“L’accordo di condivisione dei dati sanitari anonimi tra i governi europei e americani e HealthInsight permetterà alla scienza medica di compiere un balzo in avanti di centinaia d’anni. L’intelligenza artificiale di HealthInsight, nutrita dai dati di milioni di cittadini, permetterà di studiare e debellare alcune delle malattie più terribili che affliggono l’umanità. È l’alba di un nuovo giorno!”
(Da un’intervista a Nick Bauman, Amministratore Delegato di HealthInsight)
“Sapevo che l’informazione è il tema centrale delle nostre vite: la vita non è altro che informazione organizzata secondo delle strutture biologiche che si evolvono nel tempo. Sapevo anche che una singola informazione può cambiare la vita delle persone. Avevo però solo una vaga idea degli impatti a livello globale, di sistema. Non so se quello che ho fatto sia giusto o sbagliato, non mi sono posto la domanda in questi termini. Ho agito per evitare un male peggiore. Se abbia fatto bene o no, lo capiremo forse nei prossimi anni. O meglio, lo capirete voi”.
(Dal verbale di interrogatorio di Erik Restivo – Predittore)
“Siamo di fronte alla più grave violazione della privacy delle persone di tutti i tempi. L’esperimento della HealthInsight Corporation era illegale e non approvato, tuttavia quello che è accaduto va molto al di là delle pur discutibili pratiche di HealthInsight”.
(Dalla conferenza stampa del Direttore del P.E.P.O. – Pan-European Privacy Officer)
Il mondo nuovo
Tutto era cambiato, tutto era diverso. La sua stanza non aveva finestre, ma per fortuna aveva una postazione per vedere i notiziari, altrimenti sarebbe impazzito. Non erano cambiate le aziende, i palazzi, la politica o il lavoro. Quelle cose continuavano ad esistere come prima: l’unico cambiamento evidente erano state le piogge, che ora non erano più ininterrotte come prima e concedevano qualche momento di tregua. Ma forse questo faceva parte della naturale evoluzione del clima. Piuttosto erano cambiate le persone. Non tutte, ma molte. Lo capivi guardandole negli occhi. Alcuni ti sfuggivano, e sapevi che forse non li avresti più rivisti, altri sembravano vivere nell’affannoso tentativo di spremere ogni infinitesima goccia di succo vitale dalle loro giornate, altri erano caduti in un’apatia grigia e sorda. Un osservatore superficiale avrebbe potuto pensare che questi atteggiamenti c’erano sempre stati, ma andando oltre la superficie si capiva che ora molti parevano avere una consapevolezza nuova. E non ne sembravano particolarmente felici. Tranne forse una minoranza, che qualcuno chiamava ironicamente “gli illuminati”, che celebrava quello che stavano vivendo come una nuova nascita, un mondo nuovo. Sostenevano che ora vedevano tutto più chiaramente, come se una luce si fosse accesa nella loro testa. Alcune vignette satiriche li rappresentavano proprio così, con delle grosse teste riempite da vecchie lampadine a incandescenza.
Era certamente un mondo nuovo anche per Erik, ma diverso da come se lo era immaginato. Non sapeva più se ciò che era successo fosse un bene o male, ma forse era inutile chiederselo. Lui non si sentiva un illuminato, ma forse aveva trovato qualche risposta. Tutto era cominciato da una semplice intervista, una delle tante che il suo lavoro di predittore gli aveva richiesto.
Intervista
Ricordava benissimo l’inizio. Quando ci pensava, Erik vedeva sé stesso seduto in attesa nella sala dei colloqui. Aveva da poco saputo il nome della persona che avrebbe dovuto intervistare e, mentre aspettava, gli tornavano in mente le immagini di lei da ragazza. Si domandava ossessivamente e nervosamente in quale dei cluster sarebbe entrata, quale data finale le sarebbe stata attribuita. Erik era diventato abbastanza bravo ad anticipare le statistiche. Ma questa volta non se la sentiva di scommettere, come faceva spesso sui candidati. Nel ricordo successivo, che nella realtà era accaduto a distanza di pochi minuti dal primo, ma che gli sembrava quasi provenire da un altro mondo, Anna era davanti a lui e lo fissava tra l’incuriosito e il divertito. Anna era stata un incidente del processo di selezione del campione statistico. Tecnicamente, i suoi colleghi statistici non consideravano accadimenti come questi vere anomalie: Anna era stata inserita perché rispondeva alle caratteristiche del campione. E così era semplicemente accaduto che, tra le persone identificate per il sud Europa che lui e il suo team dovevano intervistare nel primo trimestre, ci fosse anche lei. Quando aveva visto il suo nome nella lista, aveva sperato che non venisse assegnata a lui, ma anche qui il caso aveva giocato uno dei suoi scherzi, e tra i quasi cento membri del team era toccato proprio a lui intervistarla. Questo, per chi faceva il suo lavoro, era un incidente di percorso: nessuno del team degli intervistatori si augurava di incappare in una persona conosciuta. Non che in un altro contesto non avrebbe avuto piacere di rivedere Anna. Lei era stata una sua compagna di liceo, una di quelle a cui era più affezionato prima che si perdessero di vista. Avevano condiviso la grande passione per l’informatica e lo studio dei sistemi complessi. Studio e non solo, perché erano stati parecchio bravi a superare le difese informatiche di banche, società di telecomunicazioni o di trasporti. A parte questa passione, tra loro non c’era mai stato nulla di più di un’amicizia, ma Erik non riusciva a negare a sé stesso che talvolta aveva pensato a lei non solo come amica. Anna però, ai tempi delle superiori, aveva sempre qualche ragazzo che le girava intorno e lui non aveva mai osato andare oltre per non rovinare tutto. Poi lei era andata all’università in Inghilterra, dove i suoi genitori si erano trasferiti, specializzandosi in cyber security. Si erano semplicemente persi di vista. E ora era lì, con i suoi capelli e occhi nerissimi, il suo viso dolce e quel suo modo di fare che, negli anni in cui si erano persi di vista, era diventato, se possibile, ancora più caldo e profondo, senza aver perso la vitalità che gli piaceva così tanto.
