Esce a pochi giorni di distanza dalla pubblicazione – il 12 luglio 2024 – in GU europea del Regolamento (UE) 2024/1689, meglio conosciuto come AI Act, la Strategia italiana per l’intelligenza artificiale (AI) elaborata dal Governo italiano tramite un pool di esperti. L’intento è chiaro: “creare un ambiente in cui l’AI possa svilupparsi in modo sicuro, etico e inclusivo, massimizzando i benefici e minimizzando i potenziali effetti avversi”, come si legge da comunicato ufficiale sul sito di AGID. Si tratta di un documento strutturato che, dopo un’analisi del contesto globale e del posizionamento italiano, si occupa di definire le “azioni strategiche” delle organizzazioni (private e pubbliche) nonché nel settore della ricerca e della formazione. Richiamandoci a quanto già scritto, ci soffermeremo soltanto sugli aspetti che concernono la Pubblica Amministrazione (PA), ipotizzando i pro e contro che dallo scenario così come delineato, si possono già intuire.
Strategia italiana per l’AI nella PA, cosa prevede
Processi amministrativi più efficienti e migliore qualità dei servizi per i cittadini, grazie all’uso delle tecnologie di AI. Non è uno slogan, ma quello che in estrema sintesi, si può ricavare dal documento in disamina o meglio è quello che l’Italia ha in animo di fare con riferimento al settore della PA. Queste ultime andranno “guidate nell’acquisizione di sistemi di AI e nella progettazione di nuove applicazioni specifiche per le proprie esigenze, attraverso percorsi di accompagnamento”.
Le tecnologie emergenti serviranno anche ad automatizzare i processi, supportando la pianificazione strategica, la tutela della privacy e della sicurezza delle persone, e la cybersecurity nazionale. Non solo, i sistemi di AI dovranno altresì fornire supporti a livello decisionale, e garantire la realizzazione di infrastrutture informatiche sicure, sviluppate da “soggetti altamente qualificati e affidabili”, anche grazie alla realizzazione di piattaforme nazionali atte ad assicurare “la massima robustezza ed efficienza delle tecnologie impiegate” Questo leggiamo nel documento in parola già dall’architettura della strategia con riguardo alla PA.
Per realizzare ciò, fondamentali saranno formazione e documentazione (policy), poiché nella realizzazione dei servizi al cittadino che favoriscano la partecipazione e il coinvolgimento, garantendo privacy e trasparenza dei processi, sarà – dice il Governo – “un obiettivo prioritario da perseguire con progetti pilota su larga scala”.
Altro tema messo in luce riguarda la necessità di dover garantire la “neutralità tecnologica” di software e piattaforme, onde evitare che il cittadino debba usare delle sue app per accedere ai servizi.
Le azioni strategiche “abilitanti”
Posta la necessità di potenziare le infrastrutture che ospitino grandi risorse di calcolo dedicate all’analisi di enormi quantità di dati, tra le azioni strategiche c’è innanzitutto il dover continuare a investire su infrastrutture “fisiche” per poter sviluppare soluzioni di AI all’avanguardia. In secondo luogo, di importanza ancor più primaria c’è la strategia di prendere atto che “i repository di dati e informazioni su cui i sistemi di AI possono essere addestrati rappresentano essi stessi una infrastruttura imprescindibile nello sviluppo di queste nuove tecnologie”, come leggiamo testualmente nel documento. Per fare tutto ciò, è chiaro ed evidente che l’Italia dovrà “investire nel promuovere una grande iniziativa di condivisione e riuso di dataset (ma anche di modelli) acquisiti in specifiche progettualità e contesti” promuovendo uno scambio di conoscenze e competenze tra tutti (professore, imprese e PA).
Non a caso, la definizione di un contesto di azioni strategiche cd. “abilitanti”, nel senso che definiscono il perimetro entro cui le specifiche iniziative saranno indirizzate nelle diverse macroaree di cui sopra, costituisce un elemento senz’altro caratterizzante della strategia.
Tali azioni strategiche “abilitanti” sono raggruppate in due diverse tipologie: i) infrastrutturali; ii) per l’attuazione, il coordinamento e il monitoraggio della strategia.
Con riguardo alla PA ecco che le azioni strategiche sono quelle così individuate:
La visione d’insieme
Nella strategia viene ribadito che la AI sarà un fattore centrale nella trasformazione digitale della PA, visto il suo potenziale. Sarà fondamentale un approccio strutturato e sistematico. Di qui, una visione di insieme è essenziale, sì evitando una frammentazione di soluzioni che veda iniziative progettuali nazionali da un lato e definisca, dall’altro, i limiti entro i quali i singoli enti e le singole PA potranno operare in autonomia scelte di innovazione. Infatti, sarà quanto mai fondamentale che la PA si inquadri come un “soggetto collettivo”, capace cioè di realizzare e mettere in atto soluzioni e applicazioni di AI interoperabili con precisi standard funzionali garantiti.
