Analisi

Intelligenza artificiale: le aziende più mature entrano nell’era dell’implementazione

Secondo l’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, crescono le realtà italiane che hanno attivato almeno una progettualità: il 61% tra le aziende con più di 249 addetti e il 15% tra le piccole e medie imprese

Pubblicato il 14 Feb 2023

Irene Di Deo

Ricercatrice Senior Osservatorio Artificial Intelligence

Alessandro Piva

Direttore Osservatorio Artificial Intelligence

Osservatorio Artificial Intelligence

Secondo le stime 2023 dell’Osservatorio Artificial Intelligence (Osservatori Digital Innovation, School of management del Politecnico di Milano), il mercato dell’artificial intelligence in Italia ha raggiunto il valore di 500 milioni di euro, con una crescita del 32%, la più alta registrata da quando l’Osservatorio ha attivato il lavoro di stima, nel 2018.

Circa tre quarti di questo mercato, che corrisponde al fatturato delle aziende attive in Italia nell’ambito di servizi e soluzioni di intelligenza artificiale nel 2022, è destinato a soddisfare le esigenze di aziende private o pubbliche amministrazioni italiane, la restante quota è rappresentata da export di progetti. Coerentemente, crescono le realtà italiane che hanno attivato almeno una progettualità: il 61% tra le aziende con più di 249 addetti e il 15% tra le piccole e medie imprese (aziende dai 10 ai 249 addetti).

Questa fotografia quantitativa ci dà già delle chiare indicazioni sull’incremento di interesse verso le opportunità offerte dalle metodologie di apprendimento automatico; tuttavia, una domanda è cruciale per comprendere a pieno il fenomeno: l’AI è oggi una tecnologia di frontiera, su cui si sta sperimentando, o è già adottata nelle organizzazioni? Ovviamente le organizzazioni si trovano in diversi stadi di maturità e per provare a rispondere a questa domanda è necessario analizzare tecnologie e competenze di un’azienda nel suo complesso. L’Osservatorio Artificial Intelligence lo ha fatto con un modello di sintesi.

L’AI Journey: un modello che fotografa la readiness verso l’AI

Il modello dell’AI journey, sviluppato dall’Osservatorio Artificial Intelligence nel 2020, mostra le dimensioni su cui ciascuna impresa è chiamata a mettersi in gioco per potersi definire “AI-ready” e, per ciascuna di queste, identifica quattro livelli di maturità. Il modello può quindi essere utilizzato come strumento per valutare la maturità raggiunta da un’azienda, comprendendo le direzioni di evoluzione su cui investire.

Le dimensioni contemplate nell’AI Journey sono:

  • Dati e patrimonio informativo: la presenza di un’infrastruttura di acquisizione e gestione dei dati e la disponibilità, completezza e qualità dei dati stessi, necessari per il training e il testing degli algoritmi di artificial intelligence;
  • Metodologie e algoritmi: la conoscenza e la capacità di dominare le basi scientifiche, le metodologie e gli algoritmi di artificial intelligence;
  • Organizzazione e competenze: la presenza di competenze necessarie per l’implementazione di progetti di AI complessi, selezionate all’esterno e/o sviluppate internamente all’organizzazione;
  • Cultura aziendale: la capacità di favorire la crescita e la diffusione di una cultura aziendale aperta ai cambiamenti abilitati dall’artificial intelligence;
  • Relazione con il cliente: la capacità di gestire il percorso di comunicazione e di preparazione della clientela all’erogazione di prodotti e servizi arricchiti dall’artificial intelligence.

Considerando il posizionamento di ciascuna azienda rispetto alle dimensioni del modello, il 34% delle grandi organizzazioni si può dire già nell’era dell’implementazione dell’intelligenza artificiale. In questo sottoinsieme di aziende, troviamo realtà che si sono già dotate degli strumenti necessari per costruire delle soluzioni di AI. Ad esempio, hanno una infrastruttura IT adeguata alla raccolta di dati in quantità e qualità sufficienti, hanno una buona conoscenza delle metodologie e degli algoritmi applicabili al loro contesto aziendale e sono dotate di competenze interne (es. data scientist, machine learning engineer, AI manager) per sviluppare correttamente le progettualità.

Seppur si tratti nel complesso di aziende con un buon livello di maturità, che hanno lavorato già su diversi casi d’uso, possiamo distinguere – per un diverso grado di adozione dell’AI – due differenti profili: gli Apprendisti e gli Avanguardisti.

Ciò che manca agli Apprendisti (25%, in crescita rispetto al 2021) sono i meccanismi di coordinamento tra figure di business e ruoli tecnici, il fattivo coinvolgimento del top management nello sviluppo di un’AI strategy e la pervasività delle soluzioni di AI tra tutti gli stakeholder aziendali, ossia utenti interni che potrebbero trarne beneficio. Al livello di maturità più elevato, si trovano invece gli Avanguardisti (9%). Questo cluster si distingue per le iniziative portate avanti in ambito tecnologico e organizzativo, che hanno consentito di introdurre efficacemente l’AI in azienda facendone apprezzare i benefici tra i diversi stakeholder aziendali.

Osservatorio Artificial Intelligence 2023

Le leve per favorire l’implementazione dell’AI in azienda

A partire dal modello raccontato, proviamo a descrivere quali siano le reali leve, tecnologiche organizzative e culturali, che possono favorire l’implementazione dell’intelligenza artificiale in azienda.

Come ben sanno coloro che si occupano di queste tematiche in organizzazione complesse, il passaggio dal laboratorio all’ambiente di produzione è un punto estremamente critico. Per facilitarne la riuscita, centrali risultano essere le metodologie agile, che stanno diventano ormai uno standard nello sviluppo di progetti digitali e più nello specifico basati sull’analisi dei dati.

Il secondo elemento critico è legato al coinvolgimento del business user, propriamente la figura operativa che dovrà poi utilizzare lo strumento costruito tramite l’AI nella sua quotidiana attività lavorativa. Nonostante possa sembrare scontato, non è raro assistere a questa situazione nelle aziende: colui che dovrà poi utilizzare lo strumento – sia esso un algoritmo integrato in una dashboard di supporto alle decisioni o uno strumento che va a modificare o automatizzare un processo – viene spesso coinvolto in maniera sporadica o addirittura soltanto alla fine. Ciò ha degli effetti negativi in termini di change management, engagement dell’utente di business e fiducia in quelli che sono i risultati prodotti dall’intelligenza artificiale. In altre parole, l’effetto WoW “alla ChatGPT” è efficace per far crescere la curiosità, ma non è la scelta giusta per favorire la reale adozione nell’ambito lavorativo.

Terzo elemento da sottolineare è la necessità di governare l’intero ciclo di vita di un’applicazione, dall’ideazione alla fase di sviluppo, testing, rilascio e soprattutto manutenzione. Un sistema di intelligenza artificiale produce dei risultati in base ai dati che ha a disposizione e in base alle domande che, in forma di linguaggio vero e proprio o in forma di query, si trova ad elaborare. Così come un essere umano, dunque, deve essere adattato al contesto e a quelle che sono le richieste degli umani che potenzialmente interagiscono con lui. Per questo possiamo dire che è un sistema vivo. Affinché non si trovi a degradare in termini di performance, e quindi di reale utilità, è necessario manutenerlo nel tempo. Qui le metodologie e tecnologie di Machine Learning Operations arrivano in soccorso. Si tratta di un insieme di pratiche (e relativi tool) che combina la realizzazione di modelli di machine learning, il DevOps e la Data Engineering, con lo scopo di sviluppare, rilasciare, monitorare e scalare in produzione sistemi di ML di alta qualità, facendo leva su aspetti organizzativi, culturali e tecnologici che favoriscano il governo e l’automazione del ciclo di vita dei modelli di ML.

L’Osservatorio Artificial Intelligence nel 2023: AI generativa & AI governance

Ai generativa
Immagine generata con DALL-E

La fine del 2022 e l’inizio del 2023 hanno rappresentato un punto di svolta per il tema artificial intelligence. Il cambio di passo non è prettamente tecnologico, ci dicono gli addetti ai lavori. In altre parole, ChatGPT o DALL·E2 nascono da un percorso di trasformazione già in atto. Il cambio di passo è legato all’impatto sui media e sul grande pubblico.

Si tratta della cosiddetta ai generativa, ossia qualsiasi tipo di Intelligenza Artificiale che utilizza algoritmi di unsupervised learning per creare nuove immagini digitali, video, audio, testo o codice. Nuove applicazioni (es. quale l’impatto in ambito media? come può cambiare il lavoro di sviluppatori, creativi o copywriter? come crescono le opportunità di automatizzazione dei processi?) e nuove domande che si stanno ponendo le organizzazioni e che sicuramente discuteremo durante l’edizione di ricerca 2023/2024 dell’Osservatorio Artificial Intelligence.

Nel mentre, grandi aspettative anche dal punto di vista dell’evoluzione del panorama regolatorio. Il 6 dicembre 2022 è stato approvato da parte del Consiglio Europeo l’AI act, approccio di regolamentazione basato sulla classificazione delle soluzioni di artificial intelligence in base al livello di rischio che possono causare sui diritti e libertà fondamentali dei cittadini. Si avvicina dunque la conversione in legge di questo documento, che avrà grandi ricadute su come le applicazioni di AI devono essere sviluppate (es. criteri di trasparenza, di fairness, di non discriminazione) e governate.

Mentre l’artificial intelligence sembra far la parte del supereroe, scatenando un po’ di timori ma anche tantissimo entusiasmo, non ci resta che ricordare alle aziende un fondamentale insegnamento: da un grande potere, grandi responsabilità.

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