dei media in Italia è ancora
relativamente bassa, soprattutto se paragonata a quella di altri paesi. Le grandi agenzie di stampa italiane hanno iniziato a utilizzare l’AI nel 2019 e il suo uso rimane modesto. Attualmente, l’adozione dell’AI è più alta tra gli editori che utilizzano prevalentemente il web come mezzo di comunicazione. Questo perché le piattaforme digitali consentono una maggiore integrazione di strumenti AI per la gestione dei contenuti, l’analisi dei dati e l’automazione dei processi editoriali. Gli editori web sono spesso più aperti all’innovazione tecnologica e dispongono di infrastrutture più flessibili per implementare nuove tecnologie. Secondo gli intervistati, uno dei principali ostacoli all’adozione diffusa dell’AI nel settore è la forte resistenza culturale.

8. L’introduzione dell’AI nella Pubblica Amministrazione (PA) è una delle sfide più grandi per l’adozione dell’AI in Italia. L’introduzione efficace di tecnologie intelligenti nella PA permetterebbe di facilitare e velocizzare l’adoption di queste in tutti gli altri settori, agendo quindi da moltiplicatore e catalizzatore di innovazione nazionale.
Tuttavia, se da un lato, come già osservato, una delle condizioni per l’utilizzo efficace dell’AI in ogni ambito è l’alto livello di integrazione digitale dei dati, dall’altro per fornitura di servizi digitali, sia alla cittadinanza che alle imprese private, l’Italia è sotto la media europea e tra le ultime posizioni nell’Unione, come misurate dall’indice composito DESI. Ciò è dovuto, almeno in parte, a un lungo periodo di scarsi investimenti che ha caratterizzato il settore negli ultimi 15 anni, contraddistinto da tagli alle spese per il personale e alla riduzione delle voci di spesa relative alla formazione della forza lavoro e all’aggiornamento delle infrastrutture tecnologiche.

In tutti questi settori, l’adozione efficace dell’AI richiede non solo investimenti tecnologici, ma anche un ripensamento dei modelli organizzativi e una strategia di gestione del cambiamento che coinvolga tutti i livelli dell’organizzazione.

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Variazione % della domanda di profili professionali al 2030 per settore – Immagine EY

Governance e infrastrutture per l’implementazione dell’AI

L’implementazione efficace dell’AI nelle organizzazioni richiede un approccio strutturato sia in termini di governance che di infrastrutture. Lo studio evidenzia l’importanza di un modello di governance ibrido, che combini una supervisione dall’alto (top-down) con la sperimentazione dal basso (bottom-up). Questo modello prevede la creazione di un’AI Steering Group dedicato alla governance dei processi di adozione dell’AI, che include l’alta dirigenza e specialisti come l’ethics manager, esperti di compliance ed esperti di AI. Lo Steering Group è responsabile della definizione dei parametri generali e delle strategie per l’utilizzo dell’AI, mentre centri di competenze dedicati supportano sia lo Steering Group che i lavoratori nell’implementazione pratica. Questo approccio permette di bilanciare la necessità di una direzione strategica con la flessibilità necessaria per adattarsi alle esigenze specifiche di diversi reparti e funzioni aziendali.

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Il modello di governance ibrido – Immagine EY

Le aziende investono in soluzioni Cloud

Per quanto riguarda le infrastrutture, le organizzazioni stanno investendo sempre più in soluzioni cloud per gestire i grandi volumi di dati necessari per l’AI. Nel 2023, il mercato del cloud in Italia ha registrato una crescita del 19% rispetto al 2022, con un valore complessivo che supera i 5,5 miliardi di euro. In particolare, gli investimenti in soluzioni PaaS (Platform as a Service) sono cresciuti del 27%, trainati dall’impiego crescente di AI all’interno delle aziende.

Parallelamente, la cybersecurity assume un ruolo cruciale: il 56% delle aziende italiane ha introdotto soluzioni di AI nella cybersecurity, portando il mercato italiano della sicurezza informatica a raggiungere un valore di 2,15 miliardi di euro nel 2023, con un aumento del 16% rispetto all’anno precedente. Queste infrastrutture non solo abilitano l’adozione dell’AI, ma rappresentano anche un motore di competitività a lungo termine. Tuttavia, l’implementazione di queste soluzioni pone sfide significative, soprattutto per le PMI, che spesso non dispongono delle risorse necessarie per investimenti su larga scala. Inoltre, la gestione sicura dei dati rimane una preoccupazione primaria: a marzo 2023, il 4,9% dei lavoratori ha ammesso di aver fornito dati aziendali sensibili a ChatGPT, evidenziando la necessità di politiche di sicurezza robuste e di una formazione continua del personale sui rischi associati all’uso di AI esterne all’azienda.