Anche un approccio multidisciplinare si rende necessario, onde sfruttare al massimo le opportunità che le nuove tecnologie basate sull’AI offrono e offriranno, con l’obiettivo di creare un “circolo virtuoso” tra:
- qualità, privacy, sicurezza e corretta gestione dei dati funzionali all’utilizzo di tecniche di AI;
- uno sviluppo di tecnologie e strumenti software basati su AI che garantisca interoperabilità, tracciabilità delle fonti, credibilità, accuratezza, e pertinenza, per creare e in prospettiva aumentare fiducia negli strumenti decisionali che mettono a fattor comune ciò che è presente sulle piattaforme digitali;
- formazione di competenze specifiche per il personale della PA sulle tecnologie e sugli strumenti di AI nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e delle migliori pratiche ed esperienze;
- monitoraggio e miglioramento sistematico, con misure statistiche di qualità, di prestazioni dei servizi in sviluppo e in esercizio;
- supporto per i processi decisionali strategici e la valutazione regolare delle prestazioni degli strumenti dell’AI;
- impegno contro pregiudizi e violazioni della proprietà intellettuale;
- sviluppo di strumenti a supporto dei cittadini, bilanciando attentamente “capacità abilitanti, vantaggi, e rischi”.
É chiaro ed evidente che in questa ottica e direzione, oltre alle azioni più squisitamente tecniche, sarà essenziale attuare azioni di “affiancamento” che, tenendo conto delle competenze e conoscenze ancor non capillarmente diffuse nella PA, sensibilizzino e promuovano un uso dei sistemi di AI sicuro, ben sapendo incanalare azioni di procurement e sviluppo di soluzioni, a valorizzazione del loro riuso, con la condivisione di buone pratiche.
Ecco che in questo scenario, avere “cabine di regia” capaci sarà fondamentale.
Strategia italiana per l’AI nella PA: le linee Guida
Tra le azioni strategiche, come abbiamo sopra accennato, il documento contempla tra gli altri la realizzazione di una serie di linee guida volte a promuovere l’adozione dei sistemi di AI, per il procurement, nonché per la realizzazione di applicazioni di AI. Analizziamole separatamente.
Per promuovere l’adozione dei sistemi di AI
La PA poiché gestisce informazioni e servizi per i cittadini, ha (in teoria ma anche in pratica come vedremo) un potenziale enorme in questo settore e può trarre un grande vantaggio dalle innovazioni dell’AI.
Tuttavia, affinché questa leva trasformativa sia realmente dispiegata occorra che siano pienamente diffuse adeguate competenze, nonché una piena consapevolezza delle potenzialità tecnologiche dell’AI, valutando bene i rischi derivanti dal suo utilizzo nonchè dalle opportunità rilevanti derivanti dalla stessa.
Per promuovere l’adozione di sistemi di AI, dunque, sarà essenziale “guidare in maniera sistematica” la PA anche attraverso “case study specifici sull’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, promuovendo, nel contempo, la conoscenza di best practices”. Sul punto, dovranno essere sviluppate specifiche “analisi verticali”, grazie alle valutazione di impatto di tecniche di AI (FRAI) nell’ambito giuridico o in altri ambiti di specifico interesse per la PA.
Le linee guida devono indicare i cd “passi metodologici da dispiegare per definire attività progettuali di innovazione nella Pubblica Amministrazione ove siano presenti strumenti di AI, sia in relazione alle questioni tecnologiche (tecnologie, competenze, rischi) sia in relazione alla definizione dei framework etici e regolatori”.
Non solo, tali linee guida dovranno inquadrare le diverse applicazioni in “classi omogene, caratterizzandone gli standard minimi funzionali e i requisiti di interoperabilità, garantendo pertanto la possibilità di dispiegare soluzioni e applicazioni di AI che collochino ciascun cittadino italiano in una relazione con il proprio ente locale del tutto simile a quello di altri cittadini in altre città e regioni del territorio nazionale”, così come leggiamo testualmente nel documento in disamina.
