Stiamo assistendo alla nascita di nuove “relazioni virtuali”, alimentate da innovative tecnologie che permettono l’analisi dei dati, la rielaborazione delle informazioni, il miglioramento delle conversazioni e, in ultima battuta, l’ottimizzazione delle prestazioni aziendali fondamentali e delle decisioni commerciali strategiche. Stiamo parlando di prodotti dell’intelligenza artificiale come chatbot e virtual assistant (VA), che mai come oggi sono efficaci, progettati in modo elegante e capaci di rappresentare un modo lungimirante, per le aziende e le organizzazioni, di coinvolgere il pubblico e i partner in una miriade di arene digitali.
Il potenziale dei servizi voicebot
Pensiamo ad esempio all’evoluzione delle interfacce basate sulla “voce”, o voicebot: la voce è ciò che facilita il linguaggio, la voce trasmette le emozioni, la voce facilita la sottigliezza e permette l’enfasi. Impiegando elementi conversazionali essenziali, i virtual assistant – e le organizzazioni che li adottano – possono incorporare ulteriormente i principi fondamentali della comunicazione nelle interazioni digitali di ogni tipo, dando vita a un’esperienza interattiva altamente reciproca, con un potenziale a lungo termine, che può aiutare gli ecosistemi data driven a prosperare, anche grazie all’imprescindibile aiuto di algoritmi in grado di sfruttare i meccanismi del Deep Learning (DL).
In altre parole, l’AI può ora funzionare con gradi di significato e di intenzione che possono effettivamente avere un impatto sulle interazioni quotidiane in modi quasi inimmaginabili anche solo un decennio fa, e i numeri sembrano confermare questa tendenza.
Secondo Grand View Research, il mercato globale degli assistenti virtuali intelligenti dovrebbe infatti valere 52 miliardi di dollari entro il 2028, con un CAGR (Compounded Average Growth Rate) del 28,5% nei prossimi sette anni.
In effetti, le esperienze di assistenza vocale – una delle varie tipologie di assistenti virtuali – si stanno già affermando come custodi cruciali della fiducia dei consumatori. Ancora agli inizi, questa tecnologia sempre più sofisticata sta passando da un ruolo puramente consultivo a quello di accettare e delegare le decisioni e i compiti dei consumatori, tra cui l’acquisto di prodotti.
Come? Esaminando e implementando parametri scelti dai consumatori – come la qualità del prodotto, le caratteristiche, la data di scadenza e la sostenibilità – per poi basarsi progressivamente sugli interessi consolidati dei consumatori e facilitare le transazioni end-to-end.
Il potenziale è quindi enorme, in termini di tempo risparmiato grazie all’intelligenza artificiale e ai servizi di assistenza vocale; alle possibilità di ottimizzazione della ricerca di prodotti in base alla qualità, ai tempi di consegna e, naturalmente, al prezzo. Il tutto facilitato, potenziato e abilitato dall’assistente virtuale stesso.
I limiti attuali degli assistenti virtuali
Ma se questo scenario si avvicina sempre più alla realtà, rimangono alcune domande chiave. Quanto dovrebbero spingere i brand affinché i loro prodotti e servizi riflettano l’ascesa dell’intera gamma di tecnologie AI? Quanto dovrebbero diventare personalizzate le vendite digitali? Un giorno potremmo esternalizzare completamente la vendita digitale a un assistente virtuale, compresa, nei casi più estremi, la comunicazione uno-a-uno intrapresa direttamente dai VA? È uno scenario in cui gli scambi diretti potrebbero avvenire come attività di conversazione “aumentata”, con la capacità di riconoscere un’ampia gamma di caratteristiche umane e di rispondere di conseguenza.
Attraverso i chatbot, i voicebot, i bot visivi e tutti quelli che verranno, gli esseri umani si stanno impegnando sempre più nel re-immaginare completamente la natura stessa della comunicazione attraverso una versione “virtuale” di se stessi, in un cambiamento atto a realizzare forme completamente nuove di interazione dove i consumatori ridefiniscono le nozioni convenzionali di preferenza o scelta.
In definitiva, le relazioni virtuali non vivono più solo nel regno della teoria, ma sono componenti funzionali della vita quotidiana dei consumatori, che si esprimono attualmente al loro meglio negli smartphone senza però perdere la loro coerenza omnicanale.
Per i retailer, sempre dediti alla conversione dei consumatori potenziali in consumatori effettivi, si tratta di uno scenario che, una volta raggiunto, consentirà alle proprie organizzazioni di creare e mantenere relazioni con i consumatori che siano allo stesso tempo fresche e nuove, ma anche durature e stabili.
Conclusioni
Al là della crescita delle relazioni, l’obiettivo finale di un retailer lungimirante sarà quello di sfruttare l’intera gamma di relazioni virtuali per dominare ulteriormente il regno del possesso dei dati: non limitarsi, cioè, a “catturarli”, ma “elaborarli” per le proprie decisioni strategiche.
Questo processo non sarà facile, né informale o ad hoc. Richiederà l’oculatezza e il rigore necessari per affrontare una società sempre più complessa e ipercompetitiva. Ma lungo il percorso, i leader di mercato che sapranno maggiormente incorporare strutturazione e formalizzazione saranno in prima linea con l’AI, gli assistenti virtuali e i ricchi dati disponibili per l’acquisizione – e la conversione – in ogni fase di questo processo rivoluzionario.