L’intelligenza artificiale rappresenta “una minaccia” per il 57% dei dipendenti del settore pubblico. Duecentomila lavoratori sono a rischio sostituzione. Lo rivela lo studio di FPA “L’effetto dell’intelligenza artificiale sul settore pubblico”, presentato in apertura del FORUM PA 2024.
L’impatto dell’AI sul settore pubblico
L’intelligenza artificiale sta avendo un impatto significativo sul settore pubblico. Secondo i dati, il 57% dei 3,2 milioni di lavoratori pubblici italiani è fortemente “esposto” all’influenza dell’AI nelle loro attività quotidiane, implicando una forte interazione tra le loro mansioni e quelle che gli algoritmi possono svolgere. Questa interazione può portare a un miglioramento delle attività grazie al contributo dell’AI o alla sostituzione dei lavoratori. Si tratta di circa 1,8 milioni di individui, tra cui dirigenti, ruoli direttivi, tecnici, ricercatori, insegnanti, legali, architetti, ingegneri, professionisti sanitari e assistenti amministrativi.
Queste sono alcune delle conclusioni dello studio “L’impatto dell’intelligenza artificiale sul settore pubblico” presentato da FPA, società del gruppo DIGITAL360, al FORUM PA 2024, l’evento annuale di confronto tra i soggetti pubblici e privati dell’innovazione in programma a Roma dal 21 al 23 maggio.
Tra i lavoratori pubblici maggiormente esposti all’AI, l’80% potrebbe integrare l’intelligenza artificiale nel proprio lavoro ottenendo significativi benefici: circa 1,5 milioni di lavoratori con ruoli di leadership e gestione (come dirigenti scolastici, responsabili strategici e leader di progetti innovativi), esperti tecnici e professionisti, prefetti, magistrati e direttori generali, possono operare in modo complementare con le nuove tecnologie, se adeguatamente formati e con un’organizzazione abilitante. Tuttavia, c’è un 12% a rischio di sostituzione: ben 218mila dipendenti pubblici appartenenti alle professioni meno specializzate, caratterizzate da compiti ripetitivi e prevedibili che potrebbero essere facilmente svolti dall’intelligenza artificiale.
L’avvento dell’AI rappresenta una rivoluzione per il settore pubblico
Lo studio utilizza la metodologia dei più importanti lavori scientifici sul tema (Felten, 2021 e Pizzinelli, 2023), evidenziando come l’avvento dell’intelligenza artificiale rappresenti una vera rivoluzione per il settore pubblico.
“L’intelligenza artificiale sta delineando i contorni di un nuovo modo di concepire il lavoro pubblico – afferma Gianni Dominici, Amministratore delegato di FPA -. L’impatto nel settore sarà forte sia in termini qualitativi che numerici ed è destinato ad intensificarsi con i progressi delle soluzioni AI. Le professioni ad alta specializzazione come i ruoli direttivi, i dirigenti e i professionisti hanno un forte potenziale di collaborazione, mentre quelle poco specializzate e routinarie sono vulnerabili alla sostituzione, suggerendo la necessità di una riconsiderazione dei ruoli e di una riqualificazione per mitigarne gli effetti. La rivoluzione dell’AI rappresenta la ‘terza ondata’ di trasformazione per il settore pubblico degli ultimi 15 anni, dopo la spending review e la pandemia”.
“Di fronte a un impatto così significativo, l’amministrazione pubblica è chiamata a una riforma strutturale – aggiunge Carlo Mochi Sismondi, Presidente di FPA. “È necessaria una revisione dei processi formativi, orientata allo sviluppo di competenze come creatività, adattabilità, pensiero critico e laterale e soft skill, che possono qualificare il lavoro liberato da mansioni ripetitive e routinarie. A livello organizzativo, bisogna abbandonare la logica gerarchica e burocratica per introdurre la flessibilità necessaria a gestire il cambiamento. Mentre la dirigenza è chiamata ad abbandonare la cultura dell’adempimento verso una per obiettivi e risultati”.
“L’adozione dell’AI è un processo inarrestabile e una sfida tecnologica che riguarda tutti, imprese, cittadini e anche il settore pubblico, dove l’utilizzo di algoritmi intelligenti può rivelarsi una potente leva di innovazione in grado di ripensare l’organizzazione del lavoro come la gestione e l’erogazione dei servizi – dice Andrea Rangone, Presidente di DIGITAL360 . “La capacità di governo dei processi di innovazione sarà fondamentale nella gestione di questo paradigma che, se sostenuto da competenze adeguate, può essere un elemento di discontinuità per tutte le amministrazioni”.
Le tre ondate del settore pubblico
La prima grande ondata di trasformazione del settore pubblico negli ultimi 15 anni è stata determinata dalla spending review adottata dal 2007, che ha comportato una diminuzione dei dipendenti pubblici e un calo degli investimenti in formazione. Una situazione che ancora oggi, in attesa del pieno dispiegamento degli investimenti PNRR, vede le remunerazioni e la forza lavoro (misurata in unità equivalenti a tempo pieno) lontani dai livelli pre-crisi: gli indicatori, misurati con indici su base 2007=100, restano sotto quel valore, a 88 e 96 punti (dati Istat).
La seconda ondata è stata quella della pandemia Covid-19, che ha prodotto un’accelerazione dei processi di innovazione e digitalizzazione per garantire la continuità e l’accessibilità dei servizi pubblici, promuovendo un’inedita flessibilità lavorativa. A cavallo dei due fenomeni si è registrata la crescita della domanda pubblica di servizi di consulenza che, anche per effetto delle risorse PNRR, tra il 2020 e il 2023 è salita del 30,5%, con investimenti secondo Assoconsult pari a 535 milioni di euro nel 2022 e la previsione di un’ulteriore crescita tra il 5% e il 10% su base annua nel prossimo futuro. Un supporto essenziale che spesso però si è tradotto in eccessiva dipendenza del settore pubblico da figure esterne.
L’esposizione all’AI
Secondo lo studio FPA, l’intelligenza artificiale, come la crisi del 2007 e la pandemia del 2020, rappresenta oggi uno shock esterno a cui il settore pubblico è chiamato a rispondere. Per stimare l’impatto è stato adattato alle categorie professionali dei dipendenti pubblici italiani il metodo AIOE (Artificial Intelligence Occupational Exposure) di Edward Felten sull’esposizione occupazionale all’AI. Ne emerge che il 57% dei circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici è altamente esposto all’AI, pari a circa 1,8 milioni di lavoratori, mentre il 28% è moderatamente impattato e solo il 15% subisce un’influenza minima o nulla. Tra le professioni più esposte ci sono assistenti e operatori esperti amministrativi, personale direttivo e non dirigente con funzioni amministrative, tecnici, ricercatori e tecnologi, dirigenti scolastici e docenti, avvocati e magistrati, architetti e ingegneri, dirigenti sanitari e professionisti sanitari.
Integrazione o sostituzione
Tra gli 1,8 milioni di dipendenti pubblici altamente esposti all’AI una gran parte potrebbe beneficiare di un’integrazione dell’AI nella propria attività lavorativa, evidenziando una profonda sinergia tra competenze umane e capacità offerte dall’intelligenza artificiale: ben l’80%, poco meno di 1,5 milioni, tra dirigenti scolastici, responsabili strategici e leader di progetti, esperti tecnici, prefetti, magistrati e direttori generali. Ovviamente, questo non è scontato né automatico: è necessario che le soluzioni degli algoritmi vengano utilizzate con consapevolezza e competenza, e nel quadro di contesti organizzativi abilitanti. Invece, il 12% dei dipendenti altamente esposti (poco più di 218mila lavoratori) ha una scarsa sinergia con l’intelligenza artificiale, mostrando un rischio concreto di essere sostituito. Questa situazione riguarda principalmente professioni con scarsa specializzazione e compiti ripetitivi e prevedibili. Il restante 8% (circa 154mila dipendenti tra cui molte professioni del settore sanitario e diplomatico) è in una zona ambigua tra potenziali sinergie e rischi di sostituzione.
L’impatto nei settori
L’analisi per settore rivela che le aree più esposte sono le funzioni centrali e locali del settore pubblico, esposte nel 96,2% e del 93,5% dei casi rispettivamente, seguite dall’istruzione e ricerca (72,6%). La maggiore sinergia tra lavoro e intelligenza artificiale emerge soprattutto nell’istruzione e ricerca, dove la percentuale di personale ad alta complementarità con l’AI è il 91,9%. Il rischio sostituzione è particolarmente rilevante nelle strutture centrali del settore pubblico, dove tocca il 47,4% (92.859 unità), ma anche nelle funzioni locali (23,8%, 109.801 unità).