Strategie di upskilling e reskilling per la forza lavoro

La trasformazione indotta dall’AI nel mercato del lavoro richiede strategie mirate di upskilling e reskilling della forza lavoro. Lo studio evidenzia che fino al 75% dei profili professionali italiani richiederanno interventi di formazione entro il 2030, con il 20% che necessita di interventi urgenti. Questo scenario riflette un disallineamento crescente tra le competenze fornite dai curricula scolastici e universitari e quelle richieste dai datori di lavoro, particolarmente accentuato per le discipline STEM. Per affrontare questa sfida, si stanno sviluppando diverse iniziative.

A livello di istruzione superiore, la recente riforma dell’istruzione tecnica professionale mira a rafforzare la sinergia con le imprese, aumentando le ore di tirocinio, coinvolgendo maggiormente docenti provenienti dall’industria e progettando corsi in linea con le esigenze del territorio.

Nel settore pubblico, il Patto per l’innovazione del Lavoro Pubblico stabilisce che la fornitura di servizi di formazione e riqualificazione è un diritto soggettivo del dipendente pubblico, sottolineando l’importanza degli investimenti in questo ambito.

Nel settore privato, si osserva un aumento significativo degli investimenti in formazione: tra il 2019 e il 2021, la percentuale di aziende che forniscono formazione ai propri dipendenti ha raggiunto il 61,7%, con il 9,9% della forza lavoro che ha accesso a programmi di formazione continua.

Questi sforzi sono supportati da iniziative come il Piano Nuove Competenze – Transizioni, adottato dai Ministeri del Lavoro e dell’Economia e Finanze a marzo 2024, che identifica nei fondi paritetici interprofessionali la risorsa principale per supportare le aziende italiane nelle loro operazioni di upskilling e reskilling. Le strategie di formazione si concentrano su due aree principali: competenze tecniche e competenze trasversali. Le competenze tecniche includono data science, machine learning, cybersecurity e gestione di sistemi cloud.

Le competenze trasversali, sempre più cruciali, includono pensiero critico, comunicazione efficace, adattabilità e problem solving. Nel settore retail, ad esempio, si stima una crescita dell’8,3% per competenze di adattabilità entro il 2030. L’efficacia di queste strategie di upskilling e reskilling è confermata dalle stime che prevedono un ritorno sugli investimenti tra il 10% e il 30% per le aziende europee, con benefici sia in termini di competitività e produttività per le aziende, sia di soddisfazione lavorativa per i dipendenti.

Prospettive future: verso un’integrazione efficace dell’AI nelle organizzazioni

Le prospettive future per l’integrazione dell’AI nelle organizzazioni italiane sono promettenti ma complesse. Lo studio prevede che l’adozione diffusa dell’IA potrebbe aggiungere fino a 312 miliardi di euro al PIL annuale italiano nei prossimi 15 anni, rappresentando una potenziale crescita del PIL fino al 18,2%. Questo impatto trasformativo si estenderà a tutti i settori dell’economia, con le PMI che potrebbero beneficiare di un incremento di 122 miliardi di euro in valore aggiunto.

Particolarmente significativo sarà l’impatto sul Made in Italy, con proiezioni che indicano potenziali aumenti dei margini di esportazione fino a 121 miliardi di Euro, corrispondente al 19,5% dei ricavi totali dell’export manifatturiero italiano. Settori chiave come l’ingegneria meccanica e la farmaceutica potrebbero vedere espansioni sostanziali dei margini, con incrementi rispettivamente di 20 miliardi di euro e 13 miliardi di euro.

Le sfide da affrontare

Tuttavia, per realizzare questo potenziale, le organizzazioni dovranno affrontare sfide significative. La principale tra queste è la gestione del cambiamento culturale e organizzativo. Secondo lo studio, solo tra il 20% e il 40% dei progetti di AI aziendale ha successo nell’integrazione diffusa e permanente, un tasso di fallimento quasi doppio rispetto a progetti IT simili del decennio scorso. Questo sottolinea la necessità di un approccio olistico all’adozione dell’AI, che vada oltre l’implementazione tecnologica e includa una trasformazione profonda dei processi e della cultura aziendale.

Un altro aspetto cruciale sarà la gestione etica e responsabile dell’AI. Le organizzazioni dovranno implementare protocolli di accountability strutturati che permettano di identificare in modo chiaro ed univoco chi sia responsabile di garantire la bontà dei modelli di AI, l’accuratezza dei dati usati per addestrarli e l’affidabilità delle delle
soluzioni generate.

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