“Allora, ma che sorpresa è questa?”, disse lei con il suo sorriso accogliente quando entrò nella stanza. “Ma tu ci credi nelle coincidenze? Noi non ci vediamo da quasi vent’anni, io sono tornata a Milano da poco e vengo contattata quasi subito per questo esperimento. E chi mi viene assegnato come intervistatore quando mi presento? Tu! Non è che hai organizzato tutto apposta per rivedermi? Sai che potevi semplicemente telefonarmi, vero? Avevo pensato di cercarti, ma non ne ho avuto letteralmente il tempo! Dai dimmi, di cosa si tratta? Sto morendo dalla curiosità! È una specie di test psicologico, mi hanno detto.”
“Una specie”, rispose lui con poco entusiasmo e un sorriso forzato, senza poter fare a meno di riflettere sull’inaspettata appropriatezza rispetto al suo lavoro, di un luogo comune come “morire dalla curiosità”.
He.Li.SA.
L’intervista con Anna era durata circa un’ora, come da protocollo standard, e lei se ne era andata portando con sé tutta la sua curiosità. In quello stadio del processo non era previsto che i candidati avessero alcuna restituzione rispetto agli obiettivi e al metodo del percorso in cui erano inseriti. Durante il colloquio, Erik aveva appreso che Anna aveva una bimba di 5 anni, Maria, che per ora aveva lasciato a Londra con i nonni per farle finire l’anno scolastico. No, non aveva un marito, gli aveva detto sorridendogli, era una ragazza libera! Erik aveva annotato tutte le informazioni preliminari, anche se il primo colloquio aveva più lo scopo di valutare il profilo psicologico del soggetto, che di raccogliere informazioni. Le informazioni le avevano già tutte. Bastava interrogare He.Li.S.A.. He.Li.S.A.: curioso nome, dolce e minaccioso, nato di sicuro dalla mente di qualche ingegnere invasato. Durante il corso di preparazione come predittore, gli avevano spiegato che He.Li.S.A. stava per “Health&Life Statistical Analysis”. Un nome apparentemente innocuo.
Ora Erik, dopo aver completato altre tre interviste, stava tornando a casa. Gli era ritornato quel fastidioso mal di stomaco, come gli accadeva sempre quando si sentiva sotto stress. In più però c’erano quei momenti di assenza e la debolezza cronica che si portava dietro da quasi un anno. Ora stava camminando sul nastro trasportatore che, racchiuso in un tubo trasparente e riservato ai pedoni, univa gli isolati della città sostituendo i vecchi marciapiedi. Lo chiamavano “il tubo” o talvolta “The Tube”, nome che con un discutibile senso dell’umorismo ricordava la vecchia metropolitana di Londra, ormai smantellata dopo gli ultimi attacchi terroristici. Il nuovo “tube” era molto pratico, evitava quasi ogni rischio per i pedoni che erano protetti dagli altri mezzi di trasporto e permetteva di muoversi liberamente sotto la pioggia, anche nelle giornate in cui la percentuale di acidità era pericolosa. Già, la pioggia. Quando era bambino la pioggia, almeno in questa parte del mondo, era un evento frequente solo in alcune stagioni, gradito quando arrivava. Ora pioveva continuamente. Almeno qui. Perché in altre parti del globo non pioveva quasi mai. Camminare di notte nel tubo, con la pioggia battente, lo aiutava a rilassarsi e a pensare. Era uno dei pochi, tra i suoi conoscenti, che non odiasse la pioggia, o almeno che non la odiasse sempre. Gli piaceva in particolare di notte, amava tornare a casa al buio e accendere il caminetto, per poi cenare guardando fuori dalle ampie vetrate, la città lavata e purificata da quel diluvio instancabile. Forse era quello il senso, una purificazione continua e rigenerante, di cui avevano un bisogno profondo, anche se nessuno voleva ammetterlo.
Ora stava costeggiando il Duomo, con il marmo consunto e bianchissimo, quasi a dimostrazione del potere purificatore di quella pioggia continua, o più semplicemente effetto delle componenti acide che conteneva. Il tubo era circa all’altezza del secondo piano dei palazzi prospicienti e si snodava in una serie di diramazioni. Lui prese per via Torino, dove si trovava la sua “tana”. Vedendosi riflesso nella parete trasparente, gli tornò in mente una foto sua e di Anna al liceo. Lei non era cambiata troppo, si era fatta più matura certo, ma i lineamenti e la mimica erano gli stessi. Lui invece era decisamente cambiato. Pochi capelli tagliati cortissimi e barba incolta. Vivere da solo non lo aiutava certo a prendersi cura di sé. Da quando Sara lo aveva lasciato, aveva smesso di preoccuparsi del suo aspetto. In effetti si rese che era la prima volta che ci pensava da tre anni a questa parte.
Appena arrivato a casa attivò il caminetto con un comando vocale e iniziò a cucinare. Pochi minuti e sarebbe stato pronto per una cena a tre: lui, la sua Milano e la corrosiva, instancabile, estenuante pioggia.
Missing data – prediction impossible
Il week-end, al solito, era passato lentamente, ma il lunedì mattina lo aveva preso alle spalle e quasi alla sprovvista. Da qualche mese si addormentava stanco e si risvegliava spossato. Forse prima o poi avrebbe dovuto decidersi ad andare da un medico. Erano le otto di mattina e si sentiva totalmente impreparato ad affrontare un’altra settimana di routine. Aveva passato il sabato e buona parte della domenica a pensare ad Anna. Aveva afferrato il telefono almeno cinque volte per chiamarla, ma ogni volta ci aveva rinunciato. Non sapeva come cominciare, non si fidava di sé e delle proprie sensazioni. Come avrebbe reagito Anna alla proposta di pranzare o, peggio, di cenare insieme? L’avrebbe interpretata come una violazione delle regole non dette della loro amicizia? Lo avrebbe preso in giro? Avrebbe semplicemente rifiutato? E se avesse accettato, come avrebbero vinto l’imbarazzo di una cena a tu per tu? Quando erano ragazzi stavano spesso insieme da soli a lavorare, studiare o fare ricerca, ma a cena o al pub si andava rigorosamente con un gruppo di amici.
