Due medici su 10 pensano che l’intelligenza artificiale possa sostituire il loro lavoro. È uno dei dati che emergono dalla ricerca dell’Osservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentata il 18 maggio durante il convegno “Sanità Digitale: vietato fermarsi!”.
Le applicazioni di AI più diffuse nella sanità
Tra le applicazioni di AI ad oggi più diffuse ci sono le soluzioni che consentono di analizzare immagini e segnali per fini diagnostici o di trattamento: il 29% delle strutture sanitarie afferma di aver avviato prime sperimentazioni in questa direzione. Si tratta delle applicazioni ad oggi più utilizzate dai medici specialisti e considerate come più promettenti per il futuro (60%).
“Negli ultimi mesi hanno suscitato un forte dibattito le soluzioni di Generative AI e, in particolare, i chatbot basati su AI e progettati per rispondere a quesiti emulando la conversazione umana – afferma Emanuele Lettieri, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale -. Si tratta di soluzioni che potrebbero rappresentare una grande opportunità anche per la sanità, ma su cui non mancano preoccupazioni, soprattutto dal punto di vista etico e legale. Ad oggi 1 medico su 10 ha utilizzato chatbot basati su AI per cercare riferimenti scientifici rispetto a una determinata patologia, applicazione che per circa la metà dei medici è promettente per il futuro. I professionisti sanitari sono preoccupati del possibile utilizzo inappropriato di tali strumenti da parte dei cittadini/pazienti e ritengono maggiormente opportuno che questi siano utilizzati come un supporto alle decisioni e dell’attività del professionista sanitario. Non emerge, invece, preoccupazione sul fatto che l’AI possa sostituire, anche in parte, il lavoro del medico”.
La Sanità digitale in dati
Nel 2022 la spesa per la Sanità digitale in Italia è stata pari a 1,8 miliardi di euro (+ 7% rispetto al 2021). La maggior parte delle aziende sanitarie coinvolte nella ricerca, svolta in collaborazione con FIASO, investirà in Cybersecurity (58%), Cartella Clinica Elettronica (54%) e nell’integrazione con sistemi regionali e/o nazionali (51%).
Rallenta la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico. Ad averlo utilizzato almeno una volta, nel 2023, è stato il 35% degli italiani, contro il 33% rilevato nel 2022 e la maggior parte di loro (53%) afferma di averlo usato solo per le funzionalità legate all’emergenza Covid.
Aumenta la richiesta di nuovi prodotti e servizi basati sul digitale in ambito sanitario. Se alcune delle tecnologie a supporto del paziente a domicilio sono già abbastanza diffuse, come le App per la salute (utilizzate dal 38% dei pazienti cronici o con problematiche gravi – coinvolti nella ricerca svolta in collaborazione con AISC, Alleanza Malattie Rare, APMARR, FAND, FederASMA e Onconauti) o i dispositivi indossabili per monitorare i parametri clinici (29%), quelle più innovative destano la curiosità dei pazienti. Il 49% si dichiara interessato alle tecnologie di realtà virtuale o aumentata, il 47% agli assistenti vocali che forniscono informazioni e supporto in ambito salute.
“Prosegue la digitalizzazione del Sistema Sanitario – afferma Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale –, ma il tanto atteso cambio di passo che la Missione 6 Salute del PNRR avrebbe dovuto imprimere agli investimenti in Sanità digitale non è ancora tangibile. L’utilizzo delle risorse legate al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si sta rivelando una sfida dall’esito tutt’altro che scontato. La difficoltà di comprendere come realizzare concretamente questa opportunità è tra gli ostacoli più rilevanti allo sviluppo della Sanità digitale secondo i principali decisori delle strutture sanitarie (49%), insieme alle limitate risorse economiche (58%)”.
Il rapporto sulla sanità digitale in sintesi
Fascicolo Sanitario Elettronico – Dalla rilevazione svolta in collaborazione con Doxa Pharma, emerge che nel 2023 il 35% dei cittadini ha fatto almeno un accesso al FSE (contro il 33% rilevato nel 2022) e la maggior parte di loro (53%) afferma di averlo usato solo per le funzionalità legate all’emergenza Covid (consultazione del Green Pass, dei certificati vaccinali, ecc.).
Telemedicina – Dopo la flessione riscontrata nel periodo successivo all’emergenza sanitaria, i servizi di Telemedicina stanno vivendo una nuova ripresa. Il 39% dei medici specialisti e il 41% dei medici di Medicina generale afferma di aver utilizzato servizi di televisita e rispettivamente il 30% e il 39% ha fatto ricorso al telemonitoraggio.
Cartella Clinica Elettronica – Lo sviluppo della Cartella Clinica Elettronica si conferma una priorità per le strutture sanitarie (il 75% ritiene questo ambito molto rilevante). Ad oggi, il 42% delle strutture afferma di avere una CCE attiva in tutti i reparti, mentre nel 23% dei casi la CCE è attiva solo parzialmente. Coerentemente con questo dato, solo la metà dei medici specialisti utilizza una CCE. Le funzionalità più diffuse sono quelle per l’anamnesi e l’inquadramento clinico e per la gestione e la visualizzazione delle informazioni di riepilogo sul paziente, mentre sono ancora poco diffuse quelle più avanzate, legate al supporto decisionale. Su questo fronte, la sfida oggi è l’attuazione dei progetti regionali di Cartella Clinica Elettronica che alcune regioni hanno in essere, anche grazie alla spinta del PNRR.