Con il termine retail analytics si definisce, fondamentalmente, una serie di dati a disposizione dei retailer e che provengono anche dagli utenti, oltre che da altre fonti (come magazzini, ecc.). Si tratta di analytics che si basano su comportamenti che le aziende cercano di intercettare a livello digitale, ovvero a livello fisico. Obiettivo della comunicazione è cercare di identificare le persone nel modo più preciso possibile, per poter fare delle promo di marketing, oppure, dal punto di vista dello store manager, pensare a un allestimento differente.
È possibile collezionare molti di questi dati, che sono ormai ben conosciuti: preferenze, interessi, abitudini di consumo. Si cerca di avere un quadro dell’utente più completo possibile, non basta sapere se compra un determinato prodotto. Identificare il cliente mentre sta comprando un determinato prodotto può essere tardi. Occorre identificarlo nel momento in cui nasce il bisogno di comprare un prodotto; in altre parole, si deve riuscire ad agire nel momento in cui la persona sta prendendo la decisione.
Gli strumenti a disposizione per identificare il cliente sono il comportamento online e offline. Nel digital store si hanno dei tool molto empirici ed esiste la barriera del consenso, costituita dalle regole della privacy; ciononostante si riesce comunque a identificare, se non la persona, dei cluster di persone.
Che cos’è il retail analytics
Il retail analytics assomiglia agli analytics che sottendono alle logiche di advertising conosciute, basati su comportamenti, social media, parole chiave. È il mondo Google, basato sui motori di ricerca, sulle parole chiave che l’utente cerca, rivelando così i propri interessi. L’obiettivo del retail analytics è tenere traccia della persona che ha espresso questi interessi, cercare di seguirla mentre visita altri siti, utilizzare dei pixel che tracciano i suoi comportamenti, infine cercare di fargli lasciare una mail, che finisce nel database. Di conseguenza si possono attivare manovre di marketing. È su queste logiche esatte che si basa il retail. La profilazione è utilizzata per poter arrivare ad avere una mail, per giungere a una identità, al fine di poter inserire il nominativo all’interno di campagne, scontistiche, promozioni. Un po’ quello che si fa con il vecchio modello della carta fedeltà: conosco quella persona, gli faccio avere degli sconti. Con un occhio al futuro, un’evoluzione di questo vecchio modello può essere messo in opera, anzi sta già operando nella grande distribuzione organizzata e nel luxury.
Quali sono le tecnologie abilitanti per il retail analytics
Si va verso un futuro in cui l’AI e il machine learning serviranno non soltanto a interpretare un dato in termini di analytics ma diventeranno addirittura interfacce, audio e video. Per fare la spesa utilizzeremo un assistente vocale che comunicherà con noi in base a ciò che conosce di noi. Il vero tema del retail è il concetto di identità, riuscire a identificare chi è il cliente, in quanto utente di prodotti, capirne non solo le preferenze ma le esperienze più complesse. Facciamo un esempio: la qualità del sonno. Esistono già in commercio dispositivi in grado di analizzare come dormiamo, in futuro, quando si accorgeranno che non abbiamo un sonno profondo potranno consigliarci l’acquisto di un materasso o di un cuscino personalizzati. Si va verso uno scenario in cui tutto diventa più intelligente, l’AI diventerà molto di più di una interfaccia di interpretazione del dato. La risposta è in termini di comunicazione.
Cambia il concetto di digital store, non è più su Internet, non c’è più un luogo fisico dove recarsi, dobbiamo essere pronti ad assistere a un retail che cambierà drasticamente in uno scenario prossimo futuro.
Finora abbiamo considerato l’AI come legata all’analisi, una sorta di acceleratore che aiuta a interpretare grandi quantità di dati. L’AI sarà sempre più presente nelle nostre vite, da tecnologia legata ai sistemi di back end diventerà un front end. Avremo a che fare con dispositivi senzienti che reagiscono in base alle domande, pescando all’interno di dati che vengono processati; stiamo già assistendo a questo. Dialogheremo con gli oggetti ed essi ci risponderanno. Tutto questo dovrà risultare un’esperienza piacevole, e questo dipenderà da chi avrà realizzato l’interfaccia utente, che dovrà esprimersi tramite un tono di voce, avere una identità. Un device connesso all’AI potrà individuare, ad esempio, eventuali problemi posturali e quindi suggerirci di effettuare un check up o una visita specialistica. Sarà una sorta di interlocutore che aiuta a mettere insieme stimoli apparentemente lontani che in realtà sono connessi all’esperienza. L’AI cambierà il modo in cui viviamo la tecnologia, in positivo, ben lontano dagli scenari distopici disegnati finora dal cinema. Sarà un processo di selezione volontaria, per limitare il rischio di un rifiuto da parte delle persone.