Arrivò in ufficio di malumore e un po’ in ritardo. Aveva appena il tempo di un caffè e poi avrebbe dovuto fiondarsi in una riunione di team per la revisione dei dati. In realtà indugiò il più possibile al caffè, parlando con un paio di colleghi più giovani, pur di posticipare il momento del vero inizio della giornata lavorativa. Quando entrò in sala riunioni Emma, la responsabile del team, stava commentando dei dati mostrati sullo schermo in fondo alla sala:
- Come vedete, siamo sostanzialmente in linea con il piano. Dobbiamo mantenere il ritmo delle interviste e prima dell’inizio della primavera avremo finito il nostro cluster. C’è solo un punto di attenzione.
- Dobbiamo reclutare più ragazze carine nei prossimi mesi? – chiese Marco, uno dei colleghi più giovani con cui Erik si era attardato al caffè, guadagnandosi le risatine degli uomini presenti e l’indifferenza un po’ ostile delle donne.
- Non esattamente. Dobbiamo essere più attenti a identificare nelle interviste i fattori di potenziale co-morbilità dei candidati. Ci sono stati dei casi in cui questo è stato fatto in modo superficiale.
- E cosa ci dici delle persone che HeLiSA identifica come “MISSING DATA – prediction impossible”? – chiese Erik. Ho visto che nel database circa il 2% hanno questa caratteristica. Si è capito cosa genera l’errore di Missing Data? In teoria dovremmo avere dati sufficienti su tutta la popolazione.
- Non lo sappiamo di preciso, – rispose Emma dopo un attimo di silenzio. Sembra che alcuni dati siano troppo incompleti per fare previsioni attendibili e quindi il sistema si ferma prima di elaborare.
- Ma se così fosse, dovrebbe semplicemente restituire una previsione con una soglia di confidenza molto bassa, come fa a volte, – incalzò Erik.
A questo punto intervenne Michael, un americano che aveva un ruolo preminente nell’Executive Committee del progetto.
- Erik, non credo ci sia da aggiungere altro, non siamo qui per capire come funziona HeLiSA, o per analizzare il suo codice. Per questo c’è un team di circa 300 sviluppatori negli Stati Uniti e altrettanti in Germania. Hanno accesso a tutte le informazioni e saranno loro a verificare se si tratti di un baco o di un sistema di protezione. Noi dobbiamo solo fare il nostro lavoro.
La riunione andò avanti per un’altra ora buona, ma la mente di Erik era rimasta incagliata per un po’ nel problema degli MD. Poi aveva ricominciato a pensare ad Anna e gli era tornata la voglia di chiamarla. Passava lo smartphone da una mano all’altra, apriva la rubrica, trovava il numero, la richiudeva, cambiava mano e ricominciava.
Alle 11, finita la riunione di team, aveva un’intervista pianificata. La ragazza entrò nel suo ufficio e si sedette, accavallando le gambe coperte da una gonna troppo corta, portata senza imbarazzo. Doveva avere tra i venti e i venticinque anni. Avrebbe scoperto presto la sua età precisa guardando la sua scheda, ma Erik preferiva iniziare le interviste con una fase di osservazione “neutra”, senza preconcetti. Così osservava e lasciava i che i candidati parlassero di sé per cinque, dieci minuti. Sedendosi, lei si presentò: si chiamava Amanda ed era contenta dell’opportunità di partecipare al programma di ricerca. Non ci fu bisogno di chiederle altro, perché Amanda aveva già iniziato a raccontare che aveva da poco finito l’università e iniziato un lavoro nel settore della comunicazione sociale. Sprizzava entusiasmo ed energia vitale da tutti i pori. Erik ne era affascinato e attratto nello stesso tempo. All’inizio pensò che l’attrazione fosse fisica. Amanda era certamente una bella ragazza, ma presto Erik dovette riconoscere che non era quello. O meglio, c’era anche attrazione fisica, e quello era un dato di fatto, ma ciò che veramente lo attirava in quella ragazza era la sua vitalità, il suo entusiasmo, la sua energia. In una parola, era attratto dalla sua giovinezza. Fu una constatazione che gli aprì uno squarcio nuovo sulla realtà. In pochi istanti Erik si sentì patetico. Innanzitutto quel suo vezzo di farsi chiamare Erik e non Enrico gli parve ridicolo. Poi quella sua attrazione verso la giovinezza di Amanda, gli palesò davanti una realtà a cui finora non aveva voluto credere: a quarantacinque anni era vecchio! Lo capiva perché in Amanda, come in Anna, lo attraeva quello che a lui mancava: l’energia vitale! Questo aumentò la sua spossatezza. Gli passò per la mente un pensiero debole: avrebbe dovuto fermarla, perché capiva che lei avrebbe potuto parlare per un’ora bruciando tutto il tempo dell’intervista, ma non ne ebbe la forza. Mentre lottava contro la sua inerzia, un messaggio sul suo profilo social lo fece quasi sobbalzare: “Ciao, cosa fai oggi a pranzo? Ci prendiamo una pizza in centro al volo? Lavoro la mattina e poi ho una riunione alle 15, ma ho un po’ di tempo libero tra le 13 e le 14…”. L’utente che gli aveva mandato il messaggio era Anna.
Si rese conto che le occasioni nella vita non erano infinite e che lui non voleva più perderne nessuna, perché era da vecchio rinunciare a vivere per paura di quello che ci aspettava. Così rispose: “Ok, ci vediamo in S. Babila alle 13”.
Da lì in poi Amanda sparì in uno sfondo indistinto. La lasciò parlare per quasi un’ora senza prendere appunti, poi si alzò e la salutò con assente cortesia.
Anna
Il pranzo con Anna era stato molto piacevole. Gli anni passati senza vedersi erano scomparsi, sembrava di essere tornati ai tempi del liceo. Ma con qualcosa di diverso. Ora Anna sembrava – come dire? – interessata a lui. Così era nata l’idea di vedersi anche nel week-end. Intanto l’aveva invitata a cena per sabato sera. Forse non era una buona idea, ma si era ripetuto che la vita aveva in serbo per ciascuno solo un numero finito di occasioni, non poteva continuare a vivere di dilemmi e di dubbi.
Ora Anna stava suonando al campanello della sua porta. La cena era quasi pronta: nulla di pretenzioso, un menù semplice, una via di mezzo tra cena galante e rimpatriata tra vecchi amici. Aveva anche pronta nella dispensa una bottiglia di buon vino e della birra in cucina: avrebbe deciso poi cosa mettere in tavola.
Quando aprì e vide Anna, nel suo vestito da sera elegante, non poté fare a meno di esclamare ad alta voce: “Vada per il vino!”. Anna lo guardò interrogativa, poi disse sorridendo: “Non ti sembra di correre un po’ troppo? Non sono ancora entrata e già vuoi farmi ubriacare?” Erik si scostò per farla entrare, le prese la giacca e la osservò indugiando qualche secondo di troppo. Con i capelli neri e un abito scuro che esaltava la sua figura ancora giovanile, ma più piacevolmente piena e matura di come la ricordava, Anna lo aveva lasciato a bocca aperta. La fece accomodare, si pentì di non aver messo a tavola una candela e andò a prendere la bottiglia di buon vino, nascondendo le birre che aveva lasciato in vista nella piccola cucina.
Data enrichment
Erik e Anna avevano iniziato a frequentarsi quasi tutti i week-end. Erik era confuso dai suoi stessi sentimenti e faticava a decifrare l’atteggiamento di Anna: di grande vicinanza e quasi di complicità da un lato, ma con un approccio completamente “platonico” dall’altro.
Non sapeva dire quando aveva cominciato a condividere informazioni sul suo lavoro, era successo e basta. Come in famiglia, il marito torna la sera e mentre si toglie il cappotto e si siede a tavola butta lì un commento sulla giornata: quel collega che era stato rimproverato, l’analisi degli ultimi dati che aveva riservato delle sorprese, gli MD che non diminuivano. Sui “Missing Data”, i casi per cui non era possibile effettuare analisi, l’interesse di Anna coincideva con il suo e questo gli faceva piacere. Del resto lui sentiva il bisogno di parlare con qualcuno di quei benedetti MD e al lavoro non lo poteva fare, perché veniva sistematicamente zittito. Da lì a iniziare a navigare insieme nel sistema, il passo era stato breve.
“Vedi, questo è He.Li.SA, l’immenso repository che HealthInsight ha costruito acquistando negli anni i dati sanitari da governi, reti di ospedali e istituzioni di vario genere. Su questo repository sono stati costruiti algoritmi di machine e deep learning estremamente sofisticati”, disse Erik davanti al portatile, con Anna al suo fianco.
“Vuoi dire che i governi forniscono a He.Li.SA i dati dei loro cittadini?”, chiese Anna. “E la privacy? E le normative a tutela dei cittadini?”.
“Innanzitutto la finalità, almeno quella ufficiale, è di ricerca. Poi i dati sanitari che vengono raccolti o acquisiti sono anonimi naturalmente, anche se estremamente ricchi di informazioni. Ma…”
“… se hai un dataset abbastanza ricco… l’anonimato in realtà non esiste.”, concluse acutamente Anna.
“Infatti una delle fasi del trattamento, estremamente riservata, prevede il «data enrichment», un termine che maschera di fatto la de-anonimizzazione dei dati. L’intelligenza artificiale di HealthInsight incrocia i dati sanitari anonimi con altre banche dati non sanitarie, con le informazioni pubbliche sui social e con i dati che gli utenti forniscono spontaneamente usando i servizi gratuiti offerti dalla corporation. Non sai quante informazioni si possano ricavare dai social, dalle mail o dai dati sugli spostamenti delle persone! Insomma, riusciamo a riconciliare i dati con una identità fisica nella quasi totalità dei casi.”
“E il garante della privacy europeo?”
“Impegnato probabilmente altrove e comunque ufficialmente non c’è nessuna de-anonimizzazione. Poi c’è l’eterno dilemma tra protezione dei dati e benefici derivanti dalla ricerca. Molti paesi stanno smantellando i loro centri di ricerca per problemi di budget e si affidano sempre più ai privati. HealthInsight si è mossa negli ultimi cinque anni acquisendo dati in tutti i paesi industrializzati, in particolare in Europa e negli Stati Uniti. L’azienda ha anche finanziato generosamente i centri di ricerca e i sistemi sanitari di molti paesi. Il suo database è immenso, ma come ti ho detto la posizione ufficiale è che si tratti di dati anonimi utilizzati per fini di ricerca scientifica. E in effetti la ricerca scientifica è proprio quello che facciamo: con le nostre analisi a breve saremo in grado di scoprire nuove cure per alcune delle malattie più terribili che conosciamo. Ci siamo però accorti che lavorare su dati anonimi rendeva tutto più lento e laborioso. De-anonimizzando i dati e incrociando le informazioni genetiche con gli esiti delle interviste e i profili personali dei singoli individui ci ha permesso di affinare gli algoritmi di He.Li.S.A. con una velocità impressionante. Nessun’altra Intelligenza Artificiale sul pianeta ha così tanti dati sanitari da cui imparare. Ecco, questo è più o meno quello che facciamo…”
In realtà Erik faceva molto altro e aveva dubbi ben più profondi, ma non si sentiva ancora di condividere tutto con Anna.
Expiry date
Il caminetto scoppiettava in salotto. Anna gli aveva semplicemente chiesto se potessero vedere qualcosa alla tv insieme la sera, perché senza Maria si sentiva sola. Così lui e Anna erano seduti vicini sul suo divano e stavano vedendo un film. La pioggia e la nebbia avvolgevano Milano, dando al suo salotto il calore di una tana sicura e accogliente in cui rannicchiarsi, cullandosi nell’illusione che quel sabato pomeriggio non dovesse mai diventare una domenica, preludio di una nuova settimana lavorativa.
Già, sul divano, seduti vicini ma non troppo come quando erano al liceo. Stavano guardando una serie di film di fantascienza. Anna era l’unica donna che conoscesse a cui piacesse il genere, anche se in realtà doveva ammettere che ultimamente non aveva frequentato molte persone dell’altro sesso. Non ne aveva frequentata nessuna in realtà dopo la fine della sua relazione con Sara. Era già il quarto episodio della serie, fuori stava iniziando a fare buio e le uniche luci, oltre al caminetto e alla televisione, erano quelle alle finestre delle altre case visibili dalle vetrate.
Galeotta fu la seconda battaglia del quarto episodio. Impercettibilmente, ma inequivocabilmente, Anna si avvicinò a lui sul divano. Erik smise di respirare. Il fragile equilibrio degli ultimi mesi, in cui aveva accettato uno status quo fatto di vicinanza emotiva e distanza fisica, che lo lasciava dopo ogni incontro frustrato e confuso, crollò in un istante. Quando riprese a respirare, Anna gli stava appoggiando la testa sulla spalla e gli aveva messo una mano sul braccio. Da lì in poi i suoi pensieri si confusero, divennero frammenti e schegge di immagini e sensazioni. La battaglia, un’astronave che esplodeva, la mano di Anna sulla sua, la fiamma del camino che gli entrava dentro, le labbra, buio avvolgente e uterino, di nuovo la bocca di Anna, “manovra evasiva delta 5”, desiderio di abbracciare l’universo, sensazione di vento in una giornata di primavera in montagna, il maglione di Anna che vola sulla televisione, il primo respiro della sua vita, il tempo che si dilata e si contrae, “capitano stanno lanciando razzi verso di noi”, un’altra esplosione fuori e dentro e ancora Anna che lo avvolge e lo accoglie, morbidezza e tenerezza indicibili, il suo viso che si perde tra i seni di lei, la sua schiena e le sue gambe, “lo scudo di protezione sta cedendo – attingiamo energia dai motori secondari”, sentirsi totalmente lì e totalmente altrove, “capitano, abbiamo ricevuto una richiesta di soccorso su un canale cifrato”, sensazione di avere mille mani e di desiderarne di più, confine tra i corpi che svanisce, “la forza gravitazionale ci catturerà se non ci allontaniamo ora”, dissoluzione e fusione totale nell’oblio comune e infine nostalgia infinita della casa ritrovata.
Rimasero abbracciati per un tempo indefinito, con altre battaglie e altre astronavi che scorrevano sulla tv per metà coperta dal maglione di Anna, ma per un po’ non sentirono e non videro più nulla. Erik si sentiva bene, anche fisicamente, come non gli succedeva da mesi. Improvvisamente provò un impulso a confidarsi:
- Vorrei che questo momento durasse per sempre, che non arrivasse mai domenica e poi lunedì.
- Forse durerà per sempre – rispose Anna – basta non pensare ad altro.
- A volte ci provo, anche in settimana, ma non ci riesco.
- Wow, forse sei un grande filosofo e non ci ho mai fatto caso. O forse qualcosa ti frulla in testa che non so…
- Non so se parlartene, perché poi dovrei ucciderti per essere sicuro che tu mantenga il segreto – disse Erik con un mezzo sorriso.
- O forse sarò io a uccidere te, che ne sai? Forse sono una spia venuta per eliminarti…
- Già, magari ci elimineremo a vicenda. A questo punto quindi posso parlare liberamente.
- Ora mi stai incuriosendo. Che piccoli segreti nasconde il misterioso Enrico?
- Ti ricordi quando ti parlavo di data enrichment e delle ricerche che facciamo sulle persone?
- Sì.
- Non ricerchiamo nuovi farmaci o nuove cure. Facciamo predizioni. In effetti io tecnicamente sono un predittore.
- Wow, e cosa predici, il tempo che farà?
- Non proprio. Predico… la morte delle persone.
Lei si staccò leggermente da lui per guardarlo in viso. Sembrava stesse cercando di valutare il suo stato mentale.
- Fai uso di qualche sostanza di cui dovrei essere a conoscenza? Oppure sei diventato uno di quei tipi strani che amano stupire le ragazze con frasi ad effetto senza senso?
- Nessuna delle due cose. Analizzo dati, lo sai, ma in realtà io faccio poco. La gran parte del lavoro lo fa HeLiSa.
- Cioè?
- HeLiSa è l’intelligenza artificiale che sta dietro ai programmi di HealthInsight che ti ho mostrato e che, tramite algoritmi di machine learning, analizza trilioni di dati di milioni di pazienti. Incrocia la loro storia clinica, le informazioni genetiche, la storia famigliare, le abitudini di vita e ogni informazione di cui lasciamo traccia sulla rete… Analizza i dati e poi in cascata li passa al modulo di deep learning, che lavora in modo opposto. Invece di fare analisi massiva di dati, cerca le rilevanze, le correlazioni deboli. Per la fase di training sono stati utilizzati centinaia di medici, diagnosti di alto livello, capaci di trovare tra i tanti quel particolare sintomo rilevante in un dato contesto. Insomma al limite dell’intuizione umana. Il risultato poi è semplicissimo. Per ogni persona risputa un solo output, una data, che noi chiamiamo “Expiry date”.
- Che sarebbe… la data di morte?
- Togli il condizionale. È la data di morte.
