È da ormai diversi mesi che sentiamo parlare con insistenza di intelligenza artificiale. Sui media, alle convention o nei cataloghi dei fornitori, non si perde occasione per dare risalto alle nuove potenzialità offerte da questa tecnologia, di come potrebbe rivoluzionare il business e dell’importanza strategica di non rimanere indietro per non incorrere nel rischio di perdere terreno nei confronti dei propri competitor.
La novità della tematica ha però fatto sì che ci sia ancora molta confusione a riguardo, a partire dalle reali opportunità offerte per il proprio settore e quindi, ad oggi, sono ben poche le aziende che hanno definito un chiaro percorso verso la trasformazione, caratterizzato da attività, tempistiche e obiettivi ben definiti.
Per questa ragione, l’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, insieme alle aziende sostenitrici, ha deciso di dedicare parte dei suoi sforzi di ricerca allo sviluppo di un modello che possa meglio guidare le imprese in questa fase di scoperta e avvicinamento all’intelligenza artificiale, andando a individuare quelle dimensioni di cambiamento che possano maggiormente influenzare l’esito di un’iniziativa di AI.
AI Joureny: cinque dimensioni, quattro livelli di maturità per capire come muoversi
Il modello, che prende il nome di AI Journey, considera cinque dimensioni e, per ciascuna di esse, stabilisce quattro livelli di maturità, con l’obiettivo di identificare il posizionamento attuale o prospettico dell’organizzazione:
- Cultura aziendale. Misura la capacità di favorire la crescita e la diffusione di una cultura aziendale aperta ai cambiamenti abilitati dall’Artificial Intelligence;
- Dati e patrimonio informativo. Misura la presenza di un’infrastruttura di acquisizione e gestione dei dati e la disponibilità, completezza e qualità dei dati stessi, necessari per il training e il testing degli algoritmi di intelligenza artificiale;
- Metodologie e algoritmi. Misura la conoscenza e la capacità di dominare le basi scientifiche, le metodologie e gli algoritmi di intelligenza artificiale;
- Organizzazione e competenze. Misura la capacità di possedere le competenze necessarie per l’implementazione di progetti di intelligenza artificiale complessi, selezionandole all’esterno e/o facendole crescere all’interno dell’organizzazione;
- Relazione con il cliente. Misura la capacità di gestire il percorso di comunicazione e di preparazione della clientela all’erogazione di prodotti e servizi arricchiti dall’intelligenza artificiale.
Aziende italiane e AI: la maggior parte è in ritardo
Tra la fine del 2018 e gli inizi del 2019, tale modello è stato impiegato per misurare il livello di maturità delle organizzazioni italiane. L’Osservatorio Artificial Intelligence ha infatti diffuso tale strumento all’interno della propria survey rivolta alle grandi imprese del nostro Paese collezionando oltre 150 risposte. Quanto è emerso è un quadro evolutivo in cui è possibile identificare sei differenti profili di maturità:
- In ritardo (45% dei rispondenti): non hanno ancora iniziato il loro percorso o lo hanno fatto da poco. Si trovano dunque allo stadio iniziale in tutte le dimensioni del Journey, eccezion fatta per la dimensione dati e patrimonio informativo, dove il livello di maturità è poco più alto. In queste realtà esiste dunque un’infrastruttura per l’acquisizione dei dati, ma la quantità e la qualità di quest’ultimi non è ancora sufficiente per poter garantire l’implementazione di un progetto di AI;
- Entusiasti (10%): rispetto al profilo precedente, affiancano una crescente maturità sulla dimensione metodologie e algoritmi, prevalentemente cercando di sfruttare i dati in loro possesso utilizzando soluzioni standard offerte dal mercato;
- In cammino (23%): si trovano a uno stadio intermedio del Journey in tutte le dimensioni prese in esame. Rispetto agli Entusiasti, con cui condividono un simile livello di maturità su dati e patrimonio informativo, hanno consolidato la capacità di utilizzare le metodologie di AI e rafforzato le dimensioni di organizzazione, cultura e competenze interne all’azienda. Inoltre, si registrano anche i primi sforzi per preparare il cliente all’erogazione di prodotti e servizi arricchiti dall’intelligenza artificiale;
- Apprendisti (12%): hanno giudicato sufficiente il livello medio di competenze acquisite e decidendo di concentrarsi su dati e algoritmi; si tratta dunque di imprese che hanno investito per migliorare la qualità e quantità dei dati per sfruttarli con algoritmi stand-alone;
- Organizzati (4%): il duale del precedente; partendo da un profilo intermedio di maturità, hanno sviluppato maggiormente l’ambito organizzativo-culturale rispetto a quello tecnologico. Si evince dunque il desiderio di preparare al meglio l’organizzazione e il cliente, nonché sviluppare le migliori competenze interne, prima di approfondire ulteriormente lo sviluppo tecnologico;
- Avanguardisti (6%): è il profilo più evoluto tra quelli emersi dall’analisi; racchiude quelle aziende che si sono mosse prima sui temi dell’Artificial Intelligence e sono oggi più avanti delle altre, pur non avendo ancora raggiunto la piena maturità.
L’analisi del Journey mostra come, ad oggi, il percorso di scoperta dell’Artificial Intelligence parta dalla dimensione dei dati, a testimonianza della loro centralità in questo ambito, e, successivamente, dallo studio di metodologie e algoritmi. I passi successivi sono differenti e dipendono dalla natura dell’organizzazione e dalla propensione alla sperimentazione e all’apprendimento sul campo. Sembra dunque prevalere un approccio empirico, legato alla sperimentazione con i dati e le competenze che già si posseggono o di cui ci si è dotati di recente.
La figura che emerge è dunque quella di una partita ancora da giocare, in cui alcune aziende si stanno già muovendo, ma nessuna può dirsi già matura e pronta per affrontare la sfida. Sarà inoltre importante non trascurare le dimensioni organizzative e culturali, poiché altrettanto importanti per garantire il successo di un progetto di intelligenza artificiale.
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*Stefano Garavaglia è Analyst and Consultant presso gli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano