DeepSeek, l’applicazione cinese dotata di intelligenza artificiale generativa, è recentemente diventata un argomento di discussione per la sua improvvisa indisponibilità sugli store di Google e Apple in Italia. Tuttavia, il sito web dell’app rimane accessibile, sebbene con lentezza.
Secondo fonti di Google, questa situazione riguarda esclusivamente il territorio italiano. Pur non essendo chiaro il motivo, l’ipotesi più accreditata è collegata all’indagine avviata dal Garante Privacy.
Indice degli argomenti:
Il Garante Privacy ha aperto una indagine su DeepSeek
Si presume che l’azienda abbia deciso autonomamente di sospendere il servizio in Italia come misura precauzionale contro potenziali sanzioni in materia di privacy, simile a quanto fece OpenAI con ChatGPT nel 2023, quando fu bloccato in seguito a un’indagine del Garante, conclusasi nel dicembre 2024 con una multa di 15 milioni di euro.
Il 28 gennaio, infatti, il Garante ha annunciato di aver richiesto informazioni a Hangzhou DeepSeek artificial intelligence e Beijing DeepSeek artificial intelligence, le aziende responsabili del chatbot DeepSeek, disponibile sia su piattaforma web che tramite app.
L’autorità ha sottolineato il potenziale alto rischio per i dati personali di milioni di italiani e ha chiesto dettagli riguardanti la raccolta, le fonti, le finalità e la base giuridica del trattamento dei dati, nonché la loro conservazione su server in Cina.
Il Garante ha dichiarato di non aver richiesto la sospensione del servizio in Italia, poiché si tratta solo dell’inizio di un’indagine. Tuttavia, è prerogativa della società decidere un’eventuale autosospensione. Resta misterioso il fatto che il sito sia ancora operativo in Italia, nonostante la frequente risposta “server busy” a causa di un presunto attacco su larga scala ai loro server, che sta compromettendo la funzionalità del servizio a livello globale.
Questa la nota integrale del Garante della Privacy:
IA: il Garante privacy chiede informazioni a DeepSeek
Possibile rischio per i dati di milioni di persone in Italia
Il Garante per la protezione dei dati personali ha inviato una richiesta di informazioni a Hangzhou DeepSeek Artificial Intelligence e a Beijing DeepSeek Artificial Intelligence, le società che forniscono il servizio di chatbot DeepSeek, sia su piattaforma web che su App.
L’Autorità, considerato l’eventuale alto rischio per i dati di milioni di persone in Italia, ha chiesto alle due società e alle loro affiliate di confermare quali siano i dati personali raccolti, da quali fonti, per quali finalità, quale sia la base giuridica del trattamento, e se siano conservati su server collocati in Cina.
Il Garante, inoltre, ha chiesto alle società che tipo di informazioni vengano utilizzate per addestrare il sistema di intelligenza artificiale e, nel caso in cui i dati personali siano raccolti attraverso attività di web scraping, di chiarire come gli utenti iscritti e quelli non iscritti al servizio siano stati o vengano informati sul trattamento dei loro dati.
Entro 20 giorni le società dovranno fornire all’Autorità le informazioni richieste.
Il commento del presidente dell’Autorità, Pasquale Stanzione
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La preoccupazione verso DeepSeek “è la stessa che avevamo maturato su ChaptGpt due anni fa: bisogna sapere quali sono le fonti che hanno alimentato il chatbot, qual è la base giuridica su cui si è mosso e soprattutto evitare o comunque sapere che non ci siano fake news e bias”, spiega il presidente dell’Autorità, Pasquale Stanzione riguardo la richiesta di informazioni alla società cinese.
“Le informazioni ci devono provenire dalla piattaforma che ha generato il chatbot in modo tale che noi possiamo tutelare i consumatori, penso soprattutto ai minori e al loro accesso nella utilizzazione di questo nuovo chatbot”, aggiunge Stanzione.
“Al ricevimento delle informazioni si aprirà l’istruttoria per vedere se queste informazioni sono corrispondenti – prosegue – noi abbiamo il parametro di riferimento rappresentato dal Gdpr per vedere se c’è compliance con quello”.
La richiesta di informazioni da parte del Garante, rimarca Stanzione, è seguita alla segnalazione di Altroconsumo.
Il nodo dei server in cui si conservano i dati
Un nodo chiave delle verifiche da parte dell’Autorità riguarda i server in cui i dati del chatbot vengono conservati: “questa è una cosa importantissima perché i dati degli italiani poi vengono trasferiti senza alcuna tutela in un paese che non ha le medesime garanzie europee che ci ha dato il Gdpr in termini di tutela di questi dati, di circolazione e di controllo degli stessi. Da lì – osserva il presidente dell’Autorità – potrebbero andare a finire immediatamente in mano al governo, perché quella piattaforma all’eventuale ordine ricevuto dal governo di fornire i dati non si potrebbe sottrarre. Cosa che non accade nella nostra vecchia Europa”, conclude Stanzione.