- Ma non potete esserne sicuri, voglio dire come potete avere la certezza assoluta…
- Certo che no, non abbiamo la certezza assoluta. Ma abbiamo fatto una ricerca molto estesa negli ultimi cinque anni, intervistando e seguendo nel tempo le persone con una “expiry date” da 1 a 3 anni. Come ti dicevo, la de-anonimizzazione ha fatto fare il balzo di qualità. Siamo in grado di predire la morte a breve anche di persone che non manifestavano ancora alcun sintomo e per cui gli esami non rilevavano nulla. L’intervallo di confidenza è dell’86% a ± 6 mesi dalla data. Le previsioni più a lungo termine sembrano dare risultati simili.
- È magia!
- Non lo è, si tratta solo di utilizzare i dati disponibili. La vera svolta come ti dicevo è stata la de-anonimizzazione e l’incrocio dei dati genetici con il profilo personale. Ovviamente non possiamo prevedere il fatto che il signor Bianchi venerdì mattina uscendo di casa sarà investito da un veicolo. Questi casi rientrano nel 14% non prevedibile, perché imponderabile. Ma incrociando la nostra “programmazione genetica”, che ci dà una predisposizione di base verso certe patologie, con le variabili di ambiente e le abitudini, la storia famigliare ecc. arriviamo dove ti ho detto.
- Ok, questo però in assenza di evoluzioni nella ricerca scientifica. Malattie che erano incurabili dieci anni fa ora lo sono. Oppure nuovi farmaci riescono ad allungare la vita dei pazienti…
- In realtà anche questi sono trend prevedibili. Ci sono delle curve di evoluzione studiate da anni. Una volta si credeva in una evoluzione esponenziale delle tecnologie, ora abbiamo capito che ci sono delle accelerazioni e dei rallentamenti, in ogni caso prevedibili. In qualche modo HeLiSA ne tiene conto, incrociando dati storici ed estrapolando i trend di evoluzione della ricerca scientifica. Ti ripeto, ogni singola verifica che abbiamo fatto ha dimostrato che le predizioni di HeLiSA sono attendibili, fatto salvo il caso di morte accidentale non prevedibile.
Anna rimase pensierosa per un po’, poi disse:
- Allora se mi avete chiamata… hai visto i miei dati? Erik ti prego, se ci fosse qualcosa che dovrei sapere, tu me lo diresti vero? Ho Maria a cui badare e lei ha solo me.
- In realtà le interviste riguardano sia persone con predizioni a breve che soggetti di controllo. Comunque tu sei stata scartata dal programma perché sei tra i casi Missing Data – Prediction Impossibile. E non sei l’unica. Ma su questo tema ogni volta che faccio domande mi mettono a tacere.
- Che vuoi dire?
- Voglio dire che è vero che sul totale stiamo parlando di meno del 2%, ma è un fenomeno strano. Insomma, in alcuni casi è possibile non riuscire a fare una predizione, e tu sei tra questi, ma il fenomeno da un po’ è in crescita e questo mi ha insospettito. E poi non mi piacciono i silenzi e gli sguardi dei superiori quando si fanno domande al riguardo. Ora ti faccio vedere una cosa.
Si rivestirono e si spostarono entrambi sul tavolo. Erik prese il portatile e, mentre Anna lo guardava ormai sempre più curiosa, si collegò a HeLiSa.
- Vedi, questi sono i campioni MD di questo mese. Ora, li ho incrociati con i loro profili social tramite un algoritmo di mia invenzione che “pesa” diverse variabili e le traduce in un indicatore di peso sociale. In sintesi, l’indicatore ti dice quanto una persona sia famosa e influente. E ora guarda qui: se incrocio gli MD con il mio indice… c’è una fortissima correlazione tra indicatore di peso sociale elevato e MD.
- Quindi tu dici che c’è una logica, qualcuno sta mascherando dei dati?
- Non lo dico io, lo dicono i dati stessi. HealthInsight decide in modo sistematico di non procedere nell’analisi dei dati delle persone con uno status sociale elevato. Ci sta profilando tutti, tranne i potenti. Oppure per queste persone vi è un livello di segretezza ulteriore a cui io e il mio team non abbiamo accesso!
Progetto “Angry Birds”
Erik e Anna cominciarono da subito a lavorare insieme. Ormai vivevano anche insieme e questo per Erik era la cosa veramente importante. Anna lavorava fuori casa solo la mattina e poi si dedicava completamente al progetto che chiamavano “Angry Birds”, dal nome di un vecchio videogioco che facevano da ragazzi. Erano proprio come gli uccellini incazzati del gioco: insignificanti ma determinati. La sera, al rientro dal lavoro, cenavano in fretta e poi lavoravano fino a tarda notte. Erik mise a punto un algoritmo in grado alla fine di sbloccare le previsioni anche per la maggior parte dei VIP, le persone più influenti che evidentemente avevano avuto un trattamento di riguardo. Utilizzando l’algoritmo che HealthInsight usava per de-anonimizzare i risultati, praticamente erano in grado di predire l’”expiry date” per quasi tutte le persone nel database. Per Erik era quasi un gioco, l’occasione per tornare a fare qualcosa di interessante al di là della routine lavorativa, mentre per Anna era un’ossessione. Non si sarebbe fermata mai, pareva quasi una missione. Di solito verso le tre di notte la convinceva ad andare a letto, ma Erik aveva l’impressione che lei avrebbe continuato ancora. Poi Anna disse che aveva lasciato il suo lavoro della mattina e che, mentre ne cercava un altro, avrebbe potuto lavorare al progetto a tempo pieno. Così Erik le diede le credenziali di accesso a HeLiSa.
Nuova nascita
Andarono avanti così per settimane, fino alla sera in cui la sua prospettiva del mondo si rovesciò. Era un lunedì e stranamente non pioveva. Erik era seduto alla sua scrivania nella casa vuota mentre leggeva e rileggeva la mail che Anna gli aveva appena inviato, dopo che non aveva risposto alle chiamate insistenti che le aveva fatto. Il suo mal di stomaco lo stava divorando e la situazione era peggiorata quando, rientrando in casa la sera prima dopo una commissione, aveva trovato gli armadi vuoti e i segni di una fuga precipitosa. La mail diceva:
to: Erik
from: Anna
Obj: Goodbye!
Carissimo Erik,
Lo so, avrebbe potuto andare diversamente questo nostro incontro e forse sarebbe stato un bene per la vita di tutti e due. Ma è come nella teoria della comunicazione: più si procede negli scambi comunicativi e più le opzioni si restringono. Quando ci siamo re-incontrati, sia tu che io avevamo pochissime opzioni. Io in realtà di opzioni non ne avevo nessuna, ma credo che tu abbia il diritto di sapere perché.
Innanzitutto Maria non è con i nonni. È in una clinica a Londra in coma farmacologico da 6 mesi. Purtroppo lo scorso anno ho scoperto che ha una grave malattia genetica. Questa sì che è una condanna a morte certa. I medici l’hanno stabilizzata inducendole il coma, ma non potrà andare avanti a lungo così. La buona notizia è che la cura esiste, la cattiva è che è costosissima e non potevo permettermela. Almeno fino a che non mi hanno contattato. Non so chi siano, si fanno chiamare NoEvilNet. Però mi stanno pagando la clinica e mi hanno promesso di farsi carico della terapia per guarire Maria. A una condizione: che facessi avere loro i dati di HeLiSa dopo aver risolto il problema degli MD. Sì, hai già capito, NoEvilNet sa molte cose. Sa chi sei e cosa fai, sa della tua curiosità sugli MD. Sono convinta che avrebbero potuto rubare i dati di HealthInsight tempo fa, ma voleva anche le previsioni delle persone importanti, gli MD insomma. A loro serviva il tuo aiuto, quindi hanno fatto in modo che io lo ottenessi. Forse stai pensando che avrei potuto chiedertelo, ma non potevo rischiare un tuo rifiuto. Mi sono detta che chiederti di aiutarmi poteva significare esporti a rischi non necessari: forse è meglio che tu sia stato raggirato. Inoltre, Maria per me è troppo importante e per lei avrei sacrificato qualunque cosa. Io ho fatto la mia scelta, tu farai la tua. Sappi però che sono intervenuta sui tuoi dati prima di trasmetterli. Così anche tu sei diventato, insieme a me, uno dei pochi MD rimasti. Siamo troppo insignificanti perché NoEvilNet se ne preoccupi. Avrei voluto che andasse diversamente, avrei voluto evitare di usarti e di farmi usare, ma sai l’ingegneria sociale è ancora il metodo più efficace per superare le difese di ogni azienda, anche la meglio protetta. Ogni organizzazione ha un punto debole: tu eri quello di HealthInsight. In ogni caso avrei voluto non farmi coinvolgere troppo, mantenere tutto su un livello “professionale”. Non ce l’ho fatta. Forse doveva semplicemente accadere, fin dai tempi del liceo. Forse l’ho solo capito nel momento sbagliato. E non chiedermi se ho visto la tua predizione, sappi solo che in un’altra vita avrei voluto passare il tempo che mi rimane con te, un anno o 40, non importa e in fondo non voglio saperlo. Quando ti interrogheranno sostieni che ti ho rubato le credenziali di accesso con l’inganno e dai tutta la colpa a me. Non tentennare, non voltarti indietro. Ti auguro tutto il bene!
Ciao
Anna
Erik passò la giornata in uno stato quasi catatonico e la notte a fissare fuori dalla finestra dal suo letto la città immersa in una pioggia sempre più sottile, che al mattino si era fermata del tutto. Quando si alzò, il mal di stomaco era passato completamente: aveva deciso cosa fare.
Illuminazione
Il martedì mattina Erik non andò al lavoro. O meglio, si diede malato e lavorò da casa in modo febbrile al suo progetto personale. Scaricò da HeLiSa i dati di contatto di tutte le persone censite nel database e la loro expiry date. Non perse tempo a tentare di decifrare i pochi MD rimasti, con una sola eccezione: il suo. Non lesse però la propria expiry date, perché non voleva essere influenzato da quella informazione. Semplicemente inserì il suo profilo tra gli altri, avrebbe avuto la stessa sorte dei milioni di persone presenti nel database che vivevano ignare le loro vite in Europa e negli Stati Uniti. Gli sembrava equo rispetto a quello che stava per fare. Poi si rimise al lavoro e preparò un programma molto semplice, che scorreva la lista dei soggetti nel database, estrapolava expiry date e informazioni di contatto, filtrava per quelle con una confidenza superiore al 98% nell’identificazione del soggetto e poi componeva un messaggio di questo tipo:
From: God
Oggetto: La vita che ti ho dato
“Carissimo/carissima,
innanzitutto ti voglio dare la notizia fondamentale, perché non vorrei che tu cestinassi questa mail scoraggiato/a dalla sua lunghezza:
La tua data di morte stimata è: xx/xx/xxxx.
Come lo so? Diciamo che ho hackerato i dati di una società chiamata HealthInsight. Ne sentirai parlare molto nei prossimi giorni, ci saranno notizie roboanti e smentite indignate, ma sappi che io ho avuto accesso ai dati originali su di te.
Forse avrei dovuto farti pervenire questa informazione personalmente e con più tatto, non tramite una fredda e-mail, ma come sai oggigiorno anche Io (che Sono Colui Che Sono) devo adattarmi alle nuove tecnologie. Si è ora avverata la profezia. Ricordi quella storiella che probabilmente hai letto tante volte senza capirla: “Di ogni albero del giardino puoi mangiare a sazietà. Ma in quanto all’albero della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare, poiché nel giorno in cui ne mangerai certamente dovrai morire”. Ecco, non era una storiella del passato, era una profezia sul futuro. Oggi con i dati e l’Intelligenza Artificiale fate cose incredibili e siete arrivati alla conoscenza ultima, quella sulla fine del vostro tempo, o meglio del tuo tempo. Ti spiego cosa è successo, anche se non so se ti piacerà.
HealthInsight ha condotto uno studio, incrociando informazioni sulla tua salute con i tuoi dati genetici e il tuo profilo personale. Lo studio ha l’obiettivo di calcolare la tua presunta data di morte. L’affidabilità della stima è dell’86% ± 6 mesi. Diciamo che il 14% che resta fuori è l’imponderabile, la morte accidentale. Su quella la genetica non può dire nulla, avrebbero dovuto chiedere a me. Di questo studio tu certamente non eri consapevole. Io sì, ma in virtù del rispetto della libertà umana non potevo farci nulla. L’informazione in oggetto è stata sottratta dai database di HealthInsight da una organizzazione criminale chiamata NoEvilNet e potrebbe essere utilizzata per manipolare te o l’organizzazione di cui fai parte. Come? Immagina quante cose si possono fare conoscendo il profilo genetico e la data di morte di una persona. Si possono ridisegnare interi equilibri di potere di stati e grandi multinazionali. Sapere che un amministratore delegato o un leader politico ha pochi anni di vita ha un valore strategico incommensurabile: permette di corrompere le persone giuste per preparare la successione, oppure di dirottare investimenti e alleanze in direzioni diverse. È per questo che lo stato di salute dei potenti è uno dei segreti meglio custoditi: persino io spesso non ne so molto. Per non parlare delle implicazioni sui sistemi assicurativi e di welfare di questa conoscenza: ci sarebbero governi disposti a tutto pur di profilare la propria popolazione in base all’aspettativa di vita o alle malattie di ogni individuo. Del resto, in molti paesi non c’è particolare trasparenza nelle liste di attesa e nei meccanismi di allocazione delle risorse in sanità.
Per questo motivo, ritengo corretto per una volta uscire da dietro le quinte di questo mondo impazzito e comunicarti personalmente questa informazione, prima che venga utilizzata contro di te: ti servirà per difenderti o, nel peggiore dei casi, per vivere meglio il tanto o poco tempo che ti rimane. Tanto non dire che non sapevi che prima o poi questa vita sarebbe finita, hai solo fatto finta di ignorare questa realtà, come molte altre. Fai in modo almeno di vivere dignitosamente l’ultimo periodo: sai che sono molto molto Misericordioso, ma non posso fare tutto io, dovete metterci anche voi un minimo di impegno!
Ti ricordo quindi che la tua data di morte stimata è: xx/xx/xxxx.
Questa è la fine della vita che ti ho dato. Usa bene quel tanto o poco che ti resta!
Firmato: il tuo Creatore.”
Scritto il programma, si prese una pausa bevendo una birra. Cercò per l’ultima volta di contattare Anna senza successo, poi ritornò al computer. Avviò il programma e lo guardò assorto mentre partivano le comunicazioni sull’expiry date. Pochi minuti dopo in Europa e negli Stati Uniti milioni di persone ricevevano una comunicazione singolare, che qualcuno cestinava e altri rileggevano più volte. Nei giorni seguenti ci furono diversi tentativi di screditare l’operazione come una colossale bufala, ma Erik aveva inviato a diversi canali informazioni di dettaglio su HeLiSa e sulla HealthInsight e quindi la maggior parte delle persone dovette concludere che, a dispetto della mail inconsueta, i dati erano affidabili (all’86% ± 6 mesi per lo meno!). Finite queste operazioni Erik aprì, con deliberata calma, la mail che si era inviato poco prima. Lesse con compiacimento la mail del suo Creatore e arrivò dunque alla data. Fece due rapidi conti e infine un sospiro: pensò che questo semplificava di molto le cose. Non doveva fuggire, non doveva temere il processo e tutte le conseguenze che potevano derivarne. Così lo trovò la polizia quando fece irruzione per arrestarlo: una birra in mano e il sorriso di chi non ha più nulla da temere e ha trovato finalmente la pace. Ed Erik voleva godersela quella pace, per tutti i restanti due anni, 5 mesi e 10 giorni. ± 6 mesi!
Dall’archivio all’oracolo: essere un dato, avere una data
di Cosimo Accoto, filosofo, saggista e ricercatore affiliato al MIT
Le operazioni di datazione hanno finora riguardato primariamente gli eventi del passato. Cosmologia, paleontologia, archeologia, antropologia – tra le altre – impiegano tecniche di datazione come il decadimento del carbonio-14 o le misurazioni della radiazione cosmica di fondo per posizionare, lungo la linea del tempo passato, fenomeni naturali o resti antropici. Dell’altra direzione del tempo – e cioè di collocare cronologicamente nel futuro vicende e fatti – si è occupata sin alle origini la divinazione. Tutte le civiltà umane, da quella mesopotamica a quella cinese a quella greca per fare tre casi, hanno conosciuto e praticato nel tempo forme varie di predizione al fine di anticipare e gestire l’incertezza dell’avvenire. Nell’antichità, ad esempio, attraverso l’arte di investigazione dei segni profetici (nelle interiora di animali o col volo degli uccelli) oppure di interpretazione di sogni premonitori. Oggi, sensori, dati e algoritmi sono i nostri oracoli: non più solo per previsioni meteorologiche, ma addirittura – come fantasticato nel racconto – per previsioni tanatologiche. La nostra morte (certa) aveva una data (incerta). Finora, ha fatto parte del catalogo degli eventi del futuro non conoscibili. Non interamente nuova né assoluta – ma oggi con scale, magnitudini ed efficienze sorprendenti quanto arrischiate – è allora questa possibilità e volontà di datare anche il futuro e non solo il passato. Questo slittamento di paradigma verso un orizzonte precognitivo disegnerà di certo una nuova società. Con una metafora, una società non più archivistica, ma oracolare. Un passaggio critico, questo, che necessiterà di investigazioni culturali, filosofiche, etiche e legali profonde. Ma c’è di più. Credo sia qui in gioco, da ultimo, proprio il modo stesso di esistenza del tempo futuro. Finora immaginato ed esperito come incerto e insondabile, potrebbe mutare la sua natura? Se sì, in che forme nuove si incarnerà la logica del tempo futuro e con essa la vita che ci verrà data e la morte che ci verrà datata?.