La sicurezza predittiva, la capacità di prevenire un crimine prima che questo avvenga, è un argomento di cui ormai si discute da anni. Per le città moderne, sempre più complesse e popolose, un nuovo modello di organizzazione della vita urbana, basato sull’analisi dei dati, porterebbe a una vera rivoluzione sul controllo del territorio, e proprio per questa già molti esperimenti sono in corso in varie parti del mondo. Una città in cui tutto è connesso e di conseguenza controllato può dimostrarsi infatti un’efficace strategia di prevenzione della criminalità, con innumerevoli effetti positivi, tra cui in primis quello economico. Incrociando diversi database si può stimare che il costo sociale della criminalità sia pari al 2,6% del prodotto interno lordo in Italia. E nelle altre nazioni non si registrano dati migliori: negli Stati Uniti il dato arriva al 3%, equivalenti a 3.200 dollari versati da ogni contribuente per ogni crimine. Ogni nazione ha il suo conteggio, ad esempio l’Australia spende 36 miliardi all’anno per il crimine, e Paesi come Sud Africa (7,8%) e Messico (9%) nelle posizioni più elevate di questa triste classifica.
Le sperimentazioni di sicurezza predittiva in atto
Ecco che di conseguenza sono partite le sperimentazioni nel campo della sicurezza predittiva, modelli che hanno dato vita ad alcune soluzioni attualmente sul mercato: la gran parte ad oggi sono costituite da piattaforme ICT che si basano su analisi predittive che però si nutrono essenzialmente dei dati storici, i cosiddetti metodi euristici, mancando quindi dei dati in tempo reale provenienti dalle smart cities, dai social e dalle analisi dei flussi video delle telecamere di videosorveglianza che popolano le nostre città. Inoltre queste soluzioni sono criticate in quanto incidono, secondo i matematici, sul rafforzamento della ghettizzazione di aree già ad alto indice di criminalità. Quello che manca a questi sistemi si può riassumere in necessità di rendere intelligenti i sistemi di videosorveglianza; sopperire alla mancanza di concentrazione, calo fisiologico naturale, degli operatori della sorveglianza; permettere l’intervento preventivo delle pattuglie sul territorio su situazioni potenzialmente critiche; apprendimento crescente delle situazioni ad alto indice di rischio, in un crescendo di “digestione” di input relativi; consentire l’utilizzo di tablet, PC e smartphone per la raccolta di dati ed immagini; consentire la collaborazione e la condivisione delle informazioni in tempo reale alle forze dell’ordine.
Come utilizzare AI e big data nella sicurezza predittiva
Per quanto criticabile da un punto di vista etico, rinunciare all’utilizzo dell’intelligenza artificiale e alla mole di dati a disposizione sarebbe oggi un non-senso, un po’ come rinunciare a una cura per paura delle controindicazioni che, invece, se conosciute possono essere gestite.
L’intelligenza artificiale è già una realtà operante nella nostra società sebbene non tutti ne abbiano la piena consapevolezza, ma è bene riflettere su quanto questa scarsa conoscenza incida sull’impiego di tali sistemi. Attraverso i big data e l’AI i sistemi più moderni hanno l’obiettivo di implementare la risposta delle istituzioni ai problemi legati alla criminalità e devianza in modo che gli amministratori locali possano conoscere e comprendere le dimensioni reali dei fenomeni di criminalità, marginalità e degrado in tempo reale per disegnare politiche e interventi efficaci e soprattutto per monitorarne i risultati. Nello stesso tempo consente alle forze di polizia di venire a conoscenza di zone di criticità sul territorio e fatti d’interesse in tempo reale, così come permette ai cittadini di ottenere informazioni puntuali e oggettive sullo stato della devianza e della sicurezza in città e di ricevere consigli sui comportamenti preventivi più adatti allo scopo.
Questo è possibile attraverso reti neurali artificiali (reti Deep Sensing) appositamente addestrate che, in base all’analisi di una serie di atti criminosi, arrivano, così come farebbe un poliziotto, a individuare un comportamento sospetto, aiutando la polizia a identificare l’autore di un crimine da remoto e post evento, ma, intervenendo preventivamente, consentono anche di evitare la commissione del reato stesso. Si tratta dunque di unire una piattaforma full web in cloud computing con tecniche di analisi dell’aggressività nel linguaggio non verbale, applicata ai flussi video in real time, che prevederà i comportamenti violenti, sostituendosi all’occhio dell’operatore di polizia preposto alla video sorveglianza, costituendo un sistema di allerta preventiva.
Security as a service
Non bisogna però perdere di vista la prospettiva con cui osservare questi strumenti: se infatti un pieno utilizzo delle nuove tecnologie rappresenta la possibilità di anticipare i reati, le macchine non potranno e non dovranno mai prendere il posto dell’essere umano. Questi sistemi nascono e devono rimanere come un sostegno all’uomo e non come qualcosa che tende a sostituirlo. Sono la risposta intelligente per la prevenzione ed il contrasto del crimine, perché attraverso l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale di ultima generazione, sono in grado di processare le informazioni scientifiche provenienti dalle tecniche del linguaggio del corpo dell’aggressività, dagli studi delle teorie razionali del crimine, e della criminologia ambientale, in aggiunta alla grande quantità di dati di cui si dispone nella società dell’informazione per la gestione della sicurezza delle nostre città (Security as a service). Possibilità che però non si basano sulla violazione dei diritti delle persone, ma anzi che rispettano in pieno le norme europee e nazionali in materia di privacy e riservatezza dei dati.
Conclusioni
Una corretta applicazione delle moderne tecnologie alla sicurezza predittiva non potrebbe che avere effetti positivi, come un aumento della sicurezza percepita, a vantaggio anche dell’economia in generale, con conseguente aumento del PIL. Si pensi ad esempio agli esercizi commerciali costretti a operare in contesti di elevato degrado e insicurezza percepita. Nonché si avrebbe una diminuzione della spesa pubblica relativa al minor personale da impiegare ai fini della vigilanza preventiva sul territorio, la riduzione dei costi di gestione per la sicurezza urbana dovuti ai danni arrecati al patrimonio pubblico e privato o una contrazione dei crimini in determinati hot spot.