Retex: la nostra mission aziendale è innovare il retailCosa vuol dire trasformare il retail in digital store? Immaginiamo di applicare ai device che abbiamo a disposizione oggi – i sensori biometrici che portiamo con noi, lo smartwatch, uno dei vari anelli che rilevano i dati corporei – l’intelligenza artificiale. Il nostro corpo “parla”. Può “dire” che stiamo andando in disidratazione perché abbiamo fatto una lunga corsa; in un futuro non lontano i device wearable comunicheranno con il digital store, ad esempio, per ordinare una consegna a domicilio di acqua dopo aver controllato le scorte presenti in casa. Degli scenari presenti e futuri del marketing digitale parliamo con Hendrick Wijmans, direttore creativo di Nuvicom, agenzia di comunicazione del Gruppo Retex, azienda che sviluppa soluzioni di digital store e retail analytics. “Le soluzioni di retail analytics di Retex nascono nella grande distribuzione organizzata, con gli strumenti di pagamento e i dati legati alle carte”, spiega Wijmans. “Al momento stiamo lavorando a una visione molto più ampia, che consiste nell’unire i vari touchpoint, utilizzare tutti i dati a disposizione per creare un valore aggiunto e un unicum sul mercato, per riuscire a stabilire quel ponte che coinvolge tecnologia, dato, creatività comunicazione. Questo è un elemento fondamentale su cui si gioca a mio avviso il futuro dei prossimi dieci o vent’anni”. Retex ha fatto di questa sfida la propria mission aziendale e cerca di comunicare questo suo punto di forza all’esterno. “Le aziende che si rivolgono a Retex apprezzano il fatto che sia costituita da più anime, ciascuna specializzata, ovvero diverse business unit, ognuna con competenze specifiche: tecnologia, consulenza, strategia del retail, comunicazione, in grado di offrire soluzioni tailor made ispirate alla vision di Retex, che è quella di innovare il mondo del retail”, prosegue Wijmans. Fra le nuove tecnologie abilitanti c’è la realtà aumentata. “I device che conosciamo stanno cambiando, la tecnologia sarà sempre più indossabile e integrata con il nostro corpo, abilitando funzioni che ci permetteranno di accedere a informazioni digitali sovrapposte alla realtà fisica. È la sfida della realtà aumentata, che da puro intrattenimento ambisce a offrire esperienze personali, basate su dati provenienti da sistemi differenti, aggregati e interpretati in tempo reale. Ma che tipo di customer experience sarà, quella del futuro? “Dipende dai progettisti, dovranno avere la capacità di dosare le informazioni, interverrà per forza un concetto di utilità. La tecnologia deve essere concepita come un servizio che i brand danno ai clienti. L’interfaccia avrà sempre più importanza e i dati saranno incredibilmente tanti. È una rivoluzione a livello culturale, si sposta l’accento dal web agli oggetti, perché in futuro non occorrerà più digitare un indirizzo, un www…”, spiega Wijmans. “Basterà guardare l’oggetto per avere informazioni. Ci saranno nuovi modi di comunicare, alcuni già sono apparsi. Il compito di Retex è quello di collegarli fra loro e saper vedere oltre”. In effetti, esempi di questo nuovo modo di fare retail ci sono già. “Uno dei progetti di cui Retex va fiera è quello realizzato per Officine Panerai, il celebre brand di orologeria di Firenze”, commenta Wijmans. “In questo caso la richiesta del cliente era di raccontare lo showroom situato nel centro di Firenze, nei pressi del Duomo, che una volta era la bottega da cui è nato il brand. Abbiamo quindi digitalizzato l’ambiente ricostruendone una copia in gigapixel, attraverso una serie di scatti ad alta risoluzione. Abbiamo poi ricostruito un percorso ideale al suo interno e creato un’interfaccia che permettesse di accedere a una serie di funzioni. Muovendo lo smartphone come fossero all’interno dell’ambiente reale, gli utenti hanno potuto quindi spostarsi tra i locali, ottenere informazioni sul brand e sui prodotti semplicemente toccando gli oggetti sul device. Una brand experience unita a una shopping experience che si concludeva con un acquisto reale iniziato in un negozio digitale”. Retex, dunque, è fortemente orientata a ridisegnare il retail del futuro. “Retex continuerà ad adattare il proprio know how, la propria struttura, in funzione della propria vision: riuscire a innovare il mondo del retail generando dei cambiamenti, anticipando il mercato. Retex è un’azienda che ha conosciuto una notevole crescita negli ultimi dieci anni, con una forte presenza anche in Cina, dove esiste un mercato dalle enormi potenzialità (1 miliardo di utenti attivi), estremamente ricettivo alle nuove tecnologie. Anche qui, Retex può fare molto per assistere i brand occidentali nel costruire una strategia di presenza e presidio del mercato cinese che conosca e rispetti la cultura locale e che sia finalizzata all’abilitazione delle vendite attraverso il sostegno di progetto di comunicazione efficace, sia online che offline”, conclude Wijmans. |