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Google DeepMind, con l’AI scoperti oltre 2 milioni di nuovi materiali



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Il team ha identificato i nuovi materiali utilizzando l’apprendimento automatico di GNoME per generare prima le strutture candidate e poi valutarne la probabile stabilità. Secondo la rivista Nature, il numero di combinazioni teoricamente stabili identificate è 45 volte più grande del numero di sostanze di questo tipo scoperte in tutta la storia della scienza

Aggiornato il 4 dic 2023



Gnome DeepMind

I ricercatori di Google DeepMind hanno scoperto 2,2 milioni di strutture cristalline che aprono potenziali progressi in campi che vanno dall’energia rinnovabile alla computazione avanzata, dimostrando la potenza dell’intelligenza artificiale nello scoprire nuovi materiali.

L’enorme numero di combinazioni teoricamente stabili, sebbene non ancora sperimentate, identificato grazie a uno strumento di intelligenza artificiale a cui i ricercatori di DeepMind hanno dato nome GNoME (Graph Networks for Materials Exploration), è più di 45 volte più grande del numero di sostanze di questo tipo scoperte in tutta la storia della scienza. Lo rivela un articolo pubblicato il 29 novembre su Nature.

Con il machine learning di GNoME trovate sostanze equivalenti a 800 anni di conoscenze

I ricercatori intendono mettere a disposizione dei colleghi scienziati 381.000 strutture tra le più promettenti per realizzarle e testarne la fattibilità in campi che vanno dalle celle solari ai superconduttori. L’iniziativa sottolinea come l’utilizzo dell’intelligenza artificiale possa abbreviare anni di sperimentazione e potenzialmente fornire prodotti e processi migliori.

“Per me la scienza dei materiali è fondamentalmente il luogo in cui il pensiero astratto incontra l’universo fisico”, ha dichiarato Ekin Dogus Cubuk, coautore dell’articolo. “È difficile immaginare una tecnologia che non possa migliorare con l’impiego di materiali migliori”. I ricercatori si sono messi alla ricerca di nuovi cristalli da aggiungere ai 48.000 che hanno calcolato essere stati precedentemente identificati.

Le sostanze conosciute vanno da quelle note da millenni, come il bronzo e il ferro, a scoperte molto più recenti. Il team di DeepMind ha identificato i nuovi materiali utilizzando l’apprendimento automatico per generare prima le strutture candidate e poi valutarne la probabile stabilità. Secondo le stime di DeepMind, il numero di sostanze trovate equivale a quasi 800 anni di precedenti conoscenze acquisite sperimentalmente, sulla base dei 28.000 materiali stabili scoperti nell’ultimo decennio.

“Dai microchip alle batterie e al fotovoltaico, la scoperta di cristalli inorganici è stata ostacolata da costosi approcci per tentativi ed errori”, si legge nell’articolo pubblicato su Nature. “Il nostro lavoro rappresenta un’espansione di un ordine di grandezza dei materiali stabili conosciuti dall’umanità”. Due potenziali applicazioni dei nuovi composti includono l’invenzione di materiali stratificati versatili e lo sviluppo dell’informatica neuromorfa, che utilizza chip per rispecchiare il funzionamento del cervello umano, ha detto Cubuk.

Credit: Google Deep Mind

L’A-lab ha già utilizzato le scoperte per creare nuovi materiali

Ricercatori dell’Università della California, Berkeley e del Lawrence Berkeley National Laboratory hanno già utilizzato le scoperte come parte degli sforzi sperimentali per creare nuovi materiali, secondo un altro articolo pubblicato su Nature. Il team ha utilizzato il calcolo, i dati storici e l’apprendimento automatico per guidare un laboratorio autonomo, noto come A-lab, a creare 41 nuovi composti da un elenco di 58, con un tasso di successo superiore al 70%. L’alta percentuale di successo è stata sorprendente e potrebbe essere ulteriormente migliorata, ha dichiarato Gerbrand Ceder, coautore del lavoro e professore dell’università. La chiave dei miglioramenti è stata la combinazione di tecniche di intelligenza artificiale con fonti esistenti, come un ampio set di dati sulle reazioni di sintesi passate, ha aggiunto.

Photo credit: Marilyn Sargent/Berkeley Lab

“Anche se la robotica dell’A-lab è interessante, la vera innovazione è l’integrazione di varie fonti di conoscenza e dati con l’A-lab per guidare in modo intelligente la sintesi”, ha affermato. Le tecniche descritte nei due articoli di Nature consentirebbero di identificare nuovi materiali “con la velocità necessaria per affrontare le grandi sfide del mondo”, ha dichiarato Bilge Yildiz, professore del Massachusetts Institute of Technology non coinvolto in nessuna delle due ricerche.

“Questo ampio database di cristalli inorganici dovrebbe essere pieno di ‘gemme’ da scoprire, per far progredire le soluzioni alle sfide ambientali e dell’energia pulita”, ha detto Yildiz, che lavora nei dipartimenti di scienza e ingegneria dei materiali e di scienza e ingegneria nucleare del MIT. I documenti rappresentano un ulteriore “progresso molto eccitante” nella ricerca di “ottenere materiali a velocità di gran lunga superiori ai tradizionali approcci di sintesi empirica”, ha aggiunto Yildiz.

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