Per il procurement
Altre linee guida indispensabili sono quelle rivolte al procurement. Con riferimento a questo, apprezziamo fin da subito come per la scelta degli strumenti tecnici e degli standard più adeguati alle esigenze della PA, sia indispensabile oltre a una solida conoscenza di dominio, anche “una conoscenza dei prodotti e dei servizi informatici disponibili, unitamente alla consapevolezza dei rischi di utilizzo e opportunità offerte”. In pratica, una conoscenza tecnica. L’importanza delle linee guida in questo senso e che andranno implementate con quelle che già ci sono e si occupano del settore ICT, ma con un focus sull’AI. Il tutto al fine di orientare bene le PA a quelle attività di procurement di soluzioni – nell’ambito di gare d’appalto o di specifici accordi quadro – che sappiano non solo rispondere adeguatamente a specifiche esigenze funzionali, ma che garantiscano anche adeguati livelli di sicurezza nonché conformi alla normativa di settore.
Per la realizzazione di applicazioni di AI
La PA poi dovrà anche “saper maturare competenze e attivarsi concretamente per sviluppare proprie soluzione”.
Per questo motivo, dovranno anche essere redatte delle linee guida volte alla realizzazione delle applicazioni di AI. In altri termini, linee guida indirizzate verso l’utilizzo di piattaforme sviluppate in Italia e orientate alla realizzazione di progetti che, nella fattispecie, promuovano:
- la totale aderenza alle normative nazionali e dell’Unione Europea in termini di gestione delle “classi di rischio” e relativi adempimenti, con particolare riferimento alla tutela dei dati personali;
- la consapevolezza delle esigenze dettate dalle strategie nazionali, purché riconducibili allo sviluppo di tecnologie in settori “altamente critici” (ad esempio, energia e difesa, intelligence);
- la definizione di iniziative finalizzate alla formazione del personale al fine di innalzare il livello delle competenze degli utenti su soluzioni tecnologiche avanzate e “verticalizzate” sullo sviluppo di processi “certificabili, scalabili e condivisibili” a livello nazionale.
La strategia italiana dell’AI nella PA: gli obiettivi
Il documento sulla strategia italiana dell’AI in questo biennio 2024-2026 si prefigge poi degli obiettivi volti a supportare, nello specifico settore in disamina (della PA), i processi amministrativi attraverso l’impiego dei sistemi di AI, come abbiamo visto in principio. Ma non è tutto, tra gli obiettivi specifici ci sono da un lato la messa in atto di semplificazioni per i cittadini e imprese, e dall’altro un efficientemento della PA; trattiamole singolarmente.
Semplificazioni per cittadini e imprese
Per quanto nell’intero documento ci sia una sostanziale carenza di budget, ovvero le risorse finanziare non sia di fatto esplicitate, dovranno essere contemplati maggiori investimenti nelle attività di progettazione e realizzazione di strumenti nonchè in “metodologie di interazione” per agevolare il cittadino nella fruizione dei servizi offerti dalla PA.
Le attività dovranno essere conformi fin dalla progettazione, orientandole verso l’utilizzo di diverse tecnologie, come, ad esempio, si legge nel documento “meccanismi ontologici per l’integrazione di sorgenti informative, Multimodal Foundation Models e sistemi di deep learning”, grazie alla definizione di specifici casi d’uso.
Non solo, le attività dovranno prevedere anche specifici “assessment sull’affidabilità dei sistemi, definendo altresì una precisa pianificazione sulle modalità di adozione degli stessi su larga scala”.
Efficientemento della PA
Le tecnologie di AI, quindi, giocheranno un ruolo cruciale anche per efficientare i processi interni alla PA. Per fare ciò, si tratterà di “definire iniziative per lo sviluppo e/o l’adozione di sistemi di AI (attraverso call pubbliche), partendo dalla mappatura dei sistemi già realizzati e dei relativi servizi offerti”.
La PA dovrà:
- individuare specifici ambiti di intervento;
- definire le politiche da adottare;
- valutare l’impatto e i possibili rischi dei sistemi.
L’impiego dei sistemi AI e il loro impatto saranno rilevanti sul fronte amministrativo; si pensi ad esempio, ai sistemi per la verifica della conformità degli atti e delle decisioni amministrative alle leggi, alle procedure e ai regolamenti vigenti, nonchè ai sistemi in grado di fornire feedback e raccomandazioni automatizzate, sub specie nella redazione degli atti da parte dei funzionari e dei dirigenti pubblici; oppure pensando alle piattaforme per la digitalizzazione e annotazione automatica di documenti o dei sistemi di supporto ai RUP per la gestione e il monitoraggio dei contratti pubblici, sì efficientando, in modo significativo, i processi della PA.
