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L’AI promette di incrementare il PIL italiano dell’1,8% entro il 2035, ma mette a rischio 6 milioni di posti di lavoro



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L’analisi di Confcooperative sottolinea la necessità di un modello di sviluppo centrato sulle persone. Secondo il presidente, Maurizio Gardini, l’AI dovrebbe essere un supporto per le persone, non un sostituto. L’uso dell’AI è più diffuso tra i giovani lavoratori, con il 35,8% dei giovani tra i 18 e i 34 anni

Pubblicato il 5 mar 2025



Randstad Workmonitor

Secondo il Focus Censis Confcooperative, l’intelligenza artificiale promette di incrementare il PIL italiano di 38 miliardi di euro entro il 2035, pari a un aumento dell’1,8%. Tuttavia, questa crescita economica presenta un lato oscuro: circa 6 milioni di lavoratori rischiano di essere sostituiti dall’automazione, mentre 9 milioni potrebbero vedere l’AI integrarsi nelle loro mansioni.

Maurizio Gardini

Il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, sottolinea l’importanza di un paradigma che metta le persone al centro, l’AI al servizio dei lavoratori.

Quali sono i settori a rischio automazione

L’analisi prevede che entro il 2030, circa il 27% delle ore lavorative in Europa sarà automatizzato, con settori come la ristorazione, il supporto d’ufficio e la produzione particolarmente esposti. Al contrario, la sanità e il management sembrano meno suscettibili all’automazione. Professioni intellettuali come contabili e tecnici della gestione finanziaria sono tra le più esposte, mentre avvocati e dirigenti potrebbero beneficiare della complementarità offerta dall’AI.

Livello di istruzione ed esposizione alla sostituzione

L’esposizione alla sostituzione da parte dell’AI varia in base al livello di istruzione. Tra i lavoratori a basso rischio di sostituzione, il 64% non ha un diploma e solo il 3% possiede una laurea. Al contrario, il 59% dei lavoratori con un’istruzione superiore potrebbe sperimentare una maggiore complementarità con l’AI. Inoltre, le donne risultano più esposte rispetto agli uomini, con il 54% dei lavoratori ad alta esposizione di sostituzione e il 57% di quelli ad alta complementarità.

Ritardo nell’adozione dell’AI e implicazioni generazionali

L’Italia mostra un significativo ritardo nell’adozione dell’AI rispetto ad altri Paesi europei, posizionandosi al 25° posto nel Government AI Readiness Index 2024. Solo l’8,2% delle imprese italiane utilizza l’AI, contro il 19,7% della Germania.

Attualmente, l’Italia investe solo l’1,33% del PIL in ricerca, ben al di sotto della media europea del 2,33%. Per affrontare queste sfide, è cruciale un approccio che valorizzi le competenze umane e integri l‘AI come strumento di supporto.

L’uso dell’AI è più diffuso tra i giovani lavoratori, con il 35,8% dei giovani tra i 18 e i 34 anni che la utilizza per la stesura di rapporti, rispetto al 23,5% tra chi ha più di 45 anni. Gardini conclude che è essenziale correggere il paradigma attuale, mettendo le persone al centro del modello di sviluppo con l’AI al servizio dei lavoratori.

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