Strategia italiana per l’AI nella PA, tra pro e contro
Rispetto ai suoi “predecessori”, il documento come visto ha il pregio di una struttura più chiara, banalmente anche più immediatamente leggibile, quanto a ambiti, obiettivi, valori. Senza dubbio, è un testo che cerca di non perdere la sfida della concretezza, per non suonare come una mera dichiarazione di principio, tanto apprezzabile quanto vana. Di particolare apprezzamento, in questo senso, è il capitolo dedicato ai “rischi”, che colgono nel segno soprattutto quando richiamano il rischio di ipertrofia normativa che la sfida dell’AI europea si trova ad affrontare, fondandoci un auspicio – quanto mai condiviso – che l’azione normativa nazionale non vada ad aggravarla, ovvero a complicarla ulteriormente.
La profonda consapevolezza del valore della ricerca e della formazione è un altro punto di distinzione, anche perché individua un ambito in cui davvero è possibile fare sinergia e l’Europa ha carte da giocare con successo. In questo senso, è davvero apprezzabile ed è degna di nota la volontà – in perfetta linea con la ratio del CAD e della condizione degli applicativi come software libero già richiamati ai rispettivi artt. 68 e 69 – di promuovere la neutralità del software, ma soprattutto la condivisione di modelli, soluzioni, piattaforme, creando uno spazio – analogo per intenderci all’attuale Developers Italia per il software pubblico – là dove condividere, sviluppare insieme, e riusare. Si tratta di un elemento importante in un contesto in cui il rischio di parcellizzazione, di iniziative analoghe, virtuose magari, ma autonome e relativo dispendio scoordinato di energie è molto alto, non foss’altro per la conformazione stessa della PA italiana, fatta di tanti piccoli diversi campanili.
Al tempo stesso, proprio su quest’ultimo tema, si registra nella Strategia – come in molte delle più recenti iniziative nazionali d’altra parte – una tendenza centripeta verso soluzioni “nazionali” che potrebbe non essere la soluzione più efficace per coinvolgere – e convincere – il territorio delle PA locali. Una cosa, infatti, è coinvolgere e valorizzare anche gli investimenti locali, o sforzarsi di costituire una comunità coordinata di sviluppo (soluzione di cui va riconosciuta anche, per correttezza, l’estrema difficoltà al tempo stesso), altro è definire che in alcuni contesti la convergenza dovrà avvenire verso soluzioni centrali, con il rischio di non accogliere quella particolarità, diversità e complessità delle realtà del territorio che spesso ha costituito e costituisce già ora un freno all’adozione delle “piattaforme nazionali”.
Alla Strategia va tuttavia riconosciuto il merito di tenere in considerazione il valore della spinta “bottom up”, per cui sarà prima di tutto fondamentale verificare le modalità operative con cui si dispiegheranno questi principi. Oggi certamente, se da un lato è il momento della “mesa a terra”, anche se data la natura del documento che probabilmente di più non poteva dire o fare – dall’altra c’è un’incognita di peso: i principi sono giusti, gli obiettivi ambiziosi, e – si aggiunga – è giusto esserlo. Nel realizzarli, tuttavia, servono finanziamenti, azioni coordinate e lucide, coraggio e velocità. Tutte azioni, e senza specifica colpa di nessuno, mai facili in politica, tantomeno quella italiana. Così, è un sogno immaginare lo sviluppo di LLM italiani, e crediamo importante aderire fin da subito a progetti di respiro non solo nazionale ma europeo.
Conclusioni
Oggi le AI generative non sono europee, men che meno nazionali, e richiedono investimenti ben superiori a quelli finora ipotizzati. Potrà forse aiutare la prevista Fondazione, con obiettivi di coordinamento importanti, se non essenziali, che tuttavia anche in questo caso va ad aggiungersi a un panorama di soggetti coinvolti e incaricati nutrito e composito (ADIF, ACN, Garante, per tacere dell’Ufficio UE). Ultimo punto, il tempo: corretto è rilevare tra i rischi la refrattarietà dei funzionari pubblici, ma non è da scordare che uno dei maggiori ostacoli è proprio la rete di norme e il timore – non sempre così infondato – di incappare in qualche violazione seppur in buona fede: in questo, forse, sarà utile una operatività (ad esempio, nelle previste Linee Guida) in cui si privi per una volta ad andare controcorrente, lasciando un margine di rischio tollerato nella sperimentazione, piuttosto che molte regole che rischieranno presto di esser superate.
Una bella sfida, dunque, che è giusto lanciare e che si giocherà su tanti terreni. Sarà essenziale monitorarla passo